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Archivio di Stato di Potenza (22 ottobre 1812)

Sede e recapiti

Via Nazario Sauro, 185100 Potenza0971 56144as-pz@beniculturali.it

Storia

L'Archivio di Stato di Potenza risale al 1812, anno in cui con decreto del 22 ottobre si stabilì l'istituzione di un archivio in ogni provincia del Regno. L'Istituto, inaugurato il 21 novembre 1850, solo dal 1939 poté disporre di una sede adeguata, realizzata dalla Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna su progetto dell'architetto Ernesto Puppo. A causa dei danni causati all'edificio dai terremoti del 1980 e del 1990, dal 1995 l'Archivio di Stato ha sede in un fabbricato non monumentale. E' in fase di attuazione il progetto per la sistemazione dell'antica sede.
Più di 100.000 pezzi archivistici sono conservati nei depositi dell'Istituto, disposti su più di 10 km lineari di scaffalatura metallica. Sono documenti cartacei, pergamene, mappe, sigilli, disegni. La maggior parte della documentazione è costituita da carte prodotte dagli uffici statali operanti nella provincia di Potenza dall'Antico Regime sino allo Stato italiano. Sono poi conservati: oltre 1000 pergamene di varia provenienza; gli archivi notarili dei distretti di Potenza, Melfi e Lagonegro (1524-1925); documenti provenienti da chiese e monumenti soppressi; i registri del catasto provvisorio; gli Atti dello stato civile dei comuni della provincia di Potenza dal 1809 al 1865; Liste di leva (1842-1931), Ruoli matricolari (1840-1925), ecc. Importanti anche le carte e gli archivi privati, come l'Archivio dello "Stato di Melfi" dei principi Doria Pamphili (1500-1968).
La Sala di studio è dotata di un proprio regolamento che disciplina il rapporto tra l'utenza e l'Istituto. Gli inventari e gli strumenti di corredo sono liberamente consultabili. L'Archivio è fornito anche di una Biblioteca dotata di oltre 22.000 volumi.
Nell'Istituto sono presenti una Sezione di fotoriproduzione e Laboratorio di legatoria e restauro. Dal 1997 l'Archivio di Stato ha un programma denominata "Laboratorio di storia" rivolto al mondo della scuola e ha realizzato diverse mostre documentarie.
Pur nelle difficili traversie che hanno segnato la sua storia, l'Archivio di Stato di Potenza è il più antico e fra i più prestigiosi istituti culturali della Basilicata.
Già il regio decreto 3 dicembre 1811 n. 1150, nel definire funzioni e compiti della Commissione generale degli archivi del Regno di Napoli, specificò che la stessa avrebbe dovuto presentare al ministro dell'Interno progetti circa la direzione e l'amministrazione degli archivi delle province (art. 9, comma 7). Su quest'ultimi intervenne più compiutamente il decreto 22 ottobre 1812 n. 1524: presso ciascuna Intendenza doveva essere stabilito un archivio provinciale per il quale l'intendente avrebbe dovuto proporre un locale il più contiguo possibile al palazzo dell'Intendenza.
L'attuazione della norma in Basilicata si profilò sin dagli inizi particolarmente complicata. In una piccola città come Potenza, solo da pochi anni divenuta capoluogo di provincia, non era infatti impresa facile reperire una sede idonea ad ospitare gli uffici e, soprattutto, i locali di deposito dell'Archivio lucano. Le case palazziate erano poche e per lo più fatiscenti, così come i fabbricati che ospitavano gli uffici pubblici. La ricerca di una sede dette luogo così ad una storia lunga e tormentata, strettamente legata alle problematiche urbanistiche della città.
All'estate del 1811 risale il primo progetto redatto dall'ingegnere Leonardo Olivieri, il quale pensò di poter utilizzare come sede dell'Archivio la chiesa del soppresso convento di S. Francesco. Il progetto non ebbe alcun seguito e qualche anno più tardi, nel 1814, l'intendente Nicola Santangelo ne sollecitò uno nuovo. Questa volta l'Olivieri rigettò l'idea di utilizzare la chiesa di S. Francesco e redasse una perizia di trasformazione dei locali al pian terreno dell'ala dell'ex convento francescano destinata a Tribunale. La perizia fu approvata dal Consiglio generale di Ponti e Strade nella seduta del 18 luglio 1814: ciononostante, ancora una volta, il progetto non andò in porto.
Il 12 novembre 1818 Ferdinando I, re delle Due Sicilie, sanzionò la legge organica degli archivi n. 1379, la quale, ratificando quanto già la normativa del Murat aveva previsto, confermò l'istituzione di un archivio in ciascuna provincia dei domini al di qua del Faro. Alla nuova urgenza dettata dalla legge si deve forse far risalire il terzo progetto dell'ingegnere Olivieri, datato 5 maggio 1819, il quale riproponeva l'adeguamento di alcuni locali dell'ex convento di S. Francesco. Ma anche questa volta il progetto si arenò nelle pastoie burocratiche.
Successivamente, nel maggio 1825, dietro esplicita indicazione del Consiglio generale della Provincia, l'ingegnere Giuseppe Giordano progettò la realizzazione di un nuovo edificio addossato alla facciata posteriore del palazzo dell'Intendenza, sul lato occidentale dello stesso, là dove si estendeva l'ex giardino dei frati. Si trattava di un edificio ad "L" con un lungo corridoio che dava accesso ai locali. Nel 1829 l'ingegnere Nicola Scodes presentava al Consiglio di Acque e Strade di Napoli, insieme a quello del Giordano, un nuovo progetto che ne prevedeva alcune modifiche. L'originario corpo ad "L" disegnato dal Giordano si era trasformato, in quello dello Scodes, in una fabbrica rettangolare con il lato breve contiguo all'Intendenza, separato da questa da una loggia che, in caso di incendio, avrebbe impedito al fuoco di propagarsi sino all'Archivio. Anche con questa modifica, però, proprio a motivo della contiguità con il palazzo dell'Intendenza, il progetto fu rigettato dal Consiglio.
Nel 1830 lo Scodes propose di utilizzare l'area di "un crocchio di varie antiche casupole", esistenti nei pressi del palazzo dell'Intendenza e che a suo giudizio lo deturpavano con la "loro meschinezza e difformità": alludeva agli isolati di origine angioina afferenti a pettine alla strada Pretoria. Lo Scodes redasse subito il rilievo e l'apprezzo delle case; non si poté tuttavia procedere alle demolizioni perché il ministro degli Interni, investito da una "pioggia di ricorsi" dei proprietari, dispose che per l'Archivio provinciale "non doveva acquistarsi un palmo di suolo."
Nel 1836 l'ingegnere direttore dei Ponti e Strade, Giacomo Prade, ripropose la costruzione di un edificio isolato sul sito di vecchie case poste sul lato orientale del Largo dell'Intendenza, l'attuale piazza Mario Pagano. Nei piani del Prade, il nuovo Archivio sarebbe venuto a costituire uno degli elementi qualificanti della futura piazza cittadina: simmetricamente ad esso, sull'altro lato del Largo, si sarebbe potuto porre mano alla costruzione del Teatro comunale, di cui pure la città avvertiva la mancanza. Nuovamente però intervenne il Consiglio di Acque e Strade suggerendo la costruzione di un edificio non perpendicolare, ma parallelo alla facciata del palazzo dell'Intendenza, lasciando comunque fra i due edifici uno spiazzo sufficiente all'uso pubblico. L'ingegnere avrebbe dovuto predisporre un nuovo disegno di un edificio a due piani intermezzati da partimenti destinati ad ospitare le scaffalature: in tal modo, si opinava, il prospetto principale avrebbe potuto essere più "regolare ed architettonico." Nel 1838 il Prade trasmise all'intendente una nuova pianta, nella quale l'Archivio appariva di fronte e parallelo alla facciata dell'Intendenza, distanziato da essa cento palmi. Il progetto definitivo fu approvato il 22 luglio 1843 e si poté così dare inizio alle demolizioni delle vecchie costruzioni.
Nel 1846 il nuovo intendente, Francesco Benzo duca della Verdura, tornò al primitivo progetto dell'Archivio affiancato al palazzo dell'Intendenza, unica soluzione che avrebbe consentito l'apertura di una bella piazza. Si continuò pertanto nell'opera di demolizione delle casupole. Il grande spazio in tal modo ricavato piacque al re il quale, venuto in visita a Potenza, ordinò all'intendente di lasciare la piazza al libero godimento della popolazione, e di individuare per l'Archivio un altro sito.
Nel modesto panorama immobiliare offerto dalla città, con sovrani rescritti del 29 settembre 1847 e dell'11 dicembre 1848, fu stabilito l'acquisto per 4.500 ducati della casa palazziata della famiglia Cortese. Il fabbricato, fornito di un ampio giardino, era situato a poca distanza del palazzo dell'Intendenza: il portone d'ingresso dava sulla strada Pretoria, il prospetto principale a mezzogiorno, quelli laterali ad oriente ed occidente sulle stradette Annella e Liborio; altri muri ricadevano nei vicoli Siani e Verri. Ma a causa dello stato di estrema fatiscenza del fabbricato, che in gran parte la Provincia fu costretta a demolire, l'acquisto della casa Cortese si rivelò uno sbaglio.
Falliti tutti i tentativi di costruzione ex novo, quando ormai la Basilicata era rimasta l'unica provincia del Regno ad essere sprovvista di un Archivio, quest'ultimo finì col trovare ospitalità in otto stanze collocate al secondo piano del palazzo dell'Intendenza, nell'ala di recente costruzione dello stesso. Il nuovo stabilimento, come scrisse l'intendente, "se non può meritare il titolo di grandioso e magnifico, debbe con giustizia ritenersi siccome commodo e più che decente." L'inaugurazione ebbe luogo il 21 novembre 1850: "frammezzo le grida di Viva il Re, ripetuto dal cuore più che dal labbro de' primi e più spettabili frà funzionari, impiegati ed abitanti di questo capoluogo, nella maggior sala dell'Intendenza, avea luogo la solenne inaugurazione ed apertura di questo stabilimento."
Il terribile terremoto verificatosi nella notte fra il 16 ed il 17 dicembre 1857, causò molti danni al palazzo dell'Intendenza. Fu probabilmente in quell'occasione che ebbe luogo il trasferimento dell'Archivio provinciale nei piani inferiori dello stabile. In una relazione del 5 marzo 1860 l'archivario Michele Albanese descrisse le tristi condizioni in cui si venne a trovare l'istituto archivistico della Basilicata: quello che qui prende nome di Archivio provinciale non è da altro costituito che da alcuni miseri locali a pianterreno, già costruiti per uso di stalle e rimessa, ed esposti, a maggiore danneggio delle scritture, fuori la città crudamente verso il Nord, nella parte più ignobile dell'edifizio… Altri tre locali separati da' primi, e che a questi si ricongiungon mercè un pianerottolo scoperto che fa parte di una scala che mena alle stanze superiori, posson meglio appellarsi tombe che mensione di viventi, tanta è la scarsezza della luce nel fitto meriggio a cagione che i due vani di finestre che si elevano a poc'altezza dal piano di un chiassuolo poco frequentato, e quello d'ingresso da un altro lato sono sepolti da due muri degli edifizi che sol di alcuni palmi distano da essi.

La nobile istituzione, purtroppo, era destinata a rimanere ancora a lungo nelle stanze al pianterreno e al secondo piano dell'attuale palazzo del Governo. Il materiale che col tempo fu acquisito dai vari uffici della Provincia dovette essere collocato in varie sedi più o meno distanti: in una casa privata sita nel largo Prefettura (attuale piazza Mario Pagano), in un magazzino nel largo Barbelli e in un altro deposito ubicato nel rione Santa Maria.
Nonostante le difficili condizioni di vita, l'Archivio provinciale riuscì ad assumere il ruolo di centro animatore della cultura storica locale tramite la pubblicazione della prima rivista di studi storici della provincia: la "Rivista storica lucana" diretta dall'allora direttore Antonino Tripepi. Il mensile, il cui primo numero vide la luce nel mese di dicembre del 1900, si proponeva, tra gli scopi principali, "quello di raccogliere dai vari archivi della Basilicata i più notevoli documenti storici e di offrirli agli studiosi." La rivista, purtroppo, probabilmente anche per problemi di carattere economico, non ebbe vita lunga e cessò di essere pubblicata dopo i primi cinque fascicoli.
Nel 1932, per effetto del regio decreto 22 settembre n. 1391, la denominazione dell'Istituto mutò in quella di Archivio provinciale di Stato. Contemporaneamente, fu ripreso in considerazione il progetto di costruire ex novo un palazzo destinato ad ospitare sia l'Archivio che la Biblioteca provinciale. A tal fine fu individuato un terreno di proprietà degli eredi Scafarelli, nei pressi della piazza del Governo, accanto alla chiesa di S. Francesco.
Il nuovo Archivio, alla fine, fu costruito ai piedi di una scarpata a valle dell'attuale corso Garibaldi. Nel 1936 la Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna risultò vincitrice dell'appalto concorso bandito dall'Amministrazione provinciale di Potenza con il progetto dell'architetto romano Ernesto Puppo. L'edificio si articola su una pianta ad L in due corpi distinti. Il corpo più alto è costituito da una imponente torre di 52 metri, la quale si eleva per cinque piani al di sopra del livello di corso Garibaldi. Sulla sommità della torre si scorgono in bassorilievo le aquile imperiali e, più giù, sul lato della strada, la scritta: "Fate che le glorie del passato siano superate dalle glorie dell'avvenire." Il corpo più basso è costituito da una struttura più larga che nel prospetto principale si presenta a tre piani: essa ospita l'ingresso, l'ampio scalone monumentale, impreziosito da un mosaico dell'epoca della costruzione, gli uffici, i servizi al pubblico e la sala conferenze. L'edificio costituisce una delle più pregevoli testimonianze dell'architettura del Novecento a Potenza: come è stato scritto recentemente, esso si rivela "perfettamente rispondente alle prospettive elaborate dal progettista", e "si impone per la modernità del linguaggio e per l'eleganza compositiva grazie ai dettagli delle asole vetrate della grande facciata continua della torre, della finestra a nastro sul fronte principale, delle vaste aperture contrapposte alle imponenti masse murarie piene."
L'edificio fu terminato nel 1939 e le operazioni di trasferimento del materiale archivistico ebbero inizio nel mese di giugno del 1940. Nel primo piano del corpo più basso trovarono posto gli uffici della Sezione di Archivio di Stato di Potenza - come si chiamava allora l'istituto per effetto della legge 22 dicembre 1939 n. 2006 -, mentre il materiale fu collocato nei due piani inferiori e nei primi due piani sottostrada della torre. Nel secondo piano fu sistemato il Provveditorato agli Studi - che vi rimase sino agli anni Settanta del XX secolo - e infine, nel terzo, gli uffici della Biblioteca Provinciale la quale utilizzò, in parte come uffici e in parte come depositi, il restante spazio della torre. La Sezione di Archivio di Stato di Potenza dispose da allora di una sede adeguata in cui poterono essere riuniti i fondi archivistici prima dispersi, disposti numerosi nuovi versamenti e compiuti diversi lavori di riordinamento.
Con d.p.r. 30 settembre 1963 n. 1409, l'istituto potentino ha assunto l'attuale denominazione di Archivio di Stato di Potenza.
L'edificio di corso Garibaldi è stato danneggiato dai violenti terremoti del 23 novembre 1980 e del 5 maggio 1990, in seguito ai quali è stato abbandonato dai due istituti culturali in esso ospitati. Dal 1995 l'Archivio di Stato di Potenza ha sede in un fabbricato non monumentale sito in via Nazario Sauro n. 1. È in fase di attuazione il progetto per la risistemazione dell'edificio di corso Garibaldi, per il quale sono previste opere di restauro e adeguamento.

Archivi conservati

Per quanto attiene il patrimonio documentario conservato, attualmente descritto nei portali e nelle banche dati presenti in rete, si rimanda ai seguenti indirizzi:
www.archiviodistatopotenza.beniculturali.it
www.sias.it ("Sistema informativo degli Archivi di Stato")
www.archivi.beniculturali.it/guidagenerale

Archivi

Carte Cutinelli Rendina 1622 - [1951]

Carte Cutinelli Rendina

1622 - [1951]

bb. 6

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