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TOMMASINI Oreste

08 luglio 1844 - 09 dicembre 1919 Nominato il 04 marzo 1905 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi! Una nuova dolorosa perdita per il Senato. Ieri sera si spegneva in Roma il nostro illustre ed amato collega Oreste Tommasini. Il lutto del Senato per questa morte è anche grave lutto per gli studi di storia nazionale, nei quali il Tommasini lascia traccia non cancellabile. Nato da famiglia molto agiata nel 1844, in Roma, dedicò la giovinezza e l'ingegno agli studi più svariati di storia, di filologia classica ed orientale, di lingue straniere, di musica; così che, congiunta Roma all'Italia, anche per i viaggi compiuti e per le relazioni strette con i migliori dotti delle altre regioni, si trovò a partecipare e a promuovere egli stesso qui in Roma quel movimento di studi che fu uno dei primi segni del riscuotersi e rinsaldarsi della coscienza nazionale.
Il suo primo scritto fu il saggio Della storia medievale di Roma e dei suoi raccontatori più recenti, dove mostrò felicemente il confluire della civiltà antica nella medievale e di ognuno dei grandi storici stranieri di Roma mise acutamente in rilievo i caratteri e le tendenze. Con questo scritto si iniziarono le pubblicazioni della Società romana di storia patria, alla quale dedicò poi, sino all'ultimo, continue cure; come la storia medievale di questa città lo ebbe sempre fervido e dotto illustratore nelle sue leggende, nelle sue cronache, nei suoi tribuni. Ma già allora, nel 1880, attendeva a continuare e compiere l'opera su La vita e gli scritti di Nicolò Machiavelli, con cui, primo fra valentissimi studiosi italiani, aveva vinto nel 1876 il concorso bandito dal Comune di Firenze per uno scritto commemorativo del IV centenario del grande uomo di stato fiorentino. Il primo volume dell'opera - che uomini come Michele Amari e Atto Vannucci avevano giudicato insigne - uscì nel 1893; e da allora ben si può dire che il Tommasini raccogliesse negli studi intorno al Machiavelli tutte le sue forze e il seme degli altri suoi scritti. Così in quarant'anni di lavoro diede al paese non solo la biografia del Machiavelli - che già sarebbe stato un grande assunto per la congerie dei nuovi documenti da lui raccolti negli archivi e nelle biblioteche d'Italia e dell'estero - ma una profonda illustrazione del suo pensiero politico in relazione ai tempi, un ampio quadro della civiltà italiana del Rinascimento ed una storia molto significativa delle interpretazioni e adulterazioni della dottrina del Machiavelli nei secoli successivi in tutta l'Europa.
Dando alla luce" nell'anno solenne del giubileo della patria" nel 1911, i due ultimi volumi dell'opera, il Tommasini poteva ben additare nel suo libro le prove che il Machiavelli non fu solo fra i più grandi promotori della unità d'Italia, ma fu anche quegli che cercò di mettere il miglior fondamento a questa unità, risvegliando e rieducando agli italiani il pensiero; e in questa constatazione dichiarò il nostro collega di trovare tale conforto" da sentirsi quasi, nell'ultimo scorcio, rinvigorito il lume della vita". E infatti, pur con declinanti forze fisiche, ancora scrisse pagine piene di dottrina, commemorò colleghi dell'Accademia dei Lincei, preparò una nuova edizione della Storia dei musulmani in Sicilia di Michele Amari, uno dei suoi venerati maestri negli studi storici.
Tutta questa attività scientifica non lo allontanò dalla realtà e anzi meglio lo preparò agli uffici assunti, e sempre degnamente sostenuti, nella vita pubblica. Fu assessore al municipio di Roma per la pubblica istruzione e, particolarmente per l'educazione delle infanzie, introdusse nelle nostre scuole metodi didattici nuovi, frutto di meditazioni e di osservazioni nei suoi viaggi all'estero; cooperò a moltissime altre iniziative cittadine, specie a quelle miranti all'istruzione del popolo, essendo sempre per esse generosamente benefico del suo; diede illuminato consiglio a consessi e istituti scientifici, particolarmente all'Accademia dei Lincei e, per nostra designazione, al Consiglio superiore della pubblica istruzione.
Per il titolo di accademico linceo venne al Senato nel 1905; e fu uno dei più assidui alle sedute dell'Assemblea e al lavoro degli uffici. Riferì sulla riforma degli esami nelle scuole medie e sulla istituzione di una scuola dell'arte della medaglia in Roma; ma in nessuna, si può dire, delle grandi questioni interessanti la cultura nazionale e dibattutesi in quest'Aula mancò la sua parola: sulla riforma dell'istruzione primaria e al fine di elevare la capacità morale ed intellettuale del popolo; sulle necessità dell'insegnamento medio; sull'istituzione di nuove scuole in Roma che deve diventare (sono parole sue)" un centro sempre più grande di studi e di cultura e irradiare ancora luce per tutta la nazione"; sulla conservazione dei monumenti e delle memorie storiche; sull'insegnamento del canto corale inteso anche come strumento di civile educazione. Nobili cause, come si vede, e che non avrebbero potuto trovare un difensore più competente e convinto. Né il Senato deve dimenticare l'opera quotidiana, amorevolissima data dal Tommasini alla sovraintendenza della nostra biblioteca, la quale certo rammentava al suo animo gentile l'altro dei suoi grandi maestri ed iniziatori negli studi, il Vannucci che lo aveva preceduto nell'ufficio.
Egregi colleghi,
in uno dei suoi scritti giovanili il Tommasini si augurava che l'Italia, guadagnata la territoriale indipendenza e libertà, giungesse per il culto della sua propria storia a indipendenza di studi. Commemorando oggi, con vivissimo rimpianto, la sua nobile vita finita, noi possiamo attestare che egli contribuì validamente a tale affrancamento delle menti italiane, e che, come nella scienza, così in ogni altro campo, servì con devozione e con nobiltà la patria.
Vada dunque all'amato collega il mesto saluto del Senato ed alla famiglia l'espressione del nostro vivo rimpianto. (Approvazioni).
RUFFINI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
RUFFINI. Credo che incomba un dovere imprescindibile su chiunque in quest'Aula sia cultore di studi storici, di dire una parola in memoria di Oreste Tommasini. Certamente egli avrebbe meritato commemorazione ben più meditata e profonda di quella che sia consentita a chi ha appreso soltanto or ora la sua dipartita. Comunque, valga almeno l'intensità della commozione, valga la profondità del rimpianto, a rimediare in qualche modo all'insufficienza delle parole con cui sento di dovere rendere omaggio, in nome degli studi storici, a chi ne fu così insigne cultore. Il Tommasini consegui rinomanza per molte opere, di cui l'illustre Presidente ha fatto testé una compiuta rassegna; ma certamente il suo nome andrà ai posteri e passerà vittoriosamente oltre l'oblio del tempo essenzialmente per un'opera. Il Tommasini fu, si può dire, l'uomo di una sola opera; anzi, a voler precisare anche di più, egli fu l'uomo di una monografia. Ma quale monografia e su quale soggetto!
Il soggetto era né più né meno che Nicolò Machiavelli, e la monografia non soltanto rappresenta quello certamente che di più completo, di più diligente, di più penetrante la letteratura di qualsiasi paese possieda sopra il grande argomento; ma io non credo veramente di esagerare e di far torto a nessuno asserendo che, come monografia storica, quella del Tommasini non ne ha altra che la eguagli, nella letteratura italiana di questi ultimi anni, di questi ultimi decenni; perché la monografia del Tommasini sopra Nicolò Machiavelli costituisce veramente intorno a questa imponente figura, un'opera, dal suo punto di vista e per gli intendimenti che si era proposta, un'opera, dico, assolutamente definitiva.
Ora, non v'è tra di voi alcuno che abbia dimestichezza cogli studi, che abbia dato opera a qualsiasi ramo di scienza, il quale non sia in grado di apprezzare che cosa significhi il poter dire di un lavoro scientifico che esso è opera definitiva. È il più grande elogio che si possa farne. Si potrà dire: non mancavano certo all'Italia altre opere celebrate e insigni sopra il Machiavelli, e questo è vero, ma pur 'tuttavia l'opera del Tommasini si differenzia da tutte le altre. L'opera del Villari, che giustamente il collega Valli ricorda, volle essere e riuscì essenzialmente una biografìa; quella del Tommasini è invece un'analisi di tutto quanto il pensiero di Nicolò Machiavelli e una storia della sua fortuna nella cultura e nella vita europea dei secoli successivi: analisi e storia condotte col sussidio più completo di quante discipline sussidiarie, di quanti elementi confortatori delle sue indagini potesse fornirgli, non solo la scienza italiana, ma quella di tutte le altre nazioni.
L'apparato scientifico di questa monografia è semplicemente imponente. Si può dire con sicurezza che non v'è opera di qualunque lingua, non documento per quanto ampio, stampato o manoscritto, che si celasse in qualsiasi biblioteca, del quale il Tommasini non si sia con gran cura e pazienza procurata la piena conoscenza e non si sia valso per la sua opera.
Ma io qui da ultimo vorrei accennare ancora a un pensiero: non si tratta soltanto, in questo caso, di una monografia che abbia una grande portata scientifica, una grande significazione storica. Badiamo al soggetto: si tratta dell'analisi più completa del pensiero di Nicolò Machiavelli. Ora, nella nostra Assemblea politica, additare l'opera del Tommasini come la più completa analisi di questo pensiero, significa dire dell'opera, che essa non ha solo importanza storica e scientifica, ma anche politica e che fornisce alla scienza politica del nostro paese un sussidio di primissimo ordine. Come pensatore politico, quindi, non solo come scienziato, il nostro Tommasini meritava qui un particolare tributo di onore, che dall'altezza, dalla dignità e dalla nobiltà di questo consesso un umile cultore della scienza storica trae a rendergli, con sicura fede d'interpretare il pensiero di tutti gli storici italiani. (Approvazioni vivissime).
HORTIS. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
HORTIS. Onorevoli senatori, le ragioni che ha date l'illustre nostro senatore Ruffini della poca preparazione che abbiamo tutti di dire come si converrebbe del nostro Oreste Tommasini, quelle ragioni valgono anche più per me. Ciò che l'intelletto non può, possa almeno il cuore, e si comprenda dalle mie parole, commosse, quanta stima, quanta venerazione, quanta gratitudine io abbia verso quest'uomo insigne. Il senatore Ruffìni ha accennato alla grande opera di sul Machiavelli, io mi permetto di aggiungere che è gloria del Senato che due senatori così illustri, come il Villari ed il Tommasini, si siano occupati in maniera così degna di un uomo la cui fama trascende i limiti d'Italia e domina il mondo: dico di Nicolò Machiavelli. La mia modesta parola non si fa udire in quest'Aula che per un solo movente, quello dell'affetto, a cui si aggiunge l'essere io stato collega suo nell'Accadèmia dei Lincei e collega negli studi in cui tanto egli valse. Soltanto mi dolgo che la mia parola sia stata troppo povera ad illustrare un uomo benemerito quanto fu Oreste Tommasini. (Approvazioni).
LANCIANI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LANCIANI. Ho domandato la parola per associarmi alle espressioni di cordoglio manifestate dai due precedenti oratori per la morte, non inaspettata, ma sempre dolorosissima, del nostro collega Tommasini. I colleghi De Cupis, Guidi, Corsi, io, e quanti altri senatori romani siedono oggi in quest'Aula teniamo ad esprimere il nostro profondo dolore per tanta perdita del nostro illustre concittadino. Il Tommasini non solo si è occupato della grande opera tanto grandemente e giustamente lodata dal collega Ruffini, ma anche di altre opere minori che per alcuni di noi sono fondamentali, come il Diario di Stefano Infessura, che egli ha pubblicato con una copia di note eruditissime, il quale riesce di massima utilità per chi vuole studiare la storia o la topografia della Roma contemporanea. Noi abbiamo avuto la fortuna di aver il Tommasini collega in moltissimi uffici; e fu nostro collega per trentacinque anni nell'Accademia dei Lincei, per trentacinque anni nella Commissione archeologica comunale di Roma, nella Società romana di storia patria, il cui archivio deve a lui alcune delle migliori pubblicazioni; anzi, oso dire, che il primo volume di queste pubblicazioni, le quali hanno preso un posto cospicuo in tutte le biblioteche storiche, deve al Tommasini la, sua esistenza, L'abbiamo avuto compagno nel Consiglio comunale di Roma e in molte altre associazioni, accademie, assemblee le quali tutte tendevano al progresso della scienza e delle arti.
Il nostro defunto collega faceva una quantità grande di bene, senza che la mano destra sapesse nulla della sinistra; egli poteva naturalmente fare e non fare questi atti di carità, perché era dovizioso; ma non tutti i ricchi impiegano le loro sostanze come egli le impiegava.
Alla sua memoria vada dunque il saluto affettuoso di tutto il Senato, ma specialmente di quanti siamo qui suoi concittadini, che lo abbiamo avuto compagno per così lungo volgere di anni. (Approvazioni).
NITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Il Governo si associa alle parole pronunciate in ricordo ed in elogio del senatore Oresta Tommasini, di cui l'altezza dell'ingegno, la profondità della dottrina, la dignità della vita, rimarranno incancellabile ricordo nel Senato e in quanti lo conobbero. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 10 dicembre 1919.