Giovanni Conti1863 - 1988
Giovanni Conti nacque il 17 novembre 1882 a Montegranaro (Ascoli Piceno) da David1, piccolo proprietario terriero e dall'insegnante Livia Germozzi.Il padre lo educò agli ideali repubblicani, tanto che, appena sedicenne, Giovanni aderì al Partito Repubblicano Italiano fondato solo tre anni prima.
Negli stesse anni iniziò la sua attività di propaganda e proselitismo repubblicano fra i giovani del Liceo-Ginnasio statale di Fermo e nell'"Ennio Quirino Visconti" di Roma, istituti presso i quali studiò.
Nello stesso periodo, inoltre, fondò il primo circolo repubblicano intitolato a Felice Cavallotti. Nel 1905 organizzò la sottoscrizione per l'erezione del monumento a Mazzini in occasione del centenario della nascita (1805-1872). Predicò il credo mazziniano, studiando nel contempo i grandi politici e filosofi dell'Ottocento, tra i quali Mazzini, Cattaneo, Bovio e soprattutto Arcangelo Ghisleri, con cui poi intrattenne un rapporto di devota amicizia ed un lunghissimo scambio epistolare.
Quand'era ancora studente universitario a Roma, pubblicò il primo studio di una certa rilevanza sull'industria e sulla vita montegranarese, aggiungendo argomentazioni di carattere storico.La sua prima pubblicazione, la prima di tantissime altre, probabilmente fu dunque la "Strenna di Montegranaro" stampato a Civitanova Marche nel 1952.
Nello stesso anno diede alla stampa, a Roma, l'opuscolo "La questione meridionale" e "Il Partito repubblicano"; nel 1906, fondò a Fermo, il giornale "La Giustizia"; curò numeri unici per il centenario della nascita di Garibaldi e per le ricorrenze del I° maggio.
Nel 1907 fondò la "Libreria Politica Moderna".
Nel 1908 conseguì la laurea in giurisprudenza.Nello stesso anno scrisse per "La Ragione" diretto dal suo maestro ed amico Ghisleri, allora trasferitosi a Roma, e fu nominato primo presidente della locale associazione "Lega Anticlericale", costituita a Montegranaro nel 19083.
Dal 1909 iniziò la sua formazione professionale nello studio dell'avvocato penalista Ubaldo Comandini.Oltre che quello di Comandini, frequentò anche lo studio legale di Federico Zuccari, dove ebbe l'opportunità di conoscere i maggiori esponenti politici e culturali della democrazia repubblicana.
Giovanni continuava, intanto, la sua opera di propaganda e diffusione dell'ideale repubblicano, tanto che nel 1910 fu denunciato per vilipendio ai sovrani defunti.
All'interno del PRI assunse una posizione non favorevole alla politica estera italiana, in particolare manifestò opinioni contrarie alla guerra di Libia e al colonialismo in genere.
Infatti, nel maggio del 1912 in occasione dell' XI Congresso d'Ancona chiarì ogni dubbio, ribadendo la condanna dei cosiddetti libici, come venivano definiti gli uomini che avevano giustificato l'impresa coloniale.Conti entrò a far parte della Direzione Nazionale e della Commissione esecutiva come rappresentante della maggioranza, mentre il suo conterraneo Oliviero Zuccarini divenne segretario politico4.
Già da allora si dedicava allo svolgimento d'indagini sulle condizioni della popolazione delle Marche, dell'Umbria, dell'Agro romano.
Nel 1910 lasciò la redazione del giornale "La Ragione", che aveva contribuito a fondare nel 1907, pubblicando con Oliviero Zuccarini il periodico "L'Attesa" e rivolgendo il suo messaggio ai giovani attraverso le colonne de "L'Educatore". "La Ragione", naufragata a seguito del dissesto finanziario, fu sostituita dai nuovi dirigenti dapprima con un bollettino intitolato "L'Iniziativa repubblicana" e, nel dicembre 1912, con il settimanale "L'Iniziativa", durato fino al 1920.
Nel 1913 pubblicò a Roma sotto lo pseudonimo "Un ignoto", e con il titolo "Il Partito repubblicano in Italia" il primo volume di una storia divulgativa ("Dalla Rivoluzione francese al 1849") del partito.Nello stesso anno pubblicò a Roma una "Strenna repubblicana", e successivamente, gli "Almanacchi repubblicani" (dal 1922 al 1926)5.
Negli anni attorno al 1915, nel corso di uno dei suoi viaggi nelle Marche, conobbe la sua futura moglie Rosa Alessandrini, dalla quale ebbe tre figli.
In seguito allo scoppio della Grande Guerra iniziò anche per Conti il periodo militare che durò quasi tre anni.Dall'agosto del 1916 al maggio 1917 fu assegnato al 31° reggimento di artiglieria da campagna, di stanza in Ancona, e nel maggio del 1917, col grado di caporale, fu inviato al fronte nel Trentino, presso il Pasubio.Nel luglio successivo, mentre era ancora in Trentino fu nominato sottotenente della M.T.in artiglieria da fortezza e quindi trasferito al 3° reggimento di stanza a Roma.
Fu poi trasferito ad Ovada, in provincia d'Alessandria, e da qui nuovamente al fronte.
Fu congedato nel 19196.
Nel 1921 fu eletto deputato nel collegio di Roma per la XXVI Legislatura.Divenne primo direttore del quotidiano "La Voce Repubblicana" a cui dedicò gran parte della sua vita.Diede impulso alla ripresa organizzativa del partito e nel settore giovanile curò il giornale "L'Alba Repubblicana"; da ricordare sono anche le collaborazioni con il periodico "Echi e Commenti".
Con l'avvento del fascismo si impegnò in aspre battaglie, che ebbero ripercussioni all'interno del partito repubblicano: con Ghisleri e Zuccarini guidò la corrente intransigente e tradizionalistica, più vicina a Mazzini e Cattaneo.Dal 1921 al 1924 Conti fu deciso avversario di Mussolini.Famosi sono i suoi interventi alla Camera contro il capo del fascismo e la monarchia: "L'Italia è nata nella libertà, nella libertà deve trovare la sua salvezza.L'Italia ha su di sè un istituto politico che nega al popolo lavoratore il suo avvenire.Voi credete, On.le Mussolini", concludeva Conti nella seduta del 17 novembre 1922 "di aver arrestato il cammino, di aver fermato la storia.No, on.Presidente del Consiglio.Avevate ragione dicendo all'on.Turati che la storia non cammina per binari obbligati, perché le idee e la volontà degli uomini fanno la storia.On.Mussolini, con la vostra teoria affermiamo che per la forza delle idee e per la volontà degli uomini, può finire il regime che voi avete difeso con la violenza e che volete perpetuare con la vostra dittatura.Noi repubblicani
proseguiremo nella nostra battaglia, continuiamo ad agitare la fiaccola delle nostre idee.
La vostra dittatura" proseguiva Conti "è la defenestrazione del vostro sovrano.Il regime è finito.E noi andremo incontro anche al diavolo per affrettare il suo crollo e fondare la repubblica sulle sue rovine".Dopo questo intervento un nutrito gruppo di fascisti si presentò a casa di Conti con la tradizionale bottiglia di olio di ricino che egli sorbì in loro
presenza chiedendo poi se avessero bisogno d'altro! 7.
Nel 1924 fu rieletto nella circoscrizione umbro-laziale per la XXVII Legislatura.
Nel gennaio 1925 il fascismo diventò una vera e propria dittatura, furono sciolti i partiti e i sindacati, ad eccezione di quelli fascisti, creando così le premesse di un regime a partito ed a sindacato unico: nei Comuni i sindaci furono sostituiti con podestà nominati dall'alto.
Nel 1926, come partecipante al "gruppo dell'Aventino", Giovanni Conti decadde dal mandato parlamentare e nel 1928 venne radiato dall'Albo dei procuratori "per indegnità politica, avendo praticato attività clandestina in contrasto con l'interesse della Nazione".Fu dichiarato sorvegliato speciale: veniva, infatti, fermato o strettamente controllato ad ogni
ricorrenza, in coincidenza con le feste dello statuto ed in generale per gli eventi del regime.
Fu sorvegliato speciale, prima dalla polizia e quindi dall'OVRA, la famigerata polizia segreta fascista.Questa costante sorveglianza provocò una sostanziale riduzione della sua attività professionale; infatti, in pieno regime fascista nessuno o pochi avrebbero avuto il coraggio di rivolgersi ad un avvocato repubblicano costantemente vigilato dalla polizia.
Tale situazione si riflettè sul bilancio economico della famiglia: ne è prova il fatto che fu costretto più volte a portare il suo orologio da taschino al Monte dei pegni8.
Una volta reintegrato nella professione, sempre sorvegliato dalla polizia, fino al suo arresto-avvenuto nel 1938-continuò la sua attività politica in clandestinità.
Anche nel periodo in cui era sottoposto a stretta sorveglianza riuscì ad essere un punto di riferimento per i suoi amici e a stampare clandestinamente un numero de "La Voce
Repubblicana" su cui esponeva le sue opinioni anti-fasciste.
Il 10 giugno 1944, sotto la direzione di Conti, "La Voce" tornò ad avere una normale e costante edizione 9.
Nel frattempo Giovanni era ritornato anche tra i suoi contadini del Lazio, dell'Umbria, delle Marche, della Toscana, ad informarli che la Repubblica non è "un salto nel buio", "la Repubblica è ambiente per il civile conflitto d'interesse, di passioni, di aspirazioni, di volontà, è esame continuo di tutti i pensieri e garanzia di prevalenza di ogni interesse legittimo.La Repubblica è l'attuazione della democrazia, che è il metodo per il quale si risolvono e si avviano a soluzione tutti i problemi della nostra vita" 10.
Dal 20 ottobre 1945 al dicembre 1946, diresse "La Costituente", la prestigiosa rivista di cultura e politica dallo stesso fondata dopo la Liberazione.
In quel periodo si trovò in contrasto con Pacciardi, subentratogli nella direzione de "La Voce Repubblicana", e nel novembre del '45 si dimise dalla Direzione del Partito Repubblicano, che nel febbraio del 1946 dedicava invece i lavori del suo congresso nazionale all'esame di un progetto di Costituzione repubblicana dello Stato, elaborato da Giovanni Conti con la collaborazione di Tomaso Perassi11.
Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne, oltre che per il referendum istituzionale tra Repubblica e Monarchia, anche per eleggere i membri dell'Assemblea Costituente, e Conti fu eletto deputato alla Costituente nel collegio Roma-Viterbo-Frosinone con 57.558 voti preferenziali, e nel medesimo Collegio furono eletti Giulio Andreotti,
Giuseppe Saragat, Paolo Bonomi , Aldo Bozzi ed altri (29 in tutto)12.
Il 25 giugno 1946 la Costituente lo elegge fra i suoi vice-presidenti.
Fece parte della "Commissione dei 75" per la elaborazione del progetto di Costituzione.
Partecipò alla stesura della Costituzione, cioè di quella legge che Mazzini chiamava "Patto Nazionale" e durante un discorso radiofonico in occasione dell'anniversario della morte di Mazzini disse "...Tutti gli italiani debbono ascoltare l'ammonimento mazziniano: non vi sono rimedi per chi non s'aiuta.Nella libertà assicurata con la Repubblica sono finalmente possibili le riforme economiche e sociali, le tanto sperate riforme che debbono promuovere la fine delle ingiustizie e di tante sofferenze di tanti e tanti lavoratori.Siamo cittadini della Repubblica.Dobbiamo vivere non più come sudditi, ma come uomini liberi: non più vigilati nella casa, non più insidiati nella famiglia, non più privati nel lavoro, ma padroni di noi stessi, del nostro destino nell'avvenire"13.
L'attività di giornalista, scrittore ed editore fu notevole: scrisse numerosissime opere di ispirazione repubblicana e mazziniana, tra cui "Il pensiero politico e sociale di Mazzini" e "Mazzini e la questione economica".Dal 1946 al 1947 diresse "L'Edera", nel 1948 "La Bandiera del popolo".
Nel 1948 fu nominato senatore di diritto (perché già eletto in tre legislature).
In quegli anni si battè vigorosamente per una nuova politica agraria e per la soluzione di tutti i problemi economici della vita nazionale.Ogni battaglia del dopoguerra lo vide impegnato con discorsi chiari, lungimiranti, propositivi.
Nel 1950 riesplose un dissidio con l'avvocato Pacciardi: in netto contrasto con la politica degli "schieramenti" e delle formule attuata, Giovanni Conti arrivò, addirittura, alla sofferta ma ragionata decisione di dimettersi dal partito.Pacciardi mise in minoranza il suo maestro, definendolo "insulso pedagogo della democrazia".Forse fu la più grande amarezza della sua vita ed è verosimile che da lì avesse origine il mal di cuore che lo portò alla morte.
Alla fine del 1956 il Consiglio Nazionale, con Pacciardi, Reale e La Malfa, all'unanimità firmò un documento che invitava Conti a rientrare nel partito, cosa questa, che, dopo tante insistenze, stava infine per fare, ma ad una condizione: non voleva clamore.
L'attività di Conti come scrittore e giornalista continuò con la direzione di "Gioventù libera" dal 1954 al 1956.
Conti fu un uomo d'azione in ogni momento, ma fu soprattutto maestro nel senso più alto della parola; la scuola repubblicana ebbe in lui un cultore assiduo e appassionato e un testimone intransigente.Amò il partito di un amore esclusivo, di qui gli sdegni, le proteste, anche contro gli amici.Quando la sua passione lo portò ad allontanarsi dal Partito, egli rimase comunque fedele ad esso.Egli mise il suo gran cuore e la sua mente eletta a servizio di un'idea, sempre pronto a battersi per essa nella maniera più completa e più nobile.I suoi scritti, ispirati alla scuola repubblicana italiana, densi di pensiero, illuminati, sono il segno di un animo nobile, di una mente chiara ed aperta a tutti i problemi
della società.La sua oratoria, la sua cultura repubblicana, anche la sua figura fisica incutevano rispetto e ammirazione.L'interesse per i problemi sociali lo trovò sempre in prima linea in difesa dei diseredati e dei più deboli.Scoprì l'Italia piena, come si legge in alcuni suoi appunti, "di tanti malarici, pellagrosi, tramatosi e tubercolosi, tanti ettari di terra incolta, tanti omicidi, furti, rapine, tanti analfabeti e tanti emigranti".Conobbe paese per paese l'Agro romano e poi la Maremma toscana, il Meridione e la Calabria in particolare.Nutrì costantemente preoccupazione per le sorti dell'Italia rurale, l'Italia dei villaggi montani, dei casolari sperduti, degli agricoltori, degli artigiani, dei piccoli commercianti, dell'umile gente laboriosa.Fu strettamente legato alla realtà italiana, concreto operatore delle modifiche delle realtà locali e un "patito" delle autonomie, delle iniziative locali, dell'autogoverno in particolare.
Tra le battaglie più significative di Conti si segnala la lotta per i diritti dei lavoratori, per l'alfabetizzazione delle masse e per la trasformazione istituzionale dell'Italia da Regno a Repubblica.Egli portò avanti il pensiero mazziniano come "faro" delle proprie azioni."L'educazione è il pane della patria", così si esprimeva Conti che considerava l'alfabetizzazione dei cittadini, di ogni classe sociale, compito primario di uno Stato.Sia per Conti che per Mazzini le istituzioni politiche dovevano rappresentare l'elemento educatore dello Stato, perché su tale principio si fondano le Repubbliche, realtà dove i cittadini hanno nel loro cuore le virtù morali ed intellettuali che esaltano la loro patria. Senza educazione la nazione non esiste moralmente, il primo principio in cui si deve credere è il Progresso: "Farvi migliori: questo è lo scopo della vostra vita.Educatevi ed educate".
Morì a Roma l'11 marzo 1957.
1 David o Davidde Conti.
2 B.Di Porto, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXVIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1983, p.419.
3 D.Malvestiti, Il senatore Giovanni Conti, in "Monte Granaro nella storia".Fermo, 5-6, 12 13.
4 G.Castagnari (a cura di), Giovanni Conti nella storia politica italiana, Istituto per la storia del movimento democratico e repubblicano nelle Marche, Ancona 1991, 66-71.
5 Di Porto, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXVIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1983, p.420.
6 D.Malvestiti, Il senatore Giovanni Conti, in "Monte Granaro nella storia".Fermo, 7-8.
7 ASAN, Archivio Conti, Fascismo, b.40, fasc.400, "i Duelli", b.26, fasc.230.
8 D.Malvestiti, Il senatore Giovanni Conti, in "Monte Granaro nella storia".Fermo, p.11.14 15.
9 G.Castagnari (a cura di), Giovanni Conti nella storia politica italiana, Istituto per la storia del movimento democratico e repubblicano nelle Marche, Ancona 1991, 115-118.
10 ASAN, Archivio Conti, Carte Dante Conti, b.90, fasc.1245.
11 G.Castagnari (a cura di), Giovanni Conti nella storia politica italiana, Istituto per la storia del movimento democratico e repubblicano nelle Marche, Ancona 1991, 115-134.
12 Atti parlamentari della Assemblea Costituente.Attività dei Deputati.Roma, 25 giugno 1946-31
gennaio 1948.
13 ASAN, Archivio Conti, Materiale di propaganda politica, b.93, fasc.1248.14 D.Malvestiti, Il senatore Giovanni Conti, in "Monte Granaro nella storia".Fermo, p.16.
L'Archivio Giovanni Conti è pervenuto all'Archivio di Stato di Ancona per volontà della famiglia Conti, prima del figlio Dante e poi del nipote Giovanni junior che hanno custodito amorevolmente le carte presso lo studio del senatore in via Campo Marzio a Roma.
È pervenuta, insieme alle Carte Conti, la sua ricca e variegata biblioteca, depositata presso l'Archivio di Stato di Ancona, che rispecchia l'intensa attività politica, il suo pensiero e i suoi interessi culturali, ritenuta la seconda biblioteca mazziniana a livello nazionale dopo quella della "Domus Mazziniana".
Giovanni Conti
1863 - 1988