senato.it | archivio storico

SCHIAVONI CARISSIMO Nicola

14 marzo 1818 - 20 novembre 1904 Nominato il 07 giugno 1886 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Puglia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tancredi Canonico, Presidente

Signori senatori! Duolmi dover cominciare il mio ufficio dalle dolenti note.Ma pur troppo è ben raro che durante un periodo, anche non lungo, d'interruzione dei nostri lavori, non si abbiano a deplorare perdite dei nostri colleghi. [...]
La più recente perdita che il Senato ha fatto è quella del benemerito nostro collega, il senatore Nicola Schiavoni Carissimo, morto il 20 novembre testé scorso a Manduria, dove era nato il 14 marzo 1818: energica figura di patriota che l'Italia non potrà dimenticare.
Stretto in comunanza di aspirazioni con le anime più ardenti, egli principalmente contribuì a sollevare la popolazione leccese e ad impiantare, dopo il 15 maggio 1848, il Governo provvisorio presieduto dal Bonaventura Mazzarella. Dopo due anni di carcere durissimo, fu condannato a trent'anni di ferri. Dal bagno di Napoli al Carmine passò a quello di Procida, indi a quello orribile e malsano di Montefusco col Poerio, col Settembrini, col Pironti, con Nisco, con lo Spaventa, col Castromediano ed altri. I mali trattamenti e l'umidità di quella prigione gli cagionarono la perdita di un occhio. Trasferito nel bagno di Nisida, dopo che il Governo borbonico commutò ai condannati politici la pena dell'ergastolo in quella dell'esilio, lo Schiavoni fu tra coloro che vennero imbarcati per l'America. Ma, giunti a Cadice, si obbligò il capitano a cambiar rotta, e quegli esuli vennero sbarcati in Irlanda, donde si recarono in Inghilterra.
Accolti ivi con entusiasmo, ebbero agio di tornare in Italia e si fermarono a Torino, che si tenne onorata di ospitarli. Fu allora che ebbi la ventura di conoscere il Poerio.
Riunite le provincie meridionali al Regno italiano, il collegio di Manduria mandò il suo concittadino Schiavoni alla Camera dei deputati nella VIII legislatura: egli vi rientrò nella XV, ed il 7 giugno 1886 fu nominato senatore.
Né i lavori del Parlamento gl'impedirono di tenere nella sua città natale importanti uffici amministrativi.
Ogni volta che mi avvenne di parlare con lui, ho sempre ammirato nelle sue parole e nei suoi modi quella modesta e semplice schiettezza, la quale è propria di chi ha molto sofferto per una grande e nobile causa ed ha con ciò imparato che la realtà della vita sta, non nelle parole, ma nei fatti.
La veneranda figura di Nicola Schiavoni durerà come un sacro ricordo nel Senato, come nel cuore di tutti gl'italiani.
SERENA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SERENA. Sia lecito a me, pugliese, a me, amico devoto e affezionato di Nicola Schiavoni da oltre 30 anni, di aggiungere poche parole a quelle nobilissime con le quali il nostro illustre Presidente ha riassunto la vita di questo martire della tirannide borbonica, che è stato anche l'ultimo rappresentante in Senato di quei 66 condannati politici i quali da Ferdinando di Borbone destinati a lenta e sicula morte nella lontana America, fortunatamente e insperatamente ricuperarono la libertà sul suolo della libera Inghilterra.
Il nostro illustre Presidente ha ricordato i venerati nomi di Spaventa, di Settembrini, Poerio, Castromediano, Pironti, Pica, i quali dopo il 1860 fecero parte dei due rami del Parlamento italiano.
L'ultimo dei superstiti di quelle schiera gloriosa che oggi viene a mancare al paese e al Senato, è Nicola Schiavoni. Egli, o signori, fu rivoluzionario nel 1848 coi Borboni fedifraghi e spergiuri; ma fu uomo d'ordine, fu devoto alle libere istituzioni quando l'Italia si riunì tutta sotto la eroica dinastia alla cui lealtà sono oramai affidati i suoi destini.
Lo Schiavoni è morto ad 86 anni, ma il suo cuore era sempre giovine e non disperò mai dell'avvenire della patria.
Assistette, attore o spettatore, a quindici elezioni generali politiche e non perdette mai la fede in quelle libere istituzioni che dopo secoli di dolori ci assicurarono l'unità della patria (Approvazioni).
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. A nome del Governo mi associo al dolore del Senato per le perdite gravissime che ha subito durante questo periodo di chiusura dei suoi lavori.
Quando si pensa al tesoro di patriottismo, di sapienza e di valore che il paese ed il Senato hanno perduto con la scomparsa di questi uomini non si può a meno di essere compresi da un senso di profonda mestizia.
Io auguro che la nuova generazione possa darci uomini che per patriottismo, per valore e sapienza possano equivalere a quelli dei quali oggi piangiamo la perdita. (Bene).
Mi consenta il Senato una parola di speciale rimpianto per la perdita del senatore Ottolenghi che mi fu compagno di scuola, e che ebbi poi collega come ministro della guerra. Egli era un cuore nobilissimo, affezionato all'esercito come, forse, pochi uomini lo sono stati, e se avesse avuto anche maggiori occasioni di dimostrare il suo valore e l'altissima sua intelligenza certamente avrebbe saputo acquistarsi ancora maggiori benemerenze verso il paese.
Io mi associo al profondo dolore del Senato, e rinnovo l'augurio che la generazione che sorge, riempia questi vuoti che, disgraziatamente, si vanno continuamente facendo nel Senato e nel paese. (Vive approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 3 dicembre 1904.