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TAPARELLI D'AZEGLIO Massimo

24 ottobre 1798 - 15 gennaio 1866 Nominato il 20 ottobre 1853 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato e per la categoria 20 - Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Gabrio Casati, Presidente
Signori Senatori,
Radunati quest'oggi già v'aspettavate da me parole di mestissima ricordanza, penetrati come siete dalla sventura che ci percosse il 15 ora decorso, giacché ella è vera sventura l'avere perduto un illustre collega il cavaliere Massimo Taparelli d'Azeglio. Vorrei possedere eloquenza bastevole onde adeguatamente ricordare quanto egli operò e come operare seppe; ma se pure ciò mi fosse concesso mancherebbe il tempo, ché non breve sarebbe il discorso mio. Ma per questo non vo' ristarmi dal richiamare la memoria vostra almeno a ciò che più d'ogni altra cosa emerge nell'operato di questo molteplice e fecondo ingegno e che più all'uomo politico si riguarda, mentre politico si è l'incarico nostro.
L'Azeglio fu vero cittadino, fu vero italiano, fu sincero e schietto amante della patria; non lasciossi forviare dalla prepotente fantasia, mirò alla realtà; e ciò vuolsi attribuire all'impero che sapeva tenere sopra sé medesimo, mentre l'ingegno suo artistico pronunciavasi vivace ed immaginoso. Ella era cosa mirabile lo scorgere in lui accoppiato il freddo criterio politico colla viva immaginativa nelle arti, coll'arditezza dell'azione. Sentendo nel suo cuore ardente la fiamma di patrio affetto, vi dedicò l'illuminato ingegno suo, l'opera sua. E prima di tutto è suo gran merito l'avere potentemente cooperato a che venisse lo spirito degli Italiani su retta via indirizzato, abbandonando la malaugurata via delle sette e delle congiure. Richiamò gli animi de' suoi concittadini a congiungere le loro forze attive, intellettuali e morali non nelle tenebre dell'arcano, non sotto palliate forme, ma al cospetto di tutto il mondo, esplicando apertamente il concetto, sicché non più si avesse a giudicare il movimento nostro nulla meglio che il frutto di settarii sforzi, ma bensì l'aspirazione della grande generalità degli Italiani. Nemico alle sette che trasmutano il sentimento di amor patrio in quello di una consorteria, che imporre s'avvisano alla generalità idee preconcette, e si credono combattere pregiudizi fatte schiave di pregiudizi peggiori, né voglionsi da loro conoscere se non i propri adepti quali strumenti atti al bene, egli amava invece che ogni cittadino capace a portare la sua pietra al grande edificio fosse accolto, ed apprezzata venisse l'opera sua. E diede prova di tale sua avversione rifiutandosi ai segreti intrighi. E l'azione di lui svelata fu efficace. Procedette coll'esempio a propugnare gl'interessi d'Italia, e cogli scritti e cogli atti politici ed eziandio colle armi affrontò pericoli, combatté, riportò onorevole ferita. Ed allorché, tenendo il deposito della Sovrana fiducia, vide come mal concepiti pensieri di alcuni potevano spingere la patria nell'abisso, con calcolato ardimento seppe consigliare un atto politico che la mantenne salva. Fuvvi chi gli mosse acerba censura, ma noi che dopo diciassette anni ne possiamo con calma scorgere gli abbondanti frutti, diremo che l'Azeglio fu in quell'istante quasi ispirato nel suo concetto, sicuro nel suo operare, meritevole del plauso e della riconoscenza dei suoi concittadini. Estenuato in questi ultimi tempi dalle fatiche di laboriosi studi, non resse a tanto e le sue forze non corrisposero più all'attività del suo spirito. Questo però non venne meno di sua energia sino agli ultimi momenti ed il suo cuore palpitò sino all'estremo istante per la patria italiana. Colla tranquillità del cristiano che pone la sua fiducia in quel Dio che tutti consola, aspettava l'ora suprema dalla religione confortato; proferì commoventi parole non solo alle persone a lui più care che l'avvicinavano, ma bramò che pure ai lontani riportate fossero. La sua vita fu suggellata degnamente dalla sua morte, e non meno ammirabile fu questa quanto illustre fu quella. La memoria di Massimo Taparelli d'Azeglio sarà imperitura nella storia nostra; le arti, le lettere, le armi, la politica sopratutto conserveranno il suo nome iscritto sulle loro marmoree tavole, ed il nostro Consesso si recherà sempre a gloria lo avere posseduto fra i suoi colleghi uno de' più illustri fra i redentori d'Italia nostra.
L'Ufficio di Presidenza interprete dei sentimenti del Senato credette nominare una Deputazione fra i Senatori risiedenti a Torino perché assistessero ufficialmente a nome del nostro Consesso alle esequie del Senatore Massimo d'Azeglio; la Deputazione v'intervenne; e l'Ufficio di Presidenza spera avere da voi la sanzione dell'operato suo.
Senatore Capponi. Non voglio aggiungere parole inutili a quelle che ha pronunciato il nostro meritissimo
Presidente ad onore del nostro collega Massimo D'Azeglio, perché il dolore per la sua perdita è nel cuore di tutti.
Col dire questo io son certo di dire cose che tutto il Senato e il paese egualmente sentono. L'Italia amava da molti anni Massimo D'Azeglio, lo amava non solo quanto l'ingegno fa amare l'uomo, ma lo amava per la nobiltà della sua indole, per le cose fatte a pro di lei, e in lui le più utili, le più vere, le più forti venivano da questa sua nobile indole che era la sua qualità più bella.
Io credo pertanto che dopo il mesto accoglimento fatto alle parole or ora pronunciate, possa io domandare se non fosse conveniente aggiungervi qualche cosa; aggiungervi un fatto permanente.
Come i servigi resi all'Italia da Massimo D'Azeglio rimarranno duraturi, così mi pare che un monumento debba essergli innalzato nelle nostre sale dove l'esempio non è nuovo, e nelle quali da noi tutti verrà spesso ricordato il nome di lui. Oserei chiedere che un busto vi fosse quindi decretato nel nome del Senato.
Signori, abbiamo già una espressione della città di Torino, una bella, una splendida, una nobile espressione del comune dolore in quell'accompagnamento che gli fu fatto da tutti gli ordini della città, accompagnamento, dolore, lacrime di troppo di cerimonia. Come la città di Torino con questo fatto ha espresso pure i sentimenti di tutti Italia, così, io domando che il nostro Presidente esprima alla città stessa
il nostro partecipare a questi sentimenti per via d'una lettera, la quale annunzi la deliberazione presa per erigergli quel busto che io propongo.
Questa comunicazione poi vorrei venisse accompagnata da parole di condoglianza e insieme di gratulazione alla città stessa dove ebbe i natali un così nobile figlio.
Di amendue le cose faccio formale proposta al Senato colla fiducia che siano accolte.
Presidente. due proposizioni presenta il sig. Senatore Gino Capponi, la prima che si abbia ad erigere un busto all'illustre nostro collega da collocarsi nelle aule del Senato, la seconda che si partecipi questa decisione del Senato con sentimenti di condoglianza alla città di Torino per la perdita del suo concittadino, gratulandoci nel medesimo tempo (come ben disse lo stesso signor Senatore Capponi) che essa abbia dato i natali ad un cittadino così benemerito.
Io comincio dal mettere ai voti la prima proposta, salvo poi all'Ufficio di Presidenza di presentare in altra occasione più specificata il modo di esecuzione.
Chi è d'avviso che abbia a porsi in una delle sale del Senato un busto commemorativo del Senatore Massimo Taparelli d'Azeglio, si rizzi.
(Approvato all'unanimità)
Metto ai voti la seconda proposta, di scrivere cioè al Municipio di Torino nei termini testé espressi dal Senatore proponente.
Chi è di questo parere si alzi.
(Approvato all'unanimità)

Senato del Regno, Atti parlamentari, Discussioni, 22 gennaio 1866.