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TOLOMEI Gian Paolo

10 dicembre 1814 - 09 maggio 1893 Nominato il 04 dicembre 1890 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Veneto

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! In brevissimi giorni la Parca ha reciso tra noi cinque vite.
La sera del nove di maggio moriva in Padova il senatore Gian Paolo Tolomei, che era nato a Loreggia il 10 dicembre 1814. Di poco varcati i venticinque anni, in età nella quale i più, in mezzo a difficoltà ed ostacoli d'ogni maniera cercano a tentoni la loro strada, egli, sebbene tuttora inteso alla pratica forense, la trovò schiusa d'un tratto ad onorevolissima meta.
Assistente alla cattedra giuridico-politica nell'ateneo stesso dove erasi addottorato e che vantava docenti famosi, al precoce salire lo avevano additato l'ingegno svegliato e la rara solerzia negli studi addimostrata. E gliene venne rapida rinomanza che crebbe ed alta si levò nei dieci e più lustri in cui professò or l'uno or l'altro ramo del diritto.
Mente perspicace, profonda dottrina, parola lucida e faconda lo collocarono fra gli eccellenti giuristi italiani: ne lasciò documento nelle lezioni e nei sapienti scritti, nell'opera prestata all'apparecchio legislativo del Regno, specie a quello del vigente Codice penale.
E quest'Assemblea ne ebbe pur essa un saggio, quando ascrittovi or volgono trenta mesi, lo udì con parola sempre vivace, forbita sempre, discorrere perspicuo sul Codice di procedura penale, sollecitandone più ampia riforma.
Lui fortunato a cui l'età grave permise fino a pochi mesi addietro di attendere con la maggiore diligenza ad ogni ufficio, non svigorito né infiacchito mai!
Eletto deputato appena la Venezia fu libera, non poté, a cagione della cattedra, sedere nella Camera.
Membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione e dell'Istituto veneto; socio di molte accademie; preside della Facoltà di giurisprudenza per cinque volte; per sette anni rettore dell'Università di Padova egli era uno de' celebri che ne impersonavano lo splendore antico, le tradizioni gloriose. Col netto sentimento di quel molto che va tollerato, colla sicura coscienza di ciò che dalla gioventù si debba fermamente esigere, i colleghi deferenti si adagiavano nella lunga esperienza e nel senno di lui, i discepoli rispettosi si piegavano, a lui volentieri ubbidivano. Nel suo fare benevolmente imperioso tutti ravvisavano un tutore amorevole, non un mentore arcigno.
Il lutto dei colleghi, dei suoi discepoli e le onoranze con che e gli uni e gli altri ed ogni ordine di cittadini ne accompagnò la bara, attestò quale saldo legame di affettuosi sensi spezzasse la morte. La quale noi pure con vivo cordoglio rimpiangiamo perché tolse al Senato un dotto ed onorando; alle scienze giuridiche un decoro; alla patria un vanto (Bene). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Canonico.
CANONICO. Stretto a Gian Paolo Tolomei da un'amicizia di 40 anni e da comunanza di studi, ho avuto agio di pregiarne intimamente il valore dell'ingegno, la nobiltà del cuore.
Come nel campo della scienza egli seppe seguirne lo svolgimento ed afferrarne con occhio sagace i nuovi punti di vista senza mai venir meno ai sani ed immutabili principî di essa, così, nel campo della vita sociale, egli sapeva conversare amabilmente con uomini delle opinioni le più disparate, senza mai venir meno alla saldezza del suo carattere, alla inalterata sua bontà.
Affettuoso con la famiglia, benevolo coi giovani, fedele alle amicizie, cordiale e serenamente festivo con tutti, molti ebbe amici: nemico, nessuno. [...]
Non è senza mestizia che, "Come d'autunno si levan le foglie" si veggon cadere a poco a poco, gli uomini dopo gli altri, i valentuomini della generazione che tramonta.
Ma questa mestizia è in me temperata dalla fiducia ch'io voglio avere nella generazione che sorge, alla quale si preparano pur troppo giorni di prove difficili; destinati forse ad un salutare e fecondo risveglio del vero spirito italiano, affinché seeo riviva della vita sua propria e manifesti con forti opere la sua grandezza.
In questa fiducia io mi auguro ai troppi frequenti tramonti succedano presto nuove e più fulgide aurore.
CAVALLETTO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Cavalletto.
CAVALLETTO. Coetaneo ed antico amico del benemerito senatore Tolomei, io sento il dovere ed il bisogno di associarmi allo splendido e veridico elogio, che di lui testé fece l'illustre nostro Presidente ed alle parole dell'onorandissimo collega Canonico che con molta competenza parò dei meriti scientifici e morali dell'amico perduto.
Io sento il dovere di esprimere tutto il cordoglio dell'anima mia per la perdita di un così caro e venerato amico.
Da oltre mezzo secolo egli dedicò tutta la sua vita con singolare costanza di studi e d i operosità alla scienza giuridica, al pubblico insegnamento di questa, al suo perfezionamento e agli uffici affidatigli dalla pubblica fiducia.
Dei molti fatti che onorano la sua vita, io mi limiterò a ricordarne due soli, cioè la memoria, sebbene giovanile, dottissima da esse dettata sulla abolizione della servitù del pensionatico, cioè del pascolo delle pecore montane che si esercitava nell'inverno in alcune provincie venete con danno dell'agricoltura.
Ricordo inoltre che or sono due anni, mentre compiva il cinquantesimo anniversario del suo insegnamento di scienza giuridica nell'Università di Padova, quell'Università volle con rito solenne e straordinari celebrare questo suo giubileo. Io lo ricordo in quel giorno modestamente felice degli onori che gli si tributavano e che aveva meritato, lo ricordo ancora nella pienezza della vigoria della vita che prometteva ancora di lui una operosità lunga e benefica. Ma la influenza morbosa che da qualche tempo infesta le nostre provincie lo colpì gravemente ed a questa si aggiunsero dolori domestici, principale quella della perdita dell'illustre suo figlio Antonio; la sua vigoria fisica ne fu rotta e gli ultimi anni di sua vita passò mestamente affranto dal morbo che doveva togliercelo per sempre.
Sempre ligio alla religione del dovere, egli, ripeto, consacrò tutta la sua vita alla scienza, all'insegnamento, al servizio dello Stato e della provincia nativa.
Affranto dal male egli dolorava di non poter venire nel Senato a prestarvi l'opera sua e temendo di apparire negligente di questo suo dovere, pregava che della sua assenza ne fosse data giustificazione. Esempio mobilissimo di scienziato, di insegnante, di cittadino, di patriota, mai dimentico del pubblico bene, la sua memoria vivrà sempre onorata nella riconoscenza dei presenti e dei posteri.
Come per gli altri colleghi, dei quali oggi deploriamo la perdita, io propongo che alla famiglia Tolomei, siano mandate le condoglianze del Senato per la perdita di così illustre e benemerito collega (Approvazioni). [...]
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Il Governo si associa al lutto del Senato e del paese per la morte degli uomini che oggi ha commemorato così eloquentemente l'illustre nostro Presidente.
La scienza ha fatto delle perdite gravissime, e ne ha fatto delle gravi la patria perdendo uomini che avevano efficacemente contribuito alla sua fondazione.
Il Governo si associa al voto del senatore Canonico che le generazione che verranno, siano degne di coloro, dei quali ogni giorno assistiamo dolorosamente al tramonto (Bene).
PRESIDENTE. Il senatore Cavalletto, come il Senato ha udito, propone che siano mandate le condoglianze alle famiglie dei senatori dei quali oggi si è fatta la commemorazione.
Pongo ai voti questa proposta.
Chi l'approva è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 17 maggio 1893.