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SEVERI Giovanni

15 aprile 1843 - 10 febbraio 1915 Nominato il 04 marzo 1904 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! [...]
Simile a quella di Mario Martelli era la figura di Giovanni Severi: garibaldino, forense, deputato, notabile in città ed in provincia. In Arezzo nato il 15 aprile 1843, vi è morto il 10 febbraio. A soli 16 anni nel 1849 corse volontario nelle schiere di Garibaldi in Lombardia; nel 1860 combatté a Castel Pucci con grado di sottotenente; fu all'assedio di Capua ed alla battaglia del Volturno. Arrestato ad Aspromonte, dal 1862 al 1864 compì gli studi universitari e si laureò nelle leggi in Pisa. Nel 1866 riapparve capitano de' garibaldini nel Tirolo: non mancò a Mentana. Avvocato in Arezzo fu de' migliori penalisti. Alla Camera de' deputati entrò nel corso della XIV legislatura rappresentante di Arezzo, che gli continuò il mandato per altre cinque. Fu dei più attivi e vivaci di sua parte. Nominato senatore il 4 marzo 1904, lo avemmo non infrequente, quando assistito da salute, e più furono le occasioni di utilmente ascoltarlo. In Arezzo fu de' Consigli del Comune e della Provincia e di tutte le cose pubbliche partecipe e premuroso. Generale deferenza, somma fiducia gli proveniva dalla convinzione in ognuno della sua rettitudine, onde il miglior suo elogio nel compianto della morte. (Bene). [...]
SANDRELLI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANDRELLI. Onorevoli senatori. Ho domandato la parola non per aggiungere, ma soltanto per associarmi alla mesta commemorazione, con la quale l'illustre nostro Presidente ha tanto affettuosamente rievocato la maschia figura del compianto nostro collega, onorevole avvocato Giovanni Severi. La vita di Giovanni Severi fu vita di combattimento, di azione, di lavoro indefesso.
Fervente patriota della prima ora, egli accorse giovinetto, come bene ha ricordato il nostro Presidente, alle epiche battaglie, che ci dettero la libertà e la indipendenza nazionale.
Combatté con eroico ardimento nelle storiche giornate del Volturno e di Bezzecca, e nella campagna dell'agro romano del 1867. Combatté poi con uguale entusiasmo nell'agone del foro e del Parlamento; combatté sempre per tutte le cause, che erano e che egli reputava giuste, contro ogni prepotenza, contro ogni abuso, contro ogni costrizione di libertà.
Assetato di verità e di giustizia, onorò la toga, che tenne immacolata, che per lui fu segnacolo di alta missione civile. E dalla toga raccolse memorandi trionfi, allorché con le poderose sue arringhe forensi si rivelò avvocato principe, argomentatore formidabile, eloquentissimo oratore, spesso impetuoso, sempre efficace, insuperabile sempre.
Chiamato dal suffragio dei concittadini a sedere nei consessi amministrativi della città e della provincia e nei sodalizi e istituti paesani, autorevole presidente dell'Ordine degli avvocati, rappresentante politico del collegio di Arezzo per sei legislature, portò sempre negli uffici locali e in Parlamento la vigoria della dignitosa coscienza e netta, la saldezza di un animo sinceramente convinto e votato ai principî di democrazia, che informarono ogni pensiero, ogni atto della sua vita.
Da undici anni apparteneva al Senato del Regno, ai di cui lavori recò volenteroso quel maggior contributo che gli era consentito dai doveri professionali; e fra le importanti commissioni che lo ebbero membro autorevole, importantissima quella presieduta dall'illustre Gaspare Finali, alla quale fu commesso lo studio delle possibili riforme all'organismo del Senato. Anche nella incruenta palestra professionale, anche nelle discussioni delle assemblee legislative e dei corpi amministrativi, sempre alta vibrò la nota predominante del carattere indomito e fiero; ma sempre rifulse la correttezza degli intenti, l'ammirevole delicatezza, il disinteresse in lui pari, se non superiore, all'energia fattiva.
Tenace nella fede ai suoi ideali, costante assertore della tradizione garibaldina, animo rigido e leale, Giovanni Severi non conobbe transazioni, non seppe bassezze; sdegnò il lucro e il facile applauso; non volle onori, non mai ripiegò la sua bandiera.
Con la scomparsa di lui una grande fiaccola si è spenta; una gagliarda figura di patriota e di giurista, di oratore e di lavoratore, esula dalla scena del mondo, ma non muore nei nostri memori cuori.
Concittadino di Giovanni Severi, amico fido di lui dai giovani anni, io reco al Senato la eco del cordoglio della cittadinanza di Arezzo, che, senza distinzione di partito e di classe, accolse addolorata l'annunzio della sua morte e alla salma di lui tributò omaggio imponente per spontaneo, unanime plebiscito di affetto.
Propongo che il nostro illustre Presidente voglia esprimere le condoglianze del Senato ai figli desolati e alla famiglia dell'indimenticabile collega e alla città di Arezzo, che si onora avergli dato i natali.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 10 marzo 1915.