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TOMMASI CRUDELI Corrado

31 gennaio 1834 - 30 maggio 1900 Nominato il 10 ottobre 1892 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Giuseppe Saracco, Presidente

Signori senatori,
[...]
Il giorno 30 dello scorso maggio segnò l'ultimo termine della vita di Corrado Tommasi-Crudeli. Egli era nato a Pieve Santo Stefano presso Arezzo, e morì in questa Roma nel sessantesimo sesto anno del viver suo.
Spirito colto ed acuto, per eccellenza eclettico, fu principalmente uomo di scienza, ma quegli che fosse chiamato a scriverne la vita, non durerà fatica a dimostrare, che servì nobilmente la patria come soldato, la illustrò nella carriera dell'insegnamento universitario, e si segnalò nell'arringo parlamentare, deputato prima, senatore del Regno di poi. Io ne dirò sol quanto le circostanze me lo consentono.
Quando all'aprirsi della guerra del 1859 la gioventù italiana abbandonava gli studi per correre in difesa della patria, un giovane medico che rispondeva al nome di Corrado Tommasi-Crudeli lasciava Berlino dove attendeva a perfezionarsi negli studi, e chiese di essere arruolato come tenente medico fra i cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi. Ma chiamato indi a poco per espressa volontà di Bettino Ricasoli, a riunire ed armare col Malenchini un corpo di volontari toscani, perché prendessero parte alla seconda spedizione di Marsala, corse anch'esso colà, dove si combatteva nel santo nome d'Italia, e nominato capitano medico mostrò di aver l'animo di soldato, poiché combattè a Milazzo con tale e tanta intrepidezza, che dopo la famosa giornata, nella quale aveva riportato una ferita alla gamba destra, fu chiamato a prendere, ed assunse di fatto il comando di un battaglione della divisione Cosenz, col grado di maggiore. Ferito un'altra volta alla testa al Faro di Messina, rimase tuttavia al suo posto di combattimento finchè durò la campagna, ma posate le armi, ed ottenuto quel maggior premio a cui potesse aspirare con la medaglia d'argento al valor militare per i fatti di Milazzo e di Gaeta, la scienza ripigliò immediatamente i suoi diritti sopra di lui, ed il valoroso soldato fece ritorno ai diletti studi, col grado di maggiore onorario del 77° di fanteria, del quale si era singolarmente compiaciuto.
Ed ora, o colleghi miei, prima che vi parli del professore e dello scienziato, concedete che io discorra brevissimamente di due momenti della vita di Corrado Tommasi-Crudeli, nei quali il soldato si mostrò particolarmente uomo di cuore e di tempra adamantina. Intendo parlare della nobile condotta che egli tenne a Palermo nel 1866, e dei servizi resi in quel tempo alla causa dell'ordine seriamente minacciato in quella città. Ma ben più preziosa e commendevole riuscì l'opera di lui al tempo del colera che funestò nello steso anno la città di Palermo, tanto che quel Municipio lo nominò cittadino onorario, ed il Governo lo rimeritò colle insegne di commendatore dell'Ordine mauriziano.
Parliamo adesso un altro po' del professore e dello scienziato. Correva il 1864, e già l'egregio uomo, appena trentenne, veniva nominato professore straordinario di istologia patologica nell'Istituto di Firenze; poi, nell'anno successivo, ottenne per concorso la cattedra di professore ordinario di anatomia patologica nell'ateneo di Palermo, dove insegnò fino al 1870, nel quale anno fu chiamato con molta avvedutezza a fondare e dirigere l'Istituto fisiologico e patologico della nuova università di Roma.
Con quel plauso e con quanto profitto della scolaresca il valente professore abbia ordinato e diretta la scuola di pubblica igiene che gli venne affidata, non è qui luogo a discorrere ampiamente, e perciò degnamente. Solo dirò, che fu generale il lamento, che giovane ancora, e tuttavia così provetto nella scienza, egli abbia creduto di abbandonare la carriera dell'insegnamento, nella quale lasciò vivo desiderio di sé e dell'opera sua.
Ma forse il demone della politica si era impadronito dell'animo suo. Chiamato a rappresentare il collegio di Cortona nella Camera dei deputati, caduto alle urne nel 1876, ma rieletto altre due volte dal collegio di Arezzo, il deputato si ritrasse dall'insegnamento per amore di indipendenza, e sì ancora perché gli parve che non si potesse degnamente attendere all'ufficio di Insegnante e nel tempo stesso prendere parte attiva ai lavori del Parlamento.
Ed invero, fino dal primo giorno, e poi sempre, il bravo Tommasi si mostrò assiduo ai lavori dell'alta Assemblea, dove gli si aprì il campo a dar prova del poderoso ingegno, e della vasta dottrina, che gli permetteva di affrontare i maggiori problemi che travagliano la moderna società. Però non rimangono di lui che pochi ma splendidi discorsi, in materia specialmente d'istruzione e di igiene pubblica che saranno lungamente ricordati come monumento di civile sapienza. Il tema della malaria nella campagna di Roma, che trattò maestrevolmente nei libri, formò più spesso il soggetto delle sue stupende orazioni, ma il migliore dei suoi discorsi fu giudicato quello, in cui l'illustre igienista caldeggiò per fini umanitari la riduzione della tassa sul sale.
Tuttavia, anche in mezzo ai lavori parlamentari, mai non dimenticò i suoi doveri verso la scienza. Del che fanno fede le importanti pubblicazioni venute in luce in diverso tempo, talune delle quali rimangono tradotte in lingue straniere. Manco a dire pertanto, che l'Accademia dei Lincei lo fece suo, e così fecero altri principali Istituti scientifici tanto esteri che nazionali, mentre veniva insignito della croce di cavaliere dell'Ordine civile di Savoia.
Con questi titoli d'onore e di civili benemerenze egli era entrato nel 1892 a far parte di questo Senato e come nell'esercizio delle sue nuove funzioni si fosse meritata la stima, l'affetto e la considerazione dei colleghi, che spesso pendevano dal suo labbro e lo vollero membro della Commissione permanente di finanze, non è mestieri che io dica. È ancor vivo il ricordo dell'affettuosa dimostrazione con la quale i suoi colleghi del Senato cercarono di lenirne i dolori, quando si sentì colpito da domestica, irreparabile sventura.
Ma oramai i giorni di questo valent'uomo erano numerati, e con la morte dell'adorata consorte si era spezzato il filo, già fragile, che lo teneva legato alla vita. Da assai tempo il nostro Tommasi non era più che l'immagine di se stesso, quantunque lo spirito fosse sempre alto, e nei colloqui coi fidati amici che gli abbellirono gli ultimi giorni della tribolata esistenza, malgrado le acute sofferenze del corpo, non cessò mai, fino a che gli rimase un soffio di vita di occuparsi con amore e colla fede del vecchio patriota, dei grandi interessi della patria italiana.
Inchiniamoci, o colleghi, davanti a questa bella figura d'uomo che non vedremo più su questa terra. Ma egli non è morto interamente, poiché vive e si manterrà vivo nei cuori degli amici e dei colleghi, ed il nome di Tommasi troverà nella storia di questi ultimi anni della vita italiana quel posto d'onore che gli spetta fra i benemeriti della scienza e del risorgimento nazionale. (Vive approvazioni).
MORDINI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MORDINI. L'illustre nostro Presidente ha con nobili ed eloquenti parole commemorato il defunto nostro collega senatore Corrado Tommasi-Crudeli, cittadino virtuoso, insigne scienziato, valoroso patriota che suggellò col sangue l'amor suo per l'unità della patria.
Io mi associo di tutto cuore alle parole dell'illustre nostro Presidente.
La mia mestizia è tanto più grande in questo momento, quando ripenso che con Corrado Tommasi-Crudeli altri tempi vedemmo, in altri tempi vivemmo, molto, ma molto dissimili dai presenti. (Benissimo, approvazioni).
[...]
BACCELLI, ministro della pubblica istruzione. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BACCELLI, ministro della pubblica istruzione. All'illustre Presidente del Senato, che sì alto disse di Corrado Tommasi-Crudeli, mi unisco coll'animo addolorato nel rimpianto; tanto più che nel corso della nostra vita ci sono state rivalità scientifiche tra me e questo insigne, di cui oggi deploriamo la perdita. Ed è bene che innanzi alla quiete del sepolcro anche coloro che ebbero con essi differenze di opinione, riconoscano il valore e la virtù degli estinti (Benissimo), come oggi io faccio con profonda commozione dell'animo mio. (Benissimo).
Fu soldato insigne, e non posso aggiungere parola alle lodi, che ne ha tessuto l'illustre uomo che presiede a questa alta Assemblea. Fu scienziato operoso. Egli non conobbe difficoltà. L'elasticità della sua mente fu tale, che passò dagli studi d'istologia e di anatomia patologica a quelli d'igiene, e dovunque lasciò l'orma del suo passaggio.
Alla memoria di lui, così eletto nel sapere, così nobile nell'operare, io nuovamente m'inchino, e credo che nella seconda sua vita possa essergli grato l'omaggio di chi, nella sua vita, non fu sempre a lui legato d'intima amicizia, e desidero che tutti sappiano quale fu la mia estimazione per lui e quali sentimenti egli lasci nel mio cuore. (Vive approvazioni).
[...]
GUARNIERI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GUARNIERI. A nome della città di Palermo, mi associo al lutto del senato per la perdita dell'egregio senatore Tommasi-Crudeli, per i servigi che egli ha resi alla mia città, della quale ebbe la cittadinanza onoraria. (Bene).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 19 giugno 1900.