senato.it | archivio storico

SARACCO Giuseppe

09 ottobre 1821 - 19 gennaio 1907 Nominato il 08 ottobre 1865 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tancredi Canonico, Presidente

Signori senatori! Anche questa volta, Senato chiuso, tombe aperte. Fra queste vi è quella del nostro venerando Presidente Giuseppe Saracco, spentosi a Bistagno il 19 gennaio 1907.
Il dire in modo adeguato, ancorché succinto, di quest'uomo eminente richiederebbe un tempo che non mi è consentito ed un valore che io non ho. Ma l'intera sua vita parla di lui; e noi tutti l'abbiamo presente. Mi limiterò quindi a brevissimi accenni.
Nato in Acqui il 9 ottobre 1821, il Saracco studiò legge ed esercitò alcun tempo l'avvocatura, dando fin dalla prima giovinezza lampi frequenti del suo acutissimo ingegno.
Si rivolse poi con ardore allo studio delle discipline economiche e finanziarie; e non tardò a prender posto fra i più valenti cultori di esse.
Entrato nel Parlamento subalpino fin dal 1849, vi sedette, come deputato di Acqui, fino a tutta l'ottava legislatura; e fu nominato senatore l'8 ottobre 1865.
Nella Camera elettiva, dopo la morte del conte di Cavour, egli si unì al Centro sinistro, cooperando col Rattazzi a formare il terzo partito. Attivissimo negli uffici, nelle commissioni, nelle pubbliche sedute, - relatore di leggi importanti - la sua parola (scritta o parlata) era sempre nitida, incisiva, efficace. Fu segretario generale (come allora si diceva) prima col Depretis ai lavori pubblici, poi col Sella alle finanze.
Uguale operosità egli spiegò sempre anche nella Camera vitalizia. Partecipava con calore a tutte le discussioni, specialmente in materia finanziaria. relatore del disegno di legge per l'abolizione del macinato, non vi si opponeva in modo assoluto; ma non voleva che l'abolizione di questa imposta venisse votata, finché con appositi provvedimenti non si fosse assicurato in altro modo l'equilibrio del bilancio. E saviamente ed efficacemente contribuì a ritardare l'approvazione di questo progetto di legge.
Ministro due volte dei lavori pubblici, prima col Depretis poi col Crispi, fu in seguito presidente del Consiglio nel 1900-1901.
Benché profondamente devoto alla monarchia, dopo la tragica fine del Re Umberto, egli, vecchio ottantenne, seppe resistere alla corrente reazionaria che in quei momenti avrebbe potuto, senza di lui, prevalere; conscio che tutti gli eccessi, da qualsiasi parte essi vengano, sono sempre dannosi, perché tutti sono contrari alla giustizia, nella quale soltanto è la vera libertà.
È da lui che partì l'iniziativa del bello e geniale progetto di acquistare la villa Borghese per cederla gratuitamente alla città di Roma, affinché - unita al Pincio ed aperta all'uso del pubblico - s'intitolasse al Re Umberto I, e di collocarvi una statua del Re buono, così barbaramente rapito alla nazione; non dico all'affetto di essa, perché la sua nobile e cara figura vive e vivrà perennemente nel cuore di ogni vero italiano. La proposta ebbe seguito; fu approvata con apposita legge sotto il Ministero Giolitti, e si stanno ora eseguendo i lavori; ma l'opera pietosa di porre la statua, il Re Vittorio Emanuele, con delicato pensiero, volle riserbata a sé.
Fu questo un gentile ed elevato concetto: Re e nazione che fan dono alla capitale del Regno di un grandioso passeggio, ornato di un monumento ben dovuto per onorare la memoria di un sovrano che tanto amava l'Italia e Roma: - italiani e stranieri, che non potranno passeggiare per quell'ampio giardino senza sentirsi in cuor loro commossi di gratitudine verso un Re sì profondamente compianto, - verso l'augusto suo successore, verso il Governo, il Parlamento, e l'Italia tutta quanta, così concordi nell'espressione del loro affetto e del loro culto per le sacre memorie della patria.
Il Saracco fu due volte vicepresidente e poi presidente del Senato, finché la salute glielo consentì. Ed è ammirabile come le assidue cure del Parlamento nulla togliessero all'operosità sua nelle cariche amministrative della sua natia provincia: essendo egli stato fino alla morte presidente del Consiglio provinciale di Alessandria, e per lunga serie di anni sindaco di Acqui, che gode tuttora i frutti della benefica opera sua; poiché egli assestò il bilancio di quel comune, miglioronne la viabilità, vi fece costruire un teatro, uno stabilimento balneario oltre la Bormida, vi fondò un collegio-convitto, e contribuì possentemente alla fondazione di una Banca popolare - per tacere di altre benemerenze.
Nella lunghissima sua carriera parlamentare e nei periodi della sua opera governativa, altri avrà potuto dissentire da lui sovra più di un punto, ma nessuno potrebbe rilevare nella sua condotta un atto men che corretto.
Amore sincero della patria, sentimento profondo della dignità di essa, carattere adamantino, rettitudine incontaminata, saldezza di convinzioni, tenacità di propositi, coraggio e persistenza nella lotta, acuta finezza di criterio, erano le doti che più lo distinguevano.
Spirito eminentemente critico, nessuno meglio di lui sapeva leggere fra le righe dei bilanci e rilevarne i lati deboli. L'abitudine della lotta, congiunta all'altezza dell'ingegno ed alla vivacità della sua natura, dava spesso alla sua parola l'arguzia frizzante, che talora sottilmente pungeva: ma, al disotto di ciò, vi era sempre la lealtà specchiata ed un cuore eccellente.
Ricordo con gratitudine che, appena fui chiamato a questo seggio, egli venne subito a vedermi e stringermi la mano, prevenendo la visita che io stava per fargli. Io andava di quando in quando a trovarlo, e sempre mi accoglieva con l'affetto il più cordiale, sensibilissimo com'era ad ogni dimostrazione d'amicizia, massime in un periodo in cui le condizioni della sua salute lo costringevano alla solitudine e all'inazione, rendendo angosciosa l'ultima fase della sua vita.
Giuseppe Saracco segna una bella pagina nella nostra storia parlamentare. Quest'uomo integro e saggio, di cui vivamente deploriamo la perdita, lascia nel Senato e nel paese un vuoto profondo.
A te, valoroso e diletto collega, il pubblico nostro tributo di superstite affetto: a' tuoi congiunti le vive nostre condoglianze. (Vive approvazioni).
Il Consiglio di Presidenza, seguendo la sua consuetudine, ha deliberato un busto in onore dell'onorevole Saracco: ed unanime propone al Senato che, in segno di lutto, si sospenda la seduta e vengano rimandate alla seduta di domani le altre commemorazioni e la trattazione degli oggetti posti all'ordine del giorno di quest'oggi. (Approvazioni).
Ha facoltà di parlare il ministro degli affari esteri.
TITTONI, ministro degli affari esteri. Se in tutta la nazione la morte di Giuseppe Saracco destò un sentimento profondo di riverente mestizia, è naturale che questo sentimento erompa più vivace e più solenne nel Senato del Regno.
Durante 42 anni la sua voce risuonò in quest'Aula ascoltata e rispettata; egli fu tra i senatori più operosi; egli era tra noi circondato dalla stima generale; egli tenne l'ufficio di nostro Presidente con autorità e dignità, come con autorità e dignità aveva tenuto la direzione suprema della cosa pubblica.
Vada pertanto il nostro saluto ed il nostro omaggio alla memoria dell'illustre veterano del Parlamento, che vide gli albori delle nostre libere istituzioni, che seguì lo svolgimento della meravigliosa epopea del risorgimento italiano, che fu cittadino integro, servitore fedele del suo Re, che in tutti i suoi atti ebbe guida costante il pensiero della patria.
In nome del Governo, di cui oggi fan parte anche dei ministri che Giuseppe Saracco ebbe pregiati ed affezionati collaboratori, io mi associo alla eloquente commemorazione del Presidente ed alle proposte che sono state presentate, per manifestare degnamente il lutto ed il cordoglio del Senato. (Benissimo).
PRESIDENTE. Pongo ai voti le proposte del Consiglio di Presidenza.
Chi le approva, voglia alzarsi.
Sono approvate all'unanimità.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 gennaio 1907.