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SCIALOJA Vittorio

24 aprile 1856 - 19 novembre 1933 Nominato il 04 marzo 1904 per la categoria 19 - I membri ordinari del Consiglio superiore di istruzione pubblica dopo sette anni di esercizio provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazione
Luigi Federzoni, Presidente

Numerose e gravi perdite hanno dolorosamente colpito il Senato durante l'interruzione delle nostre sedute. Uomini di alto prestigio intellettuale, fra i più eminenti nella vita culturale della nazione, antichi e insigni parlamentari, nei quali l'autorità era eguale alla esperienza, benemeriti servitori dello Stato, patrioti di incorrotta esemplare fedeltà agli ideali, donde l'Italia nuova ha tratto le energie per la propria rigenerazione, hanno lasciato in quest'Aula ricordi e rimpianti che oggi incombono su noi con tanto più accorata mestizia per l'impossibilità di una degna rievocazione. [...]
Non pare possibile che qui non debba risuonare più la voce di Vittorio Scialoja, e che nei dibattiti sui massimi avvenimenti della politica italiana e internazionale non sia più da attendersi l'intervento di chi, unendo alla insondabile sapienza del legislatore e dello statista la penetrazione rivelatrice di uno spirito critico senza pari, possedeva la virtù d'una parola che era puro cristallo, vivida e aderente nell'espressione dei più sottili concetti, balenante di arguzie che illuminavano ogni problema, una parola che dava gioia, stimolo e nutrimento agli intelletti degli ascoltatori. Il nome e la presenza di lui erano gloria del Senato. Grande egli era stato su la cattedra che è quasi il simbolo della nostra tradizione di civiltà: quella di diritto romano in Roma. In cinquant'anni di insegnamento egli era stato il tipo compiuto del maestro, il rinnovatore degli studi giuridici italiani, al quale l'agilità enciclopedica della mente aveva consentito di coltivare ogni ramo del diritto, dal diritto romano al diritto aeronautico, dal diritto pubblico al diritto privato, dalla storia alla filosofia del diritto, come per una sorta di emulazione con se stesso. Schietta tempra latina, egli aveva saputo sempre convertire le questioni più difficili e astruse in pensiero lucido e avvincente, come aveva voluto che il diritto romano fosse, più che un insegnamento storico, una forza attuale e formativa. Perciò egli ha veramente creato una scuola, che perpetuerà con l'opera di Vittorio Scialoja il magistero del genio giuridico di nostra gente.
Questo napoletano nato a Torino, durante l'esilio del suo glorioso genitore, e vissuto per la maggiore e più laboriosa parte della sua esistenza a Roma in una atmosfera di ideale romanità, sentì fino allo spasimo la passione unitaria del risorgimento. Ci sembra ancora di udire il concitato appello con cui egli salutò qui il miracoloso risultato raggiunto dal capo del Governo fascista col riconoscimento della sovranità del Re d'Italia su Roma per parte della Santa Sede. Quel giorno la parola commossa di Vittorio Scialoja, piuttosto che commentare l'immenso fatto nuovo della Conciliazione fra lo Stato e la Chiesa, sembrò riecheggiare le speranze, gli ardimenti, le ansie della Torino degli emigrati e dei patrioti di tutta Italia, interpretando, col pathos del passato che si conchiudeva, il memorabile evento con cui Benito Mussolini aveva adempiuto il disegno e sciolto il voto di Camillo di Cavour.
Tale religioso amore della patria aveva guidato, attraverso le incertezze e le difficoltà di un'epoca immatura, l'azione di Vittorio Scialoja come uomo di governo. L'idea dello Stato signoreggiava il suo pensiero politico, retaggio della dottrina meridionale; e la sua attività legislativa lo attesta chiaramente. Era stato per la guerra, aveva capeggiato in Parlamento la lotta per la resistenza e per la vittoria. Chiamato al Ministero degli esteri, aveva fatto quanto aveva potuto per salvare il programma integrale delle aspirazioni nazionali, difendendolo disperatamente contro le avarizie straniere ma sopra tutto contro la scettica incomprensione del Gabinetto con cui si era trovato a collaborare. Era stato facile, allora, ai pertinaci sostenitori delle rivendicazioni italiane in Adriatico contrapporre all'indirizzo generale del Governo del tempo, che già affrettava le rinunzie, gli efficaci e degni documenti diplomatici con i quali Vittorio Scialoja ministro degli esteri aveva l'aria di polemizzare principalmente col Governo di cui faceva parte. Quella situazione, naturalmente, non si era potuta prolungare molto; e Vittorio Scialoja aveva lasciato il Governo, potendo almeno affermare di non aver nulla compromesso della posizione di diritto e di fatto dell'Italia di fronte all'Europa. Quale fosse, successivamente, l'azione di Vittorio Scialoja in qualità di capo, per tanti anni, della delegazione italiana a Ginevra, resta e resterà durevolmente nella memoria e nella riconoscenza di tutti. Ivi il suo magistero di giurista sommo cooperò con la sua eccezionale autorità politica a procurargli un posto preminente nel Consiglio e nell'Assemblea della Società delle Nazioni. Oggi può ben dirsi che egli compì, con la sua opera personale, uno sforzo formidabile per ottenere che la Società delle nazioni fosse capace di realizzare i propri obiettivi, e che più di una volta, per quanto era possibile in quelle condizioni a tutti note, egli conseguì successi che parvero, oltre che suoi, del consesso ginevrino. Ivi Vittorio Scialoja fu sopra tutto costantemente all'altezza della sua missione di rappresentante dell'Italia davanti al mondo.
Or è un anno i colleghi, gli innumerevoli discepoli, gli estimatori che erano moltitudine si raccolsero intorno a lui per onorarlo: fu una manifestazione indimenticabile di affetto. Ma quando in Campidoglio Vittorio Scialoja si alzò a parlare per ricevere il conferimento del supremo titolo di onore dovuto a lui, la cittadinanza di Roma, la parola già così caustica e incisiva tremò e ruppe in un singhiozzo. Era il presagio del distacco vicino; e noi sentimmo fin da quel momento la mestizia che oggi ci prende sapendo che Vittorio Scialoja non ritornerà più fra queste mura. [...]
a tutti gli altri colleghi che abbiamo perduto, si rivolgono il nostro pensiero memore e il nostro rimpianto.
MUSSOLINI, capo del Governo, primo ministro. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUSSOLINI, capo del Governo, primo ministro. Il Governo si associa alle nobili parole del Presidente e al cordoglio dell'Assemblea.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 dicembre 1933.