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TABARRINI Marco

30 agosto 1818 - 14 gennaio 1898 Nominato il 15 novembre 1871 per la categoria 15 - I consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzioni provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Luigi Cremona, Vicepresidente


Signori senatori! [...]
Marco Tabarrini nacque il 14 settembre 1818 da civile famiglia alle Pomarance, piccola terra in Val di Cecina.
Studiò lettere e filosofia nel collegio di Volterra e andò poi a Pisa per attendere agli studi giuridici in quell'Università, donde uscì dottore nel 1842. Dopo quattro anni di pratica legale fu ascritto al collegio degli avvocati di Firenze nel 1846. Però il suo ingegno si volgeva con predilezione alla storia ed alle lettere, siccome ben presto dimostrò con importanti articoli inseriti nella Guida dell'Educatore di Raffaele Lambruschini e nell'Archivio storico Italiano del Viesseux. Dagli studi storici e letterari è breve il passo a quelli politici: e il Tabarrini fin dal principio del 1847 si trovò in quella schiera d'uomini onesti e savii, che si aggruppavano intorno al venerando Gino Capponi, e che, tenaci nelle loro aspirazioni patriottiche, seppero imprimere al movimento liberale tale indirizzo che riuscì da ultimo all'annessione della Toscana al Piemonte, fondamento primo dell'unità nazionale.
Erano valorosi e patriottici scrittori, che si erano assunta un'attiva propaganda, senza macchinazioni settarie e senza cospirazioni, col proposito di ridestare la coscienza popolare e alimentar la fede nei nuovi destini d'Italia. Uno di essi fu il Tabarrini che collaborava al Contemporaneo di Roma e all'Italia fondata in Pisa dal Montanelli e dirigeva il Conciliatore di Firenze.
Scoppiata nel 1848 la guerra d'indipendenza, il Tabarrini lasciò la penna, impugnò il fucile e accorse volontario in Lombardia, dove ben presto ebbe il grado di capitano nel I° battaglione toscano. L'ingegno suo era ben conosciuto dagli eminenti uomini che dopo la promulgazione dello Statuto, ebbero in mano la somma delle cose in Toscana: epperò dal campo sotto Mantova egli fu chiamato dal Ridolfi ad esercitare l'ufficio di segretario al Ministero dell'interno, e poscia dal Capponi a fare da segretario al presidente del Consiglio dei ministri. Il Tabarrini adempì con onore all'uno e all'altro ufficio, sinché il Governo, caduto in altre mani, non discese in piazza: allora si dimise. Nelle seconde elezioni politiche del 1848, dopo le dimissioni del Ministero Capponi, fu eletto deputato del I° collegio di Firenze.
Nell'aprile del 1849, rovesciata la dittatura Guerrazzi, il Tabarrini ricevé dalla Commissione di Governo, nominata dal municipio di Firenze, l'alto incarico di reggere il Ministero della pubblica istruzione. Ed egli si accinse all'adempimento dell'arduo ufficio, ma dové prestò abbandonarlo quando fu consumata l'occupazione austriaca che invano il Capponi aveva tentato di stornare.
Le necessità di famiglia costrinsero il nostro e la mitezza del Governo restaurato consentì ch'egli accettasse l'ufficio di segretario generale del Consiglio di Stato, senza però mai disertare la causa liberale, stringendosi anzi vieppiù a coloro che serbavano fede nei destini di Italia. Quindi continuò ad essere e rimase sempre fido e pregiato amico di Gino Capponi, del Galeotti, del Salvagnoli, del Ricasoli, del Ridolfi, del Giusti, del Bianchi, del Peruzzi e di tanti altri eminenti cittadini. Venuti col 1859 i tempi sospirati e costituitasi la Toscana a Governo provvisorio sotto il barone Ricasoli, questi volle il Tabarrini con sé e fu opera del Nostro il nobile e patriottico Memorandum alle Potenze europee.
L'altezza della mente, la probità e l'integrità del carattere meritarono al Tabarrini le cariche più cospicue. Nel 1860 fu direttore della pubblica istruzione in Toscana e nel 1861 direttore della pubblica sicurezza; nel 1865 passò dal Consiglio di Stato toscano al nuovo del Regno d'Italia; nel 1882 salì al grado di presidente di sezione e nel 1891 a quella supremo di presidente generale.
Con regio decreto del 15 novembre 1871 fu elevato alla dignità di senatore e già nella sessione 1873-74 veniva eletto segretario dell'Ufficio di Presidenza e più volte riconfermato; e nominato vicepresidente nella sessione 1876 e poi di nuovo in quella 1886-87 ed in tutte le successive sino all'ultima 1895-97. Qui fra noi fu sin da principio e rimase sempre autorevolissimo per l'alta stima guadagnatasi colla nobiltà dell'ingegno e dell'animo. Fu relatore di molti importanti disegni di legge fra i quali basti ricordare quelli presentati dal Sella nella sessione 1871-72: spesa per un laboratorio di scienze sperimentali nell'Università di Roma; nuovi provvedimenti a favore di alcuni comuni danneggiati dalle inondazioni e da altri disastri; istituzione della casse di risparmio postali, ecc., e quelli dell'Onorevole Coppino: numero ed ordine dell'insegnamento delle scuole normali governative; miglioramento delle condizioni dei maestri elementari; obbligo della istruzione elementare; compimento della Facoltà filosofico-letteraria nell'Università di Pavia. Nessuno di noi può aver dimenticato i suoi magistrali indirizzi in risposta ai discorsi della Corona dalla sessione 1873-1874 a quella 1895-1897.
Nè il Tabarrini fu soltanto eminente cittadino, magistrato ed uomo politico, egli fu eziandio insigne ed illustre scrittore, uno dei puri e forbiti del suo tempo. Voci più competenti della mia vi potrebbero parlare delle sue pubblicazioni, perfette nel loro genere per forma e per sostanza. Io ricorderò soltanto il suo libro su Gino Capponi e i suoi Studi di critica storica, nei quali lasciò questo nobile precetto: "formare una generazione alla vera intelligenza della storia, vale, a mio avviso, infonderle senso di moralità, di dignità, coscienza del vero, amore al giusto".
Anche come cultore degli studi meritò i massimi onori: accademico dei Georgofili e della Crusca, membro dell'Accademia dei Lincei, cavaliere del merito civile, presidente del Consiglio degli Archivi di Stato, dell'Istituto storico italiano e della reale Deputazione toscana sopra gli studi di storia patria, ecc.
La morte di Marco Tabarrini, avvenuta in Roma il 14 gennaio, è lutto di tutta Italia e principalmente della sua Toscana, alla quale aveva consacrato il suo ingegno e la sua operosità e a pro' della quale s'era fatto promotore d'ogni cosa buona.
Nel nostro Senato la sua memoria vivrà lungamente cara ed onorata, poiché gli uomini di alto intelletto e di animo retto sono ornamento e forza delle istituzioni alle quali sono stati ascritti.(Vive approvazioni).
SAREDO. Domando la parola. [...]
PRESIDENTE. Il senatore Saredo Ha facoltà di parlare.
SAREDO. Il nostro illustre Presidente nella sua eloquente e completa commemorazione di Marco Tabarrini ha ben poco lasciato a dire sull'eminente collega che abbiamo perduto; mi sia però consentito di aggiungere qualche parola sull'uomo che è stato per quasi mezzo secolo lustro e decoro del Consiglio di Stato.
Entrato nel 1850 nel Consiglio di Stato della Toscana, egli vi portò un'azione efficace e cooperò alla sapiente giurisprudenza per la quale quel Consiglio, sotto istituzioni così avverse alla ragione dei tempi, seppe mantenere nell'interpretazione e nella applicazione delle leggi lo spirito liberale che rispondeva alle gloriose tradizioni della legislazione toscana.
Nel 1860 venne nominato consigliere di Stato in servizio ordinario al Consiglio di Stato ricostituito dal Governo provvisorio toscano, e nel 1865, riuniti i diversi Consigli supremi dei vari Stati in uno, Marco Tabarrini era naturalmente designato per farne parte.
I suoi pareri, eccellenti per la perspicuità della forma, per la sapienza della sostanza, rimasero da noi sempre considerati come vere regulae iurisper le questioni che in essi vennero risolte.
Nel 1882, chiamato alla presidenza della sezione di grazia e giustizia e dei lavori pubblici, vi impresse quel salutare e forte indirizzo, mantenutovi costantemente di poi, per il quale quella sezione poté rendere così grandi e segnalati servizi alla pubblica amministrazione, e soprattutto al pubblico erario.
Per la morte del compianto Carlo Cadorna venne eletto a presidente del Consiglio di Stato; e noi tutti, membri di questo Consiglio, lo rammentiamo assiduo al suo posto, moderatore delle discussioni delle assemblee generali, abile a formulare le questioni, scrupolosamente rispettoso della libertà della parola per tutti; egli sapeva valersi della sola autorità sua di giureconsulto e di amministratore per ottenere che prevalessero i principî grazie ai quali la giurisprudenza del Consiglio di Stato a sezioni riunite fu sempre circondata da quel prestigio che, giova sperare, non verrà mai a cessare.
Quale sia stato l'uomo nei suoi rapporti con i colleghi, con i funzionari, lo ha detto il lutto vivo e profondo con cui venne accolta la notizia della sua morte così crudelmente inattesa.
Egli non è più. Ma a noi del Consiglio di Stato che sentiamo quanto sia difficile a colmare il vuoto che ci ha lasciato, non rimane miglior conforto che di seguire i suoi esempi e di considerare il suo nome come un glorioso patrimonio del nostro consesso. (Approvazioni). [...]
BARSANTI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
BARSANTI. Onorevoli colleghi. A me toscano, educato a quella scuola che ebbe Marco Tabarrini fra i suoi maestri più amati e più autorevoli, sia concesso di associare la modesta mia voce a quella ben più degna dell'onorevole nostro Presidente e del mio amico il senatore Saredo, e farmi interprete dell'universale rimpianto per una perdita tanto dolorosa e irreparabile.
Marco Tabarrini visse una vita non breve per gli anni, troppo breve pei nostri voti sempre consacrata al culto del bello, del buono, del vero, del giusto. Uomo, egli ha lasciato traccie indelebili delle sue virtù nell'educazione della famiglia. Scrittore, seppe indirizzare a intendimenti altamente civili le lettere che sono tanta parte dell'unità nazionale.
Cittadino, nei suoi anni giovani, dette il suo braccio alla conquista dell'indipendenza e negli anni maturi il suo senno alla consolidazione delle istituzioni nazionali. Magistrato, dalle umili cariche fino alle più alte dello stato, seppe sempre mostrare che la giustizia è il fondamento dei regni. Il miglior modo di onorare la memoria di tanto uomo è quello di augurare alla nostra patria cittadini che sappiano, come Marco Tabarrini, finché vivono, essere circondati dall'universale rispetto, e, quando sono morti, lascino come Marco Tabarrini, tanta larga eredità di affetti e di esempi. (Benissimo). [...]
SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Sprovieri.
SPROVIERI. [...]
Mi si permetta ancora di proporre che si mandino le condoglianze del Senato alle famiglie di tutti i nostri colleghi defunti.
Quello che più addolora l'animo mio si è il pensiero che trentasette nostri colleghi sono spariti in meno di un anno dalla scena del mondo! (Benissimo). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor ministro della guerra.
DI SAN MARZANO, ministro della guerra. Dopo il discorso del presidente e quelli degli onorevoli senatori che mi hanno preceduto, io certamente non avrei da aggiungere parola, per elogiare i senatori che la morte ha rapito; però ho il dovere di dire al Senato che il Governo si associa alle condoglianze, al rimpianto di uomini che così immaturamente ci hanno lasciato.
La perdita del senatore Tabarrini lascia un gran vuoto nel Senato, ove per tanti anni fu parte sì importante, e lascia il Governo, privo di un consiglio e di un aiuto sul quale poteva in ogni evenienza, per quanto difficile, contare. [...]

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 18 gennaio 1898.