SACCHI Gaetano
06 dicembre 1824 - 25 febbraio 1886 Nominato il 16 novembre 1876 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza LombardiaCommemorazione
Atti Parlamentari - Commemorazione
Giacomo Durando, Presidente
Signori senatori! Anche ieri la Presidenza del Senato venne contristata dal doloroso annunzio che mi tocca darvi oggi, che la sera del 25 febbraio or ora passata era mancato ai vivi, qui in Roma, un altro collega nostro, il generale Gaetano Sacchi.
Aveva appena varcato il dodicesimo lustro, giacché era nato in Pavia il 6 dicembre 1824. Era uno dei valorosi e rari superstiti delle patrie battaglie. Per amor di patria si fece esule da giovinetto e trasse a Montevideo a far parte della legione italiana che, duce Garibaldi, tanto illustrò l'Italia coi suoi fatti d'arme, e si distinse particolarmente nel combattimento di S. Antonio, riportandone il grado di capitano. Rimpatriato nel 1848, si fece soldato dell'indipendenza italiana, combattendo valorosamente per la libertà a Luino e poscia a Velletri e a Roma. Caduta la Repubblica romana riprese la via dell'esilio. Ma nel 1859 lo ritroviamo nuovamente nei Cacciatori delle Alpi col grado di maggiore e più tardi colonnello comandante di un reggimento di fanteria, comando che abbandonò per seguire il generale Garibaldi nella sua leggendaria impresa di Sicilia. Entrato nel 1862 nell'esercito regolare col grado di maggior generale, salì rapidamente per merito a quello di tenente generale, sostenendo comandi importanti fino a quello che esercitava attualmente di presidente del Comitato di fanteria e cavalleria.
Era senatore del Regno dal 1876 e adempiva ai doveri della carica con tutta l'assiduità compatibile colle alte missioni di cui era investito.
Di modi affabili e cortesi era circondato dall'affetto e dall'estimazione del Senato, dell'esercito e della cittadinanza che oggi ne rimpiangono amaramente la perdita.
PIERANTONI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
PIERANTONI. Poche per numero, brevi per durata, spesso tristi per gli eventi sono le sedute del Senato. Qui non di rado l'opera temprata del legislatore è preceduta dalla triste elegia del dolore. In tre giorni la patria ha perduto in Giovanni De Falco ed in Gaetano Sacchi due delle maggiori forze degli Stati: il giureconsulto di tempra romana che sapeva librare con ferma mano e retta coscienza la bilancia della giustizia, il valoroso ed antico soldato, che difese la libertà di due mondi, splendido esempio d'indomito valore. Ascoltai molte commemorazione dal giorno che qui venni e sempre io tacqui, perché penso che l'elogio dei forti spetti soltanto a quelli che egregie cose compirono; ma sulla tomba di Gaetano Sacchi il silenzio non mi è possibile; lo vince il pensiero di un intimo saluto.
Fanciullo, conobbi Gaetano Sacchi per le narrazioni di una storia gloriosa, che veniva dall'America, a scuotere la fibra della gioventù italiana oppressa da governi impossibili.
Gaetano Sacchi ci insegnava che un pugno di eroi era laggiù a difendere la libertà e l'indipendenza delle repubbliche latine, vi era a cancellare quella infame parola che un diplomatico disse al Congresso di Vienna: "Ma che cosa hanno fatto gli italiani per meritare qualche cosa che non sia il fatto della conquista?".
Alfiere ventenne nella battaglia di Sant'Antonio, dopo una lotta da giganti, fu portato a salvezza gravemente ferito, sull'omero dal generale Garibaldi. Lo vidi più tardi con gli occhi della mente sopra la nave La Speranza, vincere la infermità del corpo e correre quasi pazzo per la gioia abbracciando i commilitoni alla notizia che le libertà costituzionali erano state largite in Piemonte e che Carlo Alberto, magnanimo, indettava la guerra d'indipendenza allo straniero.
Il Sacchi ritornava con Giuseppe Garibaldi, che aveva cantato con il cuore pieno di'Italia: Io la vorrei distrutta,/ coi suoi palagi infranti,/ pria che vederla trepida/ sotto il baston del vandalo.
Lo udiste, signori senatori, dalla parola dell'egregio nostro Presidente quanto il Sacchi fu valoroso sui campi di battaglia di Lombardia e di Roma.
Io lo conobbi sulle sponde del Volturno, uno dei tanti magnanimi lombardi venuti a combattere la borbonica signoria; lo vidi tra quella valorosa gioventù di Pavia, a cui molto si deve della vittoria, che prese il nome dal Volturno.
Poi lo ebbi comandante dalle sponde del Po a Borgoforte, Cismons, Primolano, Borgo e Levico, tra le prese gole del Tirolo, esempio impareggiabile di energia e di valore.
Qui nel Senato lo ritrovai e l'ebbi sempre amico cortese, memore di quella salda amicizia che si stringe tra le fortune del campo.
Bellissimo della persona, forte, gagliardo, era la prova del detto di Alfieri che: "la pianta uomo nasce robusta in Italia".
Benché il dolore dell'antica ferita lo crucciasse sovente, sognava nuovi ardimenti per la patria. Pochi giorni prima di ammalarsi egli mi diceva che aveva sperato di condurre coloni italiani sulle terre di Africa; e ricordava le legioni romane, che quando tornavano sudati dalle fatiche, passavano a guado il Tevere, senza paure dell'inclemenza del bagno e che correvano il mondo senza temere i raggi scottanti del sole.
Ora l'uomo in Gaetano Sacchi non è più; ma gli eroi non muoiono: la morte per essi è l'apoteosi. E certamente la gloria di Gaetano Sacchi sarà commemorata con storica celebrazione dai popoli riconoscenti delle Americhe.
Se, come disse il Foscolo: A egregie cose il forte animo accendono/ l'urne dei fortiun insegnamento dobbiamo raccogliere da tanta sventure: che ciascuno continui, sentinella vigile del dovere, a custodire la grandezza della patria. Terminando, espongo un voto al Senato: che voglia suo tempo ordinare che queste maestose figure, che ogni giorno lasciano la scena della vita, siano salvate dall'oblio per mano dello scultore e restino insieme agli altri busti collocate nelle sale del Senato a darci fede nei giorni dello sconforto, perché dal freddo marmo lavorato dall'artista emana spesso più calore che non dal guadare certi spettri viventi.
MEZZACAPO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
MEZZACAPO. Sento il dovere di prendere la parole per commemorare la perdita di Gaetano Sacchi, che oltre d'essermi stato collega come senatore, me lo fu pure come generale dell'esercito.
Verso di lui ho poi un dovere ben maggiore, un dovere di gratitudine per le nobili parole che egli pronunziava l'anno scorso in quest'Aula, per una circostanza dolorosa per tutti, dolorosissima per me.
Gaetano Sacchi fu patriotta e soldato a tutta prova. Dovunque vi fu da sostenere l'onore, la libertà e l'indipendenza d'Italia egli accorse.
Lo vedemmo quindicenne in America a far mostra del valore italiano, con quella schiera di prodi guidata da un illustre capitano, che fu poi uno dei principali fattori d'Italia.
Guerreggio in seguito nella nostra penisola e lo vedemmo il Lombardia, a Roma, in Sicilia, da prima coi corpi volontari, di poi nell'esercito, dove salì ai maggiori onori.
Gaetano Sacchi fu sempre ligio ai suoi dovere, e noi vedemmo con quanta assiduità sedesse in quest'Aula, sue quei banchi ora deserti della sua maschia figura.
Con lui si assottiglia ognor più quella schiera di uomini, resa ormai ben piccola, i quali contribuirono a formare l'Italia.
Accompagni la memoria di Gaetano Sacchi il compianto di tutti noi, del paese e dell'esercito.
RICOTTI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
RICOTTI, ministro della guerra. A nome del Governo mi associo alle nobili parole pronunziate in memoria dell'illustre generale Sacchi così dall'onorevole Presidente, come da alcuni altri senatori.
La morte del generale Sacchi fu certamente dolorosa per tutto il paese; ma lo fu più particolarmente per l'esercito, di cui era una vera illustrazione.
Fra le grandi qualità di cui era fornito il generale Sacchi, primeggiava il valore militare.
Egli, fin da giovanissimo, combatté con vera gloria militare nell'America del sud, e quindi non mancò a nessuno dei combattimenti che ebbero luogo per l'indipendenza d'Italia, e sempre diede prova di un valore veramente singolarissimo.
Io, quale collega dell'illustre estinto e quale ministro della guerra, debbo attestare e tributare alla memoria del generale Sacchi la grande stima che tutto l'esercito aveva per esso, e non dubito che imperitura resterà la memoria di un così nobile carattere e di così valoroso soldato (Benissimo, bravo).
CENCELLI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
CENCELLI. Se l'animo mio fu commosso ieri l'altro per la perdita dell'illustre patriota e giureconsulto Giovanni De Falco, lo è molto di più oggi in occasione della commemorazione di Gaetano Sacchi, il quale per antiche memorie e per giornaliera consuetudine di tanti anni di vederci e trattenerci insieme in queste sale, era addivenuto più che collega, affettuoso e sincerissimo amico; e perciò il Senato mi permetterà di aggiungere brevissime parole alle splendide già pronunziate dal nostro eccellentissimo Presidente e dagli oratori che hanno preso la parola prima di me.
Mi limiterò a commemorare le doti dell'illustre e compianto amico e collega senatore Sacchi, ricordando la parte tanto gloriosa da esso presa nella lotta ineguale della difesa di Roma nel 1849, contro un prode esercito straniero che era di fronte a noi, di numero e di potenza estremamente superiore, e che da mesi assediava la nostra città.
Gaetano Sacchi, giovane, baldo, coraggioso, dispregiatore del pericolo e della morte, amico dell'eroe Garibaldi e dell'illustre Medici, nella prospera e nell'avversa fortuna, prese parte a tutte le fazioni di guerra che si svolsero nell'Agro romano nel 1849, o a Palestrina, o a Velletri, o a Roma.
Sul Gianicolo dove si concentrarono gli sforzi, e la potenza maggiore dell'esercito avversario, e dove infine si decisero, per quella circostanza, le sorti di Roma, io stesso personalmente incontrai più volte Gaetano Sacchi al Casino dei quattro venti, al Vascello, a Porta S. Pancrazio, ove da parte di Garibaldi veniva a portare, ed a ricevere i comandi della difesa interna ed esterna di Roma.
Giovane, ufficiale bellissimo, ardimentoso e coraggioso, in Trastevere era conosciuto sotto il nome di capitano biondo di Garibaldi. Fra i giovani ufficiali di cuore la simpatia si sviluppa sul campo di guerra, e di lui mi rimase nell'anima imperitura memoria.
Gaetano Sacchi accorse e combatté dovunque era maggiore il pericolo; combatté a piedi e a cavallo.
Era lui dove era Garibaldi, era lui dove scorrazzava la morte e faceva più vittime, era lui sulla breccia fatale di porta S. Pancrazio, e vi rimase finché da forze superiori gli sforzi inauditi dei difensori furono tutti sopraffatti, e si resero inutili.
Caduta Roma, Gaetano Sacchi partì con Garibaldi, e con quei pochi prodi i quali, dopo una lunga ed ostinata difesa, dovettero allontanarsi da questa città per non cadere nelle mani dei vincitori.
All'atto della partenza, nel silenzio doloroso di un popolo vinto, le mani s'intrecciarono in doloroso saluto, e fra queste certo non fu l'ultima quella di Gaetano Sacchi lasciando nel fondo dell'animo la giovanile speranza di un non lontano migliore avvenire, e nella sventura toccata, non ultimo il desiderio e la speranza di rivederlo un giorno nella Roma diletta; ma se speme di rivederci, nell'animo di Sacchi e nel mio rimase, né lui, né io pensammo, o contammo mai davvero, di entrare a far parte di questo illustre consesso nello stesso giorno, e sedere insieme su questi scanni da dove, io superstite, potessi indirizzargli oggi un saluto di affetto e di doloroso compianto.
Roma, che memoria eterna serberà di quei prodi che da ogni parte d'Italia, e da altre nazioni, avventurando, e molti perdendo la vita, vennero qui a sostenere la sua libertà, e l'onor suo, preparandole un grande avvenire, che ora la ritorna all'antica grandezza, piange oggi sulla tomba aperta di Gaetano Sacchi, un altro della eroica schiera che assottigliandosi ogni giorno è vicina a sparire; e per bocca mia mandandogli l'estremo addio, lo addita ai suoi figli come esempio, a che nella prospera, come nella avversa fortuna della patria redenta, sappiamo imitarlo nella fede della libertà, nell'amore e devozione alla patria ed al re, nel coraggio e nell'abnegazione per i sacrifizi (Bene, bravo).
Senato del Regno, Atti Parlamentari. Discussioni, 27 febbraio 1886.