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VERGA Giovanni

02 settembre 1840 - 27 gennaio 1922 Nominato il 03 ottobre 1920 per la categoria 20 - Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi! Nuovi dolorosi lutti hanno colpito il Senato durante l'interruzione dei lavori. [...]
Il 27 gennaio scorso, colto da improvviso ed inesorabile malore, si spense in Catania uno dei più forti scrittori contemporanei, Giovanni Verga, che da poco più d'un anno noi avevamo la fortuna di annoverare fra i nostri colleghi.
Egli era nato nella stessa Catania il 2 settembre 1840 da nobile famiglia di patrioti che erano stati fra i più fervidi carbonari, ed era venuto crescendo mentre si maturavano i destini d'Italia e si diffondeva uno spirito nuovo.
Ingegno ardente, fin dai primi anni sentì una forte inclinazione per gli studi letterari e a 16 anni, ancor studente di liceo, commosso dagli avvenimenti della redenzione americana, scriveva il primo romanzo che non fu poi pubblicato; mentre dopo l'armistizio di Villafranca, che tante speranze aveva improvvisamente troncato, cominciò a scrivere "I carbonari della montagna", opera pervasa da un vivo amor di patria, dalla fede nel valore dei suoi figli, dal presentimento del suo grande destino. Volle suo padre che egli frequentasse all'Università i corsi della Facoltà di giurisprudenza, ma nessuna seduzione esercitavano su di lui le discipline giuridiche e fu con grande gioia che egli riuscì, prima di por termine a tali corsi, a convincere il genitore della sua ardente passione.
Da allora la produzione letteraria del Verga non ebbe posa; e con romanzi, novelle, drammi egli arricchì la nostra letteratura di gemme preziosissime. L'opera del Verga è stata una progressiva elevazione spirituale: dalla rappresentazione delle più violente passioni egli è salito di grado in grado alla classica purezza di visione che si ammira in "Vita dei campi", in "Mastro Don Gesualdo", in "Malavoglia", uno dei più insigni monumenti dell'arte narrativa.
Il dramma della vita interiore, la cui analisi sovratutto lo attrasse, si rispecchia nell'arte del Verga in tutta la sua semplice ed eterna bellezza: sembra che non la penna egli adoperi ma lo scalpello, tanta è la vita trasfusa nei suoi personaggi.
Fine supremo della sua arte è la verità, dalla cui rappresentazione obbiettiva pensava che dovesse scaturire spontaneamente l'opera d'arte. Ma da tale realismo non vanno mai disgiunte la compostezza e l'austerità della espressione, l'armonica coesione degli avvenimenti, la probità e la dignità artistica delle sue creazioni, pregi che danno alle sue pagine un fascino invincibile, una propria fisionomia e che fanno del Verga uno dei più possenti scrittori dei nostri tempi.
Giovanni Verga amò ardentemente la sua terra natia e, pur studiando usi e costumi di tutta la penisola, da quella trasse le sue più geniali e forti ispirazioni. La sua arte infatti è schiettamente siciliana e i suoi personaggi sono l'espressione più viva della molteplice anima della sua terra.
Giovanni Verga aveva la modestia dei grandi: schivo di omaggi e di qualsiasi forma di ammirazione, lavorava nel silenzio e nel raccoglimento, evitando in ogni modo di richiamare l'attenzione sulla propria opera e sulla propria vita. Nella sua figura vi era tanta nobiltà e insieme tanta semplicità che ispiravano un sentimento di profonda riverenza anche in chi lo avvicinava per la prima volta.
Le onoranze resegli in occasione del compimento dell'800 genetliaco e la sua nomina a senatore, avvenuta il 3 ottobre 1920 per la 20ª categoria, furono tardo riconoscimento dei suoi meriti insigni. La grave età gli impedì di partecipare a lungo ai nostri lavori, ma la sua luminosa figura rimarrà scolpita indelebilmente nei nostri cuori.
Piangiamo amaramente la dolorosissima perdita e mandiamo alla memoria dell'illustre scomparso un commosso reverente saluto, mentre esprimiamo alla famiglia inconsolabile e alla sua amata città le nostre più vive condoglianze. (Benissimo). [...]
GIUFFRIDA, ministro delle poste e dei telegrafi. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUFFRIDA, ministro delle poste e dei telegrafi. A nome del Governo mi associo alle alte e nobili parole che l'illustre Presidente di questa Assemblea ha pronunziate in onore della memoria di Giovanni Verga. Altri ha detto e dirà più degnamente del grande scrittore che, dopo Alessandro Manzoni, mostrò che la letteratura italiana si affermava nobilmente anche nel romanzo; a me, che non ho titolo per parlare di lui, al di fuori dell'onore di essere stato al grande estinto legato da vincoli di personale devozione, a me sia consentito di ricordare che i caratteri umani da lui rappresentati hanno il rilievo e il risalto di bassorilievi. Come nella vita così nell'arte, egli fu semplice e schietto; apparve anzi un aristocratico perché fu alieno da ogni volgarità, ma conobbe il popolo, intese e seppe guadagnarne i costumi con occhio sereno e calmo e seppe descrivere tipi e passioni umane al di fuori di ogni maniera e al di fuori di ogni preziosità. Il senso di compatimento per le umane miserie, l'umorismo sereno che talvolta ben sgorgava dalle sue pagine, la tristezza dalla quale appaiono circonfuse alcune delle sue figure, lo stesso titolo I vinti, ch'ei diede alla collana della sua maturità operosa, quel po' di scetticismo che appare qua e là nell'opera sua e che serve più che ad altro a nascondere il fondo profondamente sentimentale: tutto questo che è caratteristico dell'arte sua trova il suo quadro nell'ambiente ch'egli scelse per trarne le sue figure. Dopo la collana dei romanzi della sua prima gioventù egli trasse l'ispirazione dell'opera sua dagli ambienti popolari campagnoli della Sicilia; le sue opere principali: Mastro Don Gesualdo, I Malavoglia, Vita dei campi, Novelle rusticane, non si possono intendere al di fuori della Sicilia come schiettamente siciliani sono i principali tipi da lui creati: Il pastore, Rosso mal Peloecc.
L'ambiente del suo mondo è in quella stretta zona siciliana che va dalla marina di Aci fino alle colline di Francoforte di Vizzini, passando a traverso la pianura di Aci Trezza (che è il paese del suo capolavoro, I Malavoglia,e già fu cantato da Omero); è forse in questa stretta zona siciliana, che fu più estranea alle emigrazioni dei popoli stranieri nel nostro paese, dove sopravvive ancora la schietta e forte anima italica. E questi sentimenti dell'anima italica Giovanni Verga seppe rappresentare con una forma letteraria che resterà nella nostra letteratura, perché la fama, che a lui venne tardi e lenta, è una fama solida e robusta che ha varcato i nostri confini.
Or dunque vada alla memoria dell'uomo, la cui giornata fu nobilmente e utilmente spesa, vada alla memoria dello scrittore grande che onorò il nostro paese, il rimpianto devoto e reverente del Governo che, con questi sentimenti, si onora di associarsi alla proposta di condoglianze fatta dall'illustre Presidente (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 16 febbraio 1922.