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TORRE Federico

27 aprile 1815 - 06 dicembre 1892 Nominato il 10 maggio 1884 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Il giorno 6 del mese cessò di vivere in questa città il senatore Federico Torre.
Nativo di Benevento, ingegnere dell'università romana; in Roma e per Roma combatté, patì; operò, visse per l'Italia.
Ai tempi del despotismo clericale, acceso di patria, aveva cospirato per la libertà colla fierezza di chi nulla teme perché pronto al sacrificio di tutto. Già noto per cultura, per opinioni, per fermezza, all'alba delle riforme difese nel Contemporaneole ragioni della libertà; trattò colla penna la grande causa che a breve andare la sua spada in campo, la sua parola nelle assemblee propugnerebbero.
Vaghezza, fervore di nazionalità lo trassero, tenente dell'artiglieria civica, nella Venezia: merito di guerra lo promosse capitano. Reduce dall'impresa di Vicenza, alla Camera dei deputati di Roma, correndo la state del 1848, capo di ardito manipolo, i partiti risoluti patrocinò con prontezza.
Le prove dei forti, il sentire dei generosi lo levano fra i popolari; ma l'aura non inebbria la mente diritta, né soggioga l'onesta coscienza; negli sciagurati casi del novembre, all'imperversare del popolo impavido si attraversa: a lui se il cannone non schianta le porte, non abbatte le mura della reggia pontificia; suo onore se a Roma sono risparmiati nuovi lutti, nuova onta!
Sullo scorcio di quell'anno, maggiore di Stato maggiore, fu segretario generale e per breve ora reggente il Ministero della guerra all'entrare delle truppe francesi. Così nella resistenza che per gli sprezzanti stranieri fu una rivelazione, per i patrioti una rivendicazione, il nome suo rimase e rimarrà associato all'energia, alla costanza, con che il valore al numero, l'audacia ai grandi apparecchi di guerra opponendo, si rintuzzò l'insulto spavaldo. Fra poco egli consolerà le melanconiche ore dell'esiglio narrando i prodigi dell'impari lotta; fra poco incelando i morti la cui gloria, fugata la livida discordia, strinse i patrioti in un amplesso di speranze e di intenti, egli erigerà alla virtù dei difensori di Roma, ed a sé, un durevole monumento. (Bene).
Travolto nella grande caduta, cercò ed ebbe in Torino ricovero ospitale, e per quasi dieci anni studiando, insegnando, scrivendo campò con decoro. Né a me è dato ricordare, senza profonda commozione quei giorni, quell'esempio, il profugo che la nequizia della fortuna e degli uomini con viso e petto saldissimi affrontando, ne ammansò il furore, ed in paese pur dianzi sconosciuto si trasse dall'oscurità con buon nome.
Quando poi, sorto l'anno miracoloso, i patriotti non ricordarono delle antiche parti se non i sacrifizi per ognuna fatti alla gran madre e si dierono tutti la mano ed il vento della riscossa soffiò dalle Alpi sulla penisola, il Torre, col grado istesso di dieci anni prima, fu assieme ad altri egregi mandato in Toscana ai confini di Romagna, per descriverne ed ordinarne i volontari. Più tardi capo di Stato maggiore di coteste truppe attelate [sic] a difesa della Cattolica, indi direttore generale del materiale d'artiglieria e genio nell'Emilia e, dopo l'annessione, capo di divisione e direttore generale delle leve al Ministero della guerra, in ogni ufficio rese ottimi servigi, salendo tutti i gradi fino a quello di tenente generale.
Degni di menzione sovratutti i trentun anni nei quali presiedendo al reclutamento, malgrado che alcune provincie ne aborrissero ed altre vi fossero maleavezze e guaste per cattive leggi da mercimonii inquinate, egli seppe tener testa a qualunque pretensione o riguardo, tutti a ragione di diritto, non a libito di povertà o di casata sottomettendo. Rigido, in vista quasi duro, pure il suo cuore palpitava a tutti i sentimenti umani; ma la ruvida scorza, quasi corazza, eragli schermo affinché, cascasse il mondo, la inesorabile eguaglianza dei cittadini rimpetto al tributo del sangue penetrasse nella universale coscienza (Approvazioni). E tanto, mercé sua, vi mise radice, che in mezzo ai lamenti od alle querimonie mai un'ombra appannò, mai il sospetto imbrattò o snervò l'azienda. Grandemente benemerito per questo della milizia, che fu principio ed è sicurezza della patria, egli descrisse in numerosi volumi le vicende delle cerne e del numero dei soldati dal 1859 fino a questi giorni; pregevole, indaginosa raccolta che gli procacciò novella reputazione e dalla quale la storia attingerà quale salda mano avessero gli organatori, quale abnegazione i cittadini, di quanta gran mole sia stato il costituire l'esercito italiano. (Assai bene).
Ora che il soldato dell'indipendenza, il decorato di Vicenza, l'amministratore sagace ed incorrotto, lo scrittore culto e forbito, il deputato di sei legislature, il collega nostro dappoi nove anni è morto; ora il pensiero si volge mestamente indietro e ne rianda e commosso ne rammenta tutta la vita lunga di settantotto anni, senza che mai per un attimo solo disperasse o deviasse: serva del dovere, schiava della coscienza.
E l'animo sta turbato dall'affanno nel vederci ogni giorni a furia abbandonati da qualcuno dei precursori dell'Italia presente, e dei forti caratteri che ne furono la parte migliore e la fecero risorgere.
Falange che al timore non cedette, il tempo non mutò, i flagelli non vinsero; falange nella quale Federico Torre ebbe e serberà posto onoratissimo fino a quando il soffrire e l'operare per la patria siano onorati. (Benissimo, vive approvazioni generali).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 9 dicembre 1892.