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VILLA Giovanni

22 agosto 1862 - 25 dicembre 1930 Nominato il 16 ottobre 1913 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Luigi Federzoni, Presidente

Prima di riprendere le nostre discussioni, rivolgiamo il pensiero ai compianti colleghi, che insieme con Tommaso Tittoni ci hanno lasciato durante l'interruzione dei lavori dell'Assemblea.
Alta mente, vasta sapienza giuridica, forte e nobile carattere, operoso patriottismo resero caro e venerato il nome di Giovanni Villa, al quale solo l'anticipato declinare delle forze fisiche in ancor fresca età tolse la possibilità di esprimere interamente la sua gagliarda e originale personalità politica. Nel 1913 aveva lasciato la professione forense, da lui esercitata per lunghi anni con dignità pari alla maestria, per assumere l'ufficio di avvocato generale Erariale; e nella riforma di quell'istituto aveva segnato la sua impronta geniale, infondendo in esso nuovo vigore di vita ed elevandone l'efficienza e il prestigio. Nominato senatore alla fine di quello stesso anno, fu chiamato durante la grande guerra a dare il prezioso contributo del suo senno e della sua attività all'azione del Governo, prima come ministro dei trasporti marittimi e ferroviari, in un periodo in cui le gravissime difficoltà di approvvigionamento del nostro paese poterono superarsi sopra tutto per la tenace e intelligente energia di Giovanni Villa. Nel primo semestre del 1919, essendo assente dall'Italia per le trattative di pace l'onorevole Orlando, il senatore Villa lo surrogò come ministro dell'interno e vicepresidente del Consiglio. In quel tempo, per l'eccesso di fatiche al quale si era sottoposto con esemplare abnegazione, si manifestarono i primi sintomi della grave malattia che doveva troncare la sua chiara e feconda attività politica e infine, dopo molti anni di lontananza da noi, dolorosamente rapirlo all'affetto degli amici e dei colleghi sempre memori di lui, dell'opera sua e delle sue luminose virtù. [...]
L'Assemblea rinnova, per tutti i colleghi estinti, l'espressione del suo vivo e sentito cordoglio.
MUSSOLINI, capo del Governo. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSSOLINI, capo del Governo. Il Governo si associa alle nobili parole di rimpianto pronunziate dal Presidente della vostra Assemblea”.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 17 marzo 1931.