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VERGA Carlo

12 febbraio 1814 - 23 gennaio 1894 Nominato il 06 novembre 1873 per la categoria 17 - Gli intendenti generali dopo sette anni di esercizio provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Ho anche oggi un mesto dovere da compiere: debbo parteciparvi la morte di sei colleghi. [...]
La vita del senatore Carlo Verga ebbe impronta di bontà singolare.
Esordita nel foro essa apparve senz'altro piena di promesse, tanto ognuno ha in sé le cagioni del proprio avvenire.
Proseguita per oltre ventotto anni nei pubblici uffici, a questi intese arrecandosi a coscienza la ferma rettitudine, l'osservanza scrupolosa della legge per sé e per tutti, l'amore del bene.
Nell'arringo parlamentare compiuta, l'atteggiamento suo per ventisei anni in questa come nell'altra Camera mostrò, per dir così, in compendio quanto egli aveva voluto, potuto, operato da cittadino, da funzionario.
Nato in Vercelli il 12 febbraio 1814, tradizioni, aderenze famigliari lo avevano da giovane reso partecipe alle liberali aspirazioni; uomo maturo fu felice di servire il patrio riscatto con fervore che gli antichi convincimenti vieppiù rincalzavano; come chi geloso d'un bene conseguito lo custodisce e lo difende.
Dal 1841, principio della sua carriera, salito via, via a prefetto resse provincie importantissime: Como, Reggio, Parma.
Per qualche tempo nel 1848 addetto al Ministero dell'interno, al rompere della seconda guerra d'indipendenza aveva avuta missione di commissario straordinario in Lunigiana. Sullo scorcio del 1859 amministrò da vicegovernatore la Provincia di Alessandria, dopo essere stato intendente di Casale e per molti anni di Mortara: da questa città dell'antica frontiera tenendo viva al di là del Ticino la fede in giorni migliori, fu centro e nodo di notizie, di consigli, di aiuti.
Dimestico con molti degli uomini che in Piemonte dappoi le riforme tennero il campo, la stretta intimità che lo legava a più d'uno fra essi ne accresceva l'autorevolezza, ne avvalorava l'azione rimpetto agli amministrati, ne aumentava il credito presso il Governo.
Saldezza di propositi e dirittura d'animo, facilità di tratto gli crearono molti amorevoli; chi pur ne sperimentò il rigore lo rispettò. Guastalla già parte del suo Governo lo contese alla città natale quale rappresentante al Parlamento: dovunque lasciò di sé desiderio ed anche oggi ne vive grata e degna memoria (Bravo).
Nel 1873 eletto senatore, la infaticata operosità con cui all'ufficio si sobbarcò, la gentilezza con cui ad ognuno compiacque, la cura quotidiana di tutto che reputasse spediente ed utile allo svolgersi dell'azione nostra, parvero imperniarne quasi intorno a lui molta parte. Fu per undici volte nominato segretario dell'Ufficio di Presidenza e fin dal primo giorno, con quattordici successive designazioni, della Commissione permanente di finanze. Attestato specialissimo della stima e benevolenza vostra, del gran conto che ne facevate; stima, benevolenza, reputazione così universali da valere ed importare quel ”glorioso segno” cui il Gioberti, suo intrinseco, gli aveva in gioventù pronosticato non fallirebbe.
Versato nella storia, in ispecie nella moderna, l'assidua lettura dei diarii, delle memorie, di ogni scritto attinente ai giorni nostri, i numerosi conoscenti lo avevano messo dentro anche a minuti particolari della cronaca contemporanea. Pratico di pubblica amministrazione, nessuno a lui ricorse invano per orientarsi nel dedalo della legislazione. Del diritto parlamentare aveva fatto studio particolare traendone abilità ad opportuni riscontri, per dare lume ai sopravvenienti casi, col ricordo di altri nostrani, cogli esempi e coi canoni che ci vennero d'oltremonti quando vi ebbe vigore una Costituzione simile alla nostra.
Coltura notevole, ritentiva straordinaria, a dir breve, lo rendevano atto ad illustrare i più svariati problemi legislativi indicando le fonti della storia e del diritto; non aveva mai intermesso neppure negli ultimi giorni della verde vecchiaia le letture, le indagini, lo studio, nel quale era soccorso da invidiata robustezza sprezzante d'ogni fatica, schiva d'ogni delicatezza. Natura gliela aveva data, sobrietà l'accrebbe, operosità meravigliosa gliela mantenne fino all'ultimo istante, il quale scoccò in Milano nell'ora ventiquattresima del giorno 23 di gennaio.
Passato di vita quasi senza ammalarsi, come non l'avevano rattristato gli acciacchi della senilità non lo tormentò il lento disfarsi del frale: ai terrori della morte poté opporre l'animo non svigorito, la coscienza tranquilla, il presidio della fede.
Lo avevamo salutato appena un mese innanzi bene augurandogli per il nuovo anno e l'affettuoso augurio era stato, ahimè! l'ultimo addio. Non lo rivedremmo più qui accanto su questo banco; invano lo ricercheremmo consigliere, aiutatore!
La notizia della sua morte ci costernò.
Nelle ore di sconforto quel buono d'ora innanzi invocando indarno, il cuore ci si stringerà con rinnovato dolore.
Perché colleghi, perché amici come Carlo Verga dipartendosi da noi, quasi si strappi la parte migliore di noi stessi, ci piombano in una cupa tristezza che né tempo, né oblio avranno virtù di dissipare o consolare. (Bene, approvazioni vive e generali). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Tabarrini.
TABARRINI. Mi conceda il Senato che io mi associ con tutto l'animo alle belle e vere parole del nostro Presidente sul senatore Carlo Verga, di cui tutti deploriamo la perdita.
La memoria del senatore Verga durerà lungamente in Senato, e credo che a tutti noi sia oggi doloroso di non vederlo al suo posto di segretario da lui tenuto per lunghi anni; imperciocché egli alla gentilezza d'animo univa una coltura parlamentare non comune e grande rettitudine in tutti gli atti della vita, che fu esempio d'illuminato patriottismo e di amore operoso alle istituzioni.
Mi associo inoltre alla proposta del senatore Bonvicini perché le condoglianze del Senato siano partecipate anche alla famiglia dell'illustre senatore Verga. [...]
CRISPI, presidente del Consiglio. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPI, presidente del Consiglio. Il Governo si associa di gran cuore alle commemorazioni che vennero fatte dal Presidente prima e dagli altri oratori poi, degli estinti senatori, la cui perdita tutti deploriamo.
Il Governo non crede di aggiungere parole perché ogni nostra espressione diminuirebbe il valore di quelle pronunciate e che voi avere ascoltato con riverente attenzione.
PRESIDENTE. Come il Senato ha udito il senatore Bonvicini, al quale si è associato il senatore Tabarrini, propone che siano inviate le condoglianze dell'Assemblea alle famiglie dei senatori dei quali oggi si è fatta la commemorazione.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvata).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 20 febbraio 1894.