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Max Ascoli1898 - 1978

Max Raoul Ascoli, nasce a Ferrara il 25 giugno 1898 da genitori ebrei, Enrico, geometra agrimensore, divenuto successivamente commerciante e Adriana Finzi. La famiglia Ascoli era presente da lunghissimo tempo a Ferrara e perfettamente inserita nella locale comunità ebraica; il giovane Max si forma dunque in questo contesto di relazioni sociali e culturali. Nell'anno scolastico 1908-1909 s'iscrive al Ginnasio Liceo Classico Ariosto, una scuola che raccoglieva i figli delle classi dirigenti cittadine e delle famiglie ferraresi più influenti. Il rendimento scolastico di Max Ascoli non fu particolarmente brillante; egli aveva già orientato i suoi interessi verso alcune materie di studio come la storia e soprattutto la filosofia a scapito di altre, quelle scientifiche, che non riscuotevano il suo interesse.
Nell'anno accademico 1916-17 entra alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Ferrara. L'avvio dell'esperienza universitaria coincide con i fatti di Caporetto. Ascoli, esentato dagli obblighi militari per i gravi problemi alla vista che già lo affliggevano - e che ne avrebbero segnato tutta la vita - partecipa al dolore degli amici caduti in combattimento e si prodiga nel sostegno alle attività di assistenza dei profughi civili e militari. Risale a quegli anni l'avvio del rapporto con Benedetto Croce e l'inizio della riflessione che lo porterà al distacco dall'ebraismo.
Negli anni universitari Ascoli ebbe modo di stringere un rapporto particolarmente stretto con Alessandro Levi, docente di Filosofia del diritto, materia nella quale il giovane ferrarese si laureò nel luglio 1920 con una tesi intitolata Intorno alla filosofia del diritto nel sistema di Benedetto Croce, lavoro che venne dato alle stampe nel 1925 per i tipi dell'editore Treves. Il conseguimento della laurea rappresentò uno spartiacque importante nella sua biografia intellettuale e politica. Ormai l'ambiente ferrarese era divenuto troppo stretto per le sue aspettative:
Ascoli decise, infatti, di trasferirsi a Roma per continuare gli studi filosofici sotto la guida di Giovanni Gentile, con il quale era entrato in contatto grazie all'intervento di Croce. Andate ben presto deluse le aspettative di una collaborazione con il filosofo dell'attualismo, il ferrarese cominciò a frequentare le lezioni di Giorgio Del Vecchio, inserendosi nella cerchia dei collaboratori di quest'ultimo. Risale a quella fase l'incontro anche con Ernesto Bonaiuti, docente di Storia del cristianesimo nell'ateneo capitolino, figura che ebbe un ruolo decisivo nell'avvicinare Ascoli al cristianesimo. In questi anni Ascoli si divide tra attività accademiche e attività politiche. Nel 1920 aveva pubblicato nella rivista "Pagine libere" il saggio Giorgio Sorel, poi tradotto in francese con il titolo Georges Sorel; Avant-propos par Edouard Berth (Paris, 1921). Seguiranno Le vie della croce (Bologna, 1924), Le interpretazioni delle leggi. Saggio di filosofia del diritto (Roma, 1928), i Saggi vichiani: la filosofia di Emanuele Duni (Roma, 1928) e La giustizia, saggio di filosofia del diritto (Padova, 1930). A partire dal 1922 l'attività scientifica s'interseca e si sovrappone sempre più con quella politica. Fu con tutta probabilità Alessandro Levi a fargli conoscere i propri nipoti Carlo e Nello Rosselli, e fu sempre lo stesso relatore di tesi a spingerlo a collaborare con la "Critica Sociale". I contatti con gli ambienti del riformismo socialista non furono, però, particolarmente soddisfacenti per il giovane ferrarese il quale, vistosi respingere alcuni articoli cha aveva proposto alla testata per il diretto intervento di Filippo Turati, iniziò un lungo viaggio tra le principali riviste dell'antifascismo.
Nei primi anni della sua presenza a Roma cominciò a collaborare con "il Mondo" di Amendola, rivista nella quale Ernesto Bonaiuti aveva un ruolo di primo piano, per avvicinarsi successivamente alla rivista "Primo Tempo" di Giacomo Debenedetti, in cui pubblicò, tra gli altri, un articolo su Giuseppe Antonio Borgese che attirò l'attenzione di Piero Gobetti che lo volle tra i collaboratori de "La rivoluzione liberale". Si possono qui segnalare altre collaborazioni tra le quali quelle con le riviste "Studi politici" e "La libertà", coincidente, quest'ultima, con la sua adesione al Partito socialista unitario avvenuta nel 1924. In realtà il precipitare della situazione italiana dopo la marcia su Roma e le perplessità sull'azione intrapresa da alcuni esponenti del fronte antifascista che stava tentando di organizzare una qualche opposizione al regime mussoliniano, nonché il desiderio di rinnovare la politica del partito socialista italiano, stavano già spingevano Ascoli verso altre direzioni. Prima prese le distanze da Gobetti e successivamente iniziò a lavorare, con Rosselli e Salvemini, al progetto di una nuova rivista che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto chiamarsi "La lotta politica" e che non venne mai alla luce. Le restrizioni imposte dalla polizia fascista indussero, infatti, il terzetto a modificare i loro piani e a concentrare i loro sforzi nella realizzazione del foglio clandestino "Non mollare". Uscita nel 1925, la rivista ebbe vita breve: ben presto la polizia fascista riuscì a smantellarne la rete organizzativa e a colpire alcuni dei redattori, tra cui lo stesso Salvemini.
Nel frattempo Ascoli aveva mosso anche i primi passi nel mondo accademico. Oltre alle pubblicazioni sopra menzionate, nell'anno accademico 1926-27, ottenne il suo primo incarico d'insegnamento all'Università di Camerino per i corsi di filosofia del diritto e diritto internazionale. L'arresto subito nell'aprile del 1928 nell'ambito di un'indagine sul gruppo la Giovane Italia, compromise la sua carriera. Solo, infatti, la revoca del provvedimento di ammonizione, consentì a Ascoli di poter partecipare all'esame per la libera docenza che alla fine riuscì a conseguire. Sostenuto in questa fase da Giorgio Del Vecchio, riuscì nell'anno accademico 1929-30 a ottenere un insegnamento di diritto pubblico all'Università di Cagliari. Costantemente pedinato dalla polizia e alla ricerca di una sistemazione lavorativa, nel 1930 Ascoli si presentò al concorso per una cattedra di filosofia del diritto bandito dall'Università di Catania ma non riuscì a entrare nella terna finale ottenendo solo il giudizio di maturità.
Fu proprio nel corso di quell'anno che Ascoli cominciò a muovere i primi passi in vista di un suo trasferimento negli Stati Uniti. Possibilità che si concretizzò solo nel 1931, quando egli ottenne una borsa di studio della Rockefeller Foundation il cui referente italiano era Luigi Einaudi. Ascoli sbarcò a New York nell'ottobre di quell'anno con l'ambizioso obiettivo di sviluppare un progetto di ricerca sulla crisi della democrazia in America. Impiegò i primi mesi della sua borsa visitando parecchie università (Yale, Columbia, Chicago, North Carolina, e Harvard). Ottenuto il prolungamento della borsa anche per il 1932, Ascoli potè quindi continuare la sua ricerca soggiornando a New York e a Washington DC, dove ebbe molti contatti con esponenti del mondo politico. Soggiornò inoltre per cinque mesi ad Harvard, incontrando vari docenti e stringendo stretti legami in particolare con Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema, consigliere di Roosevelt e docente in quell'università. Fu proprio Frankfurter a mettere in contatto il giovane italiano con Alvin Johnson, il quale per la verità, come ci viene confermato da alcuni documenti degli archivi della Rockefeller Foundation, da eccezionale talent-scout quale era, aveva già letto dei lavori di Ascoli rimandone molto colpito. Superando la concorrenza di altre università, al termine della borsa Johnson riuscì ad inserire Max Ascoli nella Graduate Faculty of Social and Political Science della New School For Social Research . L'approdo alla New School rappresentò uno dei punti di svolta decisivi della biografia intellettuale e politica di Max Ascoli. Sul piano intellettuale egli si trovò proiettato al centro di un network di relazioni scientifiche di eccezionale livello, spostando decisamente l'asse dei suoi interessi verso le discipline politiche ed economiche. Lavorò assieme a studiosi del calibro di Emil Lederer, Jacob Marshak, Theodor Geiger, Franz Neumann, Hans Speir quasi tutti impegnati nello studio delle trasformazioni avvenute nella struttura delle società europee nel corso degli anni '20-'30 e nel delineare le origini e i caratteri dei totalitarismi. Ascoli continuò le sue ricerche avviate in Italia sul fascismo, ma cominciò a studiare l'America di Roosevelt, la struttura amministrativa americana, il ruolo della Suprema Corte, dedicando a questi temi vari articoli apparsi su riviste americane ("Foreign Affaires", "American Scholar" e "Social Research"). Pubblicò tre libri usciti a poca distanza l'uno dall'altro: Intelligence in politics (1936), con il quale chiudeva la ricerca sulla democrazia in America, Political and Economic Democracy (1937), curato assieme a Fritz Lehmann, sui temi del lavoro e della sicurezza sociale, Fascism for Whom? scritto assieme a Arthur Feiler.
In pochi anni Ascoli riuscì a ritagliarsi una posizione di grade prestigio all'interno della cosiddetta "università in esilio". Egli fu, infatti, l'unico italiano, accanto ai grandi intellettuali tedeschi fuggiti dalla Germania nazista, che arrivò ad avere ruoli di responsabilità significativi nella Graduate Faculty of Political and Social Science e nella rivista "Social Research", pubblicata a partire dal 1934 dalla stessa facoltà. Ascoli contribuì con importanti articoli e varie pubblicazioni al dibattito interno alla New School sviluppatosi sulle origini dei sistemi totalitari degli anni '30, sulle nuove relazioni internazionali, sullo studio del New Deal. Dal 1935, dopo aver ripreso i rapporti epistolari con Carlo Rosselli rimasti interrotti da alcuni anni, Ascoli iniziò a collaborare con i "Quaderni di Giustizia e Libertà" pubblicati a Parigi.
Parallelamente alla sua crescita in ambito scientifico-accademico, egli fu protagonista di un rapido processo di "americanizzazione", integrandosi perfettamente nei circuiti culturali, giornalistici, politici e diplomatici newyorkesi. Indubbiamente il matrimonio in seconde nozze con Marion Rosenwald Stern, figlia del grande filantropo Julius, favorì questo processo, offrendogli vari contatti con i massimi livelli dell'establishment politico-amministrativo. Ma non vanno, tuttavia, dimenticate alcune sue non comuni capacità relazionali. In pochi anni la carriera pubblica di Ascoli conobbe una forte accelerazione: collaborò con varie istituzioni tra cui l'American Institute of Pacific Relations, il Bureau of Latin America Relations, il Center for International Economic Growth, il Comité International d'Aide aux Intellectuels, il Committee for a National Trade Policy, l'Inter-American Affairs office della Nelson Rockefeller's Foundation, il Council for Democracy, il Council for Foreign Relations e molti altri organismi transnazionali. Strinse solidi legami con influenti esponenti dell'amministrazione Roosevelt, collaborò con le più importanti testate giornalistiche e svolse un'intensa attività di conferenziere.
Nel 1939 Ascoli fu tra i fondatori, assieme ad altri esuli italiani (tra di essi Roberto Bolaffio, Renato Poggioli, Michele Cantarella, Gaetano Salvemini, Lionello Venturi) della Mazzini Society, il più significativo tentativo messo in atto in terra americana di dare un indirizzo unitario alle attività antifasciste. Per tre anni (dal 1940 al 1943) Ascoli fu il presidente di quest' organismo: il prestigio personale di cui godeva in molti ambienti americani consentì alla Mazzini di avere una discreta visibilità e di attirare l'attenzione di molti italiani e, in misura più modesta, degli italo-americani. Notevole fu inoltre anche il contributo economico che Ascoli e la sua famiglia diedero al sostegno della precaria organizzazione della Mazzini. Tra le altre attività in cui Ascoli si prodigò, spinto da eguale generosità, vi fu quella di soccorso dei molti intellettuali, scienziati, ma anche semplici cittadini, ebrei italiani (e europei) e non solo che nella seconda metà degli anni trenta tentarono di lasciare l'Europa trovando rifugio negli Stati Uniti. Anche in questo caso Ascoli sfruttò i suoi legami con molte organizzazioni ebraiche internazionali o con gli uffici governativi americani: spesso intervenne in prima persona con propri mezzi per risolvere delicate situazioni.
Dopo il 1945 Ascoli riprese subito i contatti con l'Italia, con il mondo politico italiano e con le istituzioni del nostro paese. Seguì da "cronista" e da studioso il processo di ricostruzione economica e politica dell'Italia intensificando i rapporti con i più importanti leaders politici e con le neonate istituzioni repubblicane. Per alcuni decenni la sua figura divenne dunque un punto di riferimento fondamentale nel dialogo tra Italia e America. Oltre a mantenere questo ruolo di "ponte" tra i due paesi, Ascoli, soprattutto nei primi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, si spese in innumerevoli attività benefiche a favore degli organi di guerra e delle persone in difficoltà, sostenne programmi d'intervento per il recupero del patrimonio artistico distrutto dal conflitto, sostenne istituzioni e iniziative culturali.
Abbandonata la carriera accademica, dal 1949 dedicò tutte le sue energie alla testata giornalistica "The Reporter" da lui fondata in quello stesso anno e diretta fino alla sua chiusura avvenuta nel 1968. Rivista elegante e raffinata, "The Reporter" riuscì a ritagliarsi un ruolo di primo piano nel dibattito politico e culturale americano promuovendo scottanti inchieste e mantenendo una posizione di forte indipendenza dal potere politico.
Chiusa quest'esperienza negli ultimi anni della sua vita Ascoli riallacciò molti contatti con il mondo italiano, e si dedicò alla stesura delle sue memorie. Morì a New York il 1 gennaio 1978. (a cura di Renato Camurri)

Max Ascoli

1898 - 1978

209 faldoni

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