Concetto Pettinato1900 - 1975
Il fondo conserva le carte prodotte da Pettinato durante la attività professionale come giornalista inviato all'estero e direttore de «La Stampa».
Concetto Pettinato, nato a Catania il 3 gennaio 1886 da Carmelo e da Maria Biraghi, studia prima all'Università di Roma ma si addottora a Catania in Giurisprudenza.
Dopo aver collaborato alla «Perseveranza» di Milano e al «Giornale di Sicilia» di Palermo, come collaboratore volontario, nel 1910 intraprende un lungo viaggio per l'Europa, soggiornando in Russia, Francia, Polonia e Turchia. Da queste località invia articoli di sua iniziativa ad Alfredo Frassati, direttore e proprietario de «La Stampa» di Torino, da cui verrà poi assunto. Durante la sua permanenza russa, gli viene offerto di assumere l'ufficio di corrispondenza per la «Rivista dei Balcani». Rimane in Russia sino a tutto il 1913 ed il frutto di quella esperienza è la pubblicazione del suo libro La Russia e i Russi osservati da un italiano (Treves, 1914).
Dal gennaio al luglio 1914 soggiorna a Parigi, dove intrattiene, sempre per conto de «La Stampa», una serie di colloqui con celebrità mondiali: Max Nordau, Auguste Rodin, Flammarion, Schuré, Henry de Régnier, Georges Ohnet, Paul Margueritte ed altri. Inizia anche a collaborare con la rassegna liberale e nazionale «L'Azione» di Paolo Arcari.
Nell'agosto, «La Stampa» lo invia in Polonia, da dove riporterà dopo poco un libro di ricordi, Sui campi di Polonia (Treves, 1915), di cui il prefatore è Henryk Sienkiewicz.
I primi di gennaio del 1915 tiene, nella sala dell'Associazione Pro-Cultura di Firenze, una conferenza su Russia, slavi e politica mediterranea, e a febbraio questa stessa conferenza viene ripetuta nel salone della Federazione degli Esercenti di Milano, organizzata dal Gruppo nazionale liberale di Milano.
Nella primavera dello stesso anno si reca in Austria a studiare le condizioni della monarchia austro-ungarica e, malgrado le difficoltà oppostegli dalla sorveglianza poliziesca, raccoglie gli elementi per un terzo libro, L'Austria in guerra (Treves, 1915).
Mobilitato nell'ottobre 1915, passa al grado di sottotenente nel 1916 e tenente nel 1918, prestando servizio al Comando supremo dell'Esercito. Nella guerra del '15-'18 è addetto all'Ufficio informazioni del Comando supremo.
All'inizio del 1917 si fidanza con Cesara Marenesi, che sposa l'anno dopo nel mese di febbraio. Dopo aver soggiornato a Roma per ragioni di servizio presso l'Ufficio informazioni del Comando supremo dell'Esercito, si trasferisce a Milano presso l'Ufficio speciale militare alla Sezione R prima, poi alla Sezione M. In seguito presta servizio all'Ufficio operazioni Sezione comunicati del Comando supremo in zona di guerra.
Nel dicembre del 1918, Alfredo Frassati, direttore de «La Stampa», stipula con Pettinato un contratto di collaborazione quinquennale che entra in vigore due settimane dopo la smobilitazione di Pettinato stesso.
Nel 1919 si reca, in qualità di corrispondente de «La Stampa», in Ungheria durante la rivoluzione di Bela Kun, e poi in Austria. Nel 1920, pubblica un volume sul movimento rivoluzionario che aveva travolto l'Europa, con il titolo L'ora rossa (Zanichelli, Bologna), nel quale delinea lo stato d'animo caotico e anarchico del dopoguerra.
Il 7 febbraio 1920 stipula un contratto con «La Stampa» in qualità di corrispondente ordinario, con anzianità decorrente dall'anno 1916. Assume così il posto di inviato da Berlino, dove si trasferisce, per tutto il 1920 e il 1921, per studiare in una serie di corrispondenze a «La Stampa» la Germania della disfatta, esaminando soprattutto la crisi morale ed intellettuale da essa attraversata. Durante questo suo soggiorno tedesco, si sposta da Berlino a Weimar e a Norimberga.
Nel frattempo, pubblica un libro di avventure per la gioventù, Il delfino di Kavak (Bemporad, 1921). Ad aprile di quello stesso anno, è nuovamente a Parigi alle prese con lo studio su Francesi e tedeschi, problema d'anime, istituendo un bilancio spirituale fra i due popoli quali li aveva lasciati la guerra. I capitoli dello studio escono su «La Stampa» ma non in volume. Rimane nella capitale francese alla direzione dell'ufficio di corrispondenza di quel giornale, polemizzando frequentemente con la stampa francese in difesa degli interessi nazionali. Incontra Anatole France e Paul Hazard, oltre a Jules Sageret. Nel contempo, gli arriva la nomina da Guido Treves di collaboratore parigino anche per «L'Illustrazione italiana», e più tardi per «La Fiera letteraria»; inoltre continua ad inviare articoli al «Giornale di Sicilia», firmando con lo pseudonimo "Fidelio".
Dall'aprile a fine luglio 1926, è di nuovo temporaneamente a Berlino come corrispondente, continuando a mantenere la carica di capo ufficio di corrispondenza di Parigi per «La Stampa». Nel dicembre dello stesso anno Pettinato diventa socio del Sindacato fascista dei giornalisti italiani di Parigi.
Continua a vivere nella capitale francese e a lavorare per «La Stampa», intessendo contatti con giovani scrittori francesi come richiesto dalla direzione del quotidiano torinese, specialmente dall'on. Andrea Torre e da Giuseppe Piazza.
Nel 1929, Ugo Ojetti gli chiede di collaborare anche alla sua rassegna di lettere e arti, «Pègaso», con scritti di letteratura e di vita francese. In settembre gli scrive Arturo Marpicati, nella sua veste di direttore del Comitato nazionale per i rapporti intellettuali con l'estero dell'Istituto nazionale fascista di cultura, chiedendogli di collaborare alla collana italiana di letteratura contemporanea presso l'editore Grasset di Parigi, in sostituzione di Giuseppe Prezzolini, trasferitosi a New York alla Columbia University. Pettinato accetta questo incarico ed inzia il suo lavoro di corrispondente e referente a Parigi del suddetto comitato.
Agli inizi del 1930, si reca a Madrid come inviato de «La Stampa» per seguire da vicino la crisi spagnola e all'inizio dell'estate, invitato da Benjamin Crémieux del servizio informazione e stampa del Ministero degli affari esteri francese, accompagna il presidente della Repubblica francese nel suo viaggio in Algeria.
Nel 1930, esce il suo libro sulla Francia, A Parigi coi francesi, che nel 1931 l'editore Firmin-Didot di Parigi stampa tradotto in francese. Recatosi in Spagna alla vigilia della rivoluzione, dà alle stampe Il senso della Spagna (Alpes, Milano, 1930). Sempre di stanza a Parigi, continua a viaggiare per servizi straordinari dalla Spagna.
Nel 1932, pubblica presso l'editore Treves Dialoghi moderni, un ritratto ironico del suo tempo.
A fine giugno del 1933, Gherardo Casini gli scrive invitandolo, anche a nome di Giuseppe Bottai, a collaborare con «Critica fascista». Invito raccolto subito da Pettinato. A ottobre, viene nominato membro effettivo della Società meteorologica italiana. Si reca prima a Nizza e poi a Tunisi sempre per conto de «La Stampa», da dove scrive le sue corrispondenze. L'anno successivo tiene diverse conferenze e comunicazioni, tra cui quella allo Studio fiorentino di politica estera dietro l'invito dei due vicepresidenti Gabriele Paresce e Jacopo Mazzei.
Il 9 gennaio 1936 è nominato membro del Consiglio direttivo del Comitato delle scuole italiane di Parigi.
Agli inizi del 1937, Leo Longanesi propone a Pettinato di collaborare da Parigi al settimanale di attualità politica e letteraria «Omnibus». Il giornalista continua ad accettare incarichi come quello di scrivere un opuscolo sulla civiltà italiana in Francia per conto della Società nazionale Dante Alighieri, sotto l'invito del presidente Felice Felicioni e di Mario Puccini.
Nell'aprile del 1938, si reca in Spagna a Saint Jean de Luz. Viene invitato a partecipare al II Convegno nazionale per gli studi di politica estera (Milano, 2-4 giugno 1938), organizzato dall'Istituto per gli studi di politica internazionale. Proprio quest'ultimo, tramite Cesare Giardini, propone a Pettinato di pubblicare il suo libro La Spagna di Franco, stampato dalla società editrice «La Stampa» in quanto il volume non aveva trovato un editore. Gli viene offerta la collaborazione anche al nuovo settimanale d'attualità politica e letteraria «Oggi» uscito nel 1939.
Nel luglio 1939 Pettinato si vede notificato l'atto di espulsione dalla Francia. Si reca a Ginevra da dove continua il suo lavoro di corrispondente. Il direttore de «La Stampa», Alfredo Signoretti, gli propone di sostituire temporaneamente Giuseppe Piazza a Berlino, poi di effettuare un viaggio nei paesi nordici (Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia e Svezia). Pettinato prende contatti con il Fascio "Tito Menichetti" di Ginevra e continua a collaborarvi anche dopo l'8 settembre 1943.
Il 26 gennaio 1940 tiene una conferenza all'Istituto nazionale di cultura fascista a Roma dal titolo Origini e aspetti della Rivoluzione spagnola. Nel 1940 esce il suo La lezione del medioevo e lavora al successivo libro La Francia vinta. Con il primo concorre al premio Mussolini.
Nel marzo del 1941 è richiesta la sua presenza a Roma con urgenza. Gaetano Polverelli, sottosegretario di Stato del Ministero della cultura popolare, gli propone di curare per radio la trasmissione di notiziari, commenti e conversazioni al fine di propagandare il punto di vista italiano nel mondo e di controbattere la propaganda del nemico.
Dopo gli avvenimenti del 25 luglio e la caduta del fascismo, il cambio di direzione a «La Stampa» nell'agosto del 1943 e l'avvento di Filippo Burzio alla direzione liquidano Pettinato da ogni sua competenza contrattuale. Ma qualche mese dopo, con la liberazione di Mussolini e la costituzione della Repubblica sociale italiana nel nord d'Italia, Pettinato viene chiamato il 10 dicembre alla direzione del quotidiano torinese da Mussolini stesso.
Inizia il suo lavoro di ricerca di nuovi collaboratori da inserire nello staff del giornale e scrive molti articoli di propaganda fascista, suscitando l'ammirazione e il compiacimento sia del ministro della cultura popolare, Fernando Mezzasoma, sia dello stesso Mussolini.
A fine febbraio 1944, viene nominato presidente della Sezione torinese dell'Associazione italo-germanica. Continua a scrivere incessantemente sul giornale di Torino, fino a quando un suo articolo dal titolo Se ci sei batti un colpo solleva un acceso dibattito. I suoi articoli hanno sempre una grande risonanza nella Repubblica sociale italiana e anche tra i nemici della stessa. Di particolare importanza è il suo articolo Migliore dei farmachi, pubblicato su «La Stampa» del 14 gennaio 1945, con cui polemizza con Roberto Farinacci. Più tardi viene deferito alla Commissione di disciplina del Partito fascista repubblicano. Nei giorni che segnano la vittoria delle forze partigiane su quelle repubblichine e tedesche, Pettinato si nasconde a Milano.
Arrestato il 26 giugno 1946, viene rinchiuso nel carcere giudiziario di Torino e sottoposto a procedimento penale. Condannato a 14 anni di carcere per collaborazionismo con il tedesco invasore, viene liberato nello stesso anno grazie al provvedimento di amnistia del '46. Si trasferisce a Roma da dove continua il suo lavoro di pubblicista, firmando sia con il suo nome sia con pseudonimi come Vitaliano Lamberti, e collabora a periodici neofascisti di Roma e di Milano. Viene invitato dall'on. Gallo e dall'on. Castrogiovanni a trasfersi a Palermo per assumere la direzione di un nuovo giornale, organo di propaganda del Movimento indipendenza siciliana, ma Pettinato declina tale invito.
Nel giugno 1947, Pettinato si iscrive al Msi e la Giunta esecutiva del Movimento sociale italiano lo designa membro del Comitato centrale del Msi, nella qualità di membro del gruppo dei promotori.
Nel 1948, si candida alle elezioni politiche nella lista del Movimento sociale italiano come capo-lista di Torino e di Catania. Ma non viene eletto.
Inizia a lavorare per «Meridiano d'Italia» e «Il Merlo giallo». Dal primo si ritira agli inizi di luglio 1949 insieme a Ezio Maria Gray e a Giovanni Capasso Torre, per motivi di opportunità, per sostegno allo stesso Gray e alla sua linea politica portata avanti nella condirezione del giornale. Gray e Pettinato, con alri, lavorano alla nascita di un nuovo settimanale. Pettinato propone di chiamarlo «Il Nazionale», con la formula voluta da Gray di "giornale indipendente di politica e cultura". Dovrebbero collaborarvi Giardini, Curti, Rocca e Pellizzi, invitato dallo stesso Pettinato. Il primo numero del settimanale esce il 19 settembre 1949, diretto da Ezio Maria Gray e da Concetto Pettinato, con Piero Girace responsabile. Ma già in ottobre il settimanale risulta sotto la unica direzione politica di Ezio M. Gray e come direttore responsabile Ugo Dadone; Pettinato si annovera solamente tra i collaboratori.
Agli inizi del 1950, Pettinato riprende la sua collaborazione con il «Meridiano d'Italia» e l'Assemblea costitutiva dell'Associazione "Amici di Brasillach e Borsani" lo elegge membro del Consiglio direttivo del sodalizio, composto tra gli altri da Alfredo Cucco, Ezio M. Gray, Franco Maria Servello, Costantino Patrizi, Aniceto del Massa, Giovanni Capasso Torre, Valerio Pignatelli, Giovanni Volpe.
Il 30 ottobre 1950 il pretore di Siracusa lo condanna per apologia del fascismo a quattro mesi di reclusione, in seguito a un discorso tenuto l'8 aprile 1948 in piazza Archimede a Siracusa. Nel novembre del 1951 viene assolto dal tribunale della stessa città.
Nel febbraio 1952 viene processato per aver diffuso notizie concernenti l'istruttoria del procedimento penale per la morte di Ettore Muti, reato compiuto attraverso la pubblicazione di un articolo dal titolo Sillogismi sul periodico «Asso di bastoni», n. 15, 15/04/51.
Nel luglio 1952 compare davanti alla Corte d'Assise di Roma per rispondere di vilipendio al governo per aver scritto su «Asso di bastoni» che il governo non ha diritto di celebrare la festa della vittoria perché di essa farebbero parte uomini che servirono il nemico. La Corte lo assolve perché il fatto non costituisce reato.
Nell'agosto dello stesso anno si dimette dal Msi per contrasti con la direzione del partito, all'interno del quale era già stato sottoposto a procedimento disciplinare e sospeso da ogni attività. I contrasti con la direzione del partito erano cominciati in seguito alla direzione politica presa al Congresso dell'Aquila. I motivi delle dimissioni vengono espressi ampiamente in un'intervista concessa da Pettinato a «Il Secolo» del 28/08/52. In seguito a questo episodio cessa anche la collaborazione del giornalista con «Meridiano d'Italia».
Nel gennaio 1957 inizia a scrivere regolarmente anche per «Il Tempo», curando la terza pagina del giornale. Per conto del quotidiano nel giugno 1957, si reca in Germania a Bonn per una serie di articoli.
Nel 1959 esce un suo nuovo libro, Rosso di sera, per la casa editrice Ceschina; nel 1970 Bandiera a mezz'asta e nel 1972 Francesi e tedeschi per la Giovanni Volpe Editore.
Muore ad Este il 12 gennaio 1975.
Le carte si trovavano conservate in grossi contenitori di cartone, fatti realizzare appositamente da Pettinato e recanti sulla costa gli estremi cronologici della documentazione in essi conservata. La suddivisione delle carte nei contenitori era determinata non da precisi intervalli cronologici ma semplicemente dalla capienza di essi: così, in anni in cui la documentazione era abbondante, all'interno del contenitore si potevano trovare carte di quell'unico anno, magari suddivise per mesi; in anni in cui invece Pettinato aveva accumulato meno documentazione nei contenitori venivano accorpate carte di più annate. All'interno dei contenitori, inoltre, le carte erano mescolate tra loro, in modo che non c'era suddivisione tra la corrispondenza, le carte personali, la documentazione amministrativa ecc. In fase di riordino, quindi, si è proceduto ad accorpare i documenti secondo la loro tipologia (corrispondenza, ritagli stampa, carte personali ecc), creando così le serie in cui ora è suddiviso il fondo documentario. Questo ha determinato anche la suddivisione in fascicoli nell'ordinamento delle varie serie: si è cercato, cioè, di rispettare le scansioni cronologiche presenti nella documentazione all'origine, poichè era quella data dallo stesso produttore delle carte.
Dichiarato di notevole interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio il 17/12/2002.
Concetto Pettinato
1900 - 1975
33 bb.