senato.it | archivio storico

VALLAURI Tommaso

23 gennaio 1805 - 02 settembre 1897 Nominato il 16 novembre 1882 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Andrea Guarneri, Vicepresidente

L'egregio vicepresidente Cremona nonostante una leggiera indisposizione che lo travaglia, ha avuto il pensiero di redigere lui stesso le necrologie dei colleghi, che mancarono ai vivi nelle decorse vacanze.
Prego uno degli onorevoli nostri segretari di avere la cortesia di leggerle; intanto propongo, e credo che il Senato vorrà associarsi a questa mia proposta, di inviare i nostri ringraziamenti all'egregio vicepresidente Cremona per la cortesia da lui addimostrata redigendo queste commemorazioni (Bene).
Il senatore, segretario, CHIALA legge:.
PRESIDENTE. Signori senatori! [...]
Il 2 settembre ultimo scorso si spense in Torino, per inesorabile legge di natura, Tommaso Vallari, il sommo latinista. Nato il 23 gennaio 1805 alla Chiusa di Pesio, su quel di Cuneo, aveva oltrepassato il novantaduesimo anno sempre sano e robusto di corpo e di mente; sino da fanciulletto aveva cominciato lo studio del latino, che fu poi l'occupazione di tutta la sua vita, cioè per più di ottanta anni. Nobile veterano dell'insegnamento, a soli diciotto anni era stato nominato professore di retorica ad Alba, e dopo venti anni trascorsi in diversi collegi del Piemonte, aveva ottenuto nell'Università di Torino la cattedra, già illustrata dal Boucheron, di eloquenza latina: cattedra che dopo il 1849 fu detta di letteratura latina. Da essa insegnò, senza interruzione, sino all'estate del 1882; e quando, nominato senatore nel novembre di quell'anno, volle adempiere i doveri inerenti alla nuova dignità, ambita e gradita, chiese e ottenne d'essere supplito da persona di sua scelta, ma non volle essere collocato a riposo. A chi lo consigliava al meritato riposo, rispondeva: doctorem docentem mori oportere,adattando a sé l'analogo detto che Svetonio attribuisce a Vespasiano imperatore. Fu lavoratore instancabile, non solo come insegnante ma anche come autore di opere storiche, letterarie e didattiche, fra le quali basti ricordare la Storia della poesia in Piemonte, i libri due Delle Società letterarie del Piemonte, i Fasti della Real Casa di Savoia e della Monarchia,la Storia delle Università degli studi del Piemonte,la Historia critica litterarum latinarum, il Lexicon in usum scholarum, le Inscriptiones,le edizioni dei classici latini, ecc.
Continuatore del suo maestro Boucheron, divenne ben presto il capo, e tale rimase per oltre sessant'anni, della scuola umanistica che nei classici studia le bellezze dello stile e ne trae l'educazione del gusto e dell'animo. Capo battagliero e indomito, poiché e nelle lezioni e nelle applaudite prolusioni e in molte sue scritture, anche di genere satirico, non ristette mai dal combattere contro gli studi enciclopedici e contro i metodi della filologia oltremontana, ripugnanti secondo lui all'indole della nostra nazione. Di questa ch'era sua fede antica e profonda, avemmo un saggio anche noi, qui in Senato, il 19 aprile 1883, quando discorrendo sul bilancio dell'istruzione, presente l'onorevole Baccelli, ricordava le parole di Quintiliano, coll'augurio che venissero scritte al sommo della porta di tutte le scuole secondarie del Regno: "Pueris quae maxime ingenium alant et animum augeant praelegenda; ceteris, quae ad eruditionem modo pertinent, longa aetas spatium dabit".
Il suo culto per l'antichità classica acquistava maggior calore dall'amore di patria. Contro il Mommsen che aveva divulgato giudizi ingiuriosi su Cicerone, e in generale sugli italiani antichi e moderni; contro un altro dotto tedesco che s'era arrogato di mutare il prenome di Plauto, il Vallauri combatté battaglie epiche, come se si fosse trattato di difendere l'Italia da una nuova invasione barbarica.
Smascherò e derise i così detti metodisti e combatté aspramente le antologie e tutte le novità dirette a togliere allo studio il carattere di faticoso esercizio della mente. Si fece così molti nemici, e tra questi alcuni si vendicarono accreditando la voce calunniosa ch'egli appartenesse ad una fazione nemica della libertà e dell'indipendenza italiana.
Il Vallauri fu bensì religiosissimo ed ossequente al Pontefice come capo della religione, ma in pari tempo sinceramente devoto al Re ed alle istituzioni patrie, prima e dopo la formazione del Regno d'Italia e l'acquisto di Roma.
Re Carlo Alberto diede al Nostro non poche prove della sua stima, affidandogli tra altri l'incarico di scrivere i Fasti della Real Casa di Savoia,che vennero in luce nel 1845. A proposito di quest'opera, narra il Vallauri nella sua autobiografia, che un dì il Re gli disse" colla solita sua cortesia: Caro professore, sono molto contento del suo lavoro. Voglio però palesarle un mio desiderio, ed è questo: Quando le avviene di parlare di me, invece di scrivere il Re savoiardo, dica il Re Italiano".
Riferendo l'aneddoto, il Vallauri aggiunge: "Queste parole Reali furono poi ampiamente illustrate dagli avvenimenti del 1848-49".
Nel 1853, a proposta dal ministro Cibrario, Re Vittorio Emanuele fece consegnare al Nostro una medaglia d'oro improntata dell'augusta effigie con l'iscrizione: A Tommaso Vallauri, benemerito delle lettere latine.
Nel 1857 si lasciò portare dai conservatori come candidato alla Camera elettiva, nella quale entrò di fatto quale rappresentante del collegio di Mondovì, col fermo" proponimento di favorire la libertà, di non farsi oppositore sistematico alle proposte ministeriali e di promuovere tanto colla parola quanto col voto la giustizia e il vantaggio della nazione". Nei tre anni che mantenne il mandato legislativo fu assiduo ai lavori della camera, senza mai tralasciare le sue lezioni.
L'anno 1867 gli apportò diverse onorificenze: la commenda mauriziana per proposta del ministro Berti, il quale mirò sempre a tenersi superiore alle ire di parte; la nomina a membro dell'Accademia reale delle scienze di Torino; la nomina ad accademico della Crusca; con lettera di partecipazione dell'arciconsolo Marco Tabarrini e la nomina a cittadino di Sarsina. Quest'ultima gli giunse particolarmente cara, perché lo faceva concittadino di Plauto, da lui illustrato e difeso.
Una manifestazione non meno lusinghiera pel suo amor proprio fu la celebrazione del suo giubileo magistrale promossa dai colleghi già suoi scolari, la quale ebbe luogo nella grande Aula dell'Ateneo torinese il 27 novembre 1873, con intervento dei professori e degli studenti dell'Università, dei membri dell'Accademia delle scienze, delle deputazioni dei municipi di Chiusa e di Sarsina, e di molti amici ed ammiratori del venerando maestro, venuti anche da lontano.
Dopo altri nove anni, cioè nel novembre 1882, il Vallauri ebbe l'ultimo e massimo onore, la nomina a senatore: onore che a molti parve troppo ritardato, ma che egli accolse con viva gratitudine e aperta soddisfazione.
Colla morte di Tommaso Vallauri l'Italia ha perduto il suo più grande latinista, che per circa tre quarti di secolo onorò la cattedra, coltivò con incessante ardore e promosse gli studi classici ed ammaestrò la gioventù, lasciando il ricordo imperituro di una vita virtuosa, tutta spesa nel lavoro e nel fare il proprio dovere. (Bene). [...]
SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SPROVIERI. [...]
Propongo che a tutte le famiglie dei colleghi estinti, siano mandate le nostre condoglianze, senza nessuna distinzione.
PRESIDENTE. Dunque metto ai voti la proposta di inviare un voto di condoglianza a tutte le famiglie degli estinti nostri colleghi.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 novembre 1897.