senato.it | archivio storico

ROSADI Giovanni

09 settembre 1862 - 04 aprile 1925 Nominato il 18 settembre 1924 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Toscana

Commemorazione

 

Tommaso Tittoni, presidente

"PRESIDENTE. (Si alza e con lui si alzano i senatori ed i ministri).

Onorevoli colleghi,

Ancora una volta dobbiamo, nel raccoglimento del nostro dolore, piangere l'immatura scomparsa di un uomo eminente che da poco tempo annoveravamo tra noi.
La Parca inesorabile ha troncato il 4 aprile in Firenze la vita fervida di Giovanni Rosadi, dopo una lunga straziante infermità che gli impedì di prender parte ai nostri lavori. Con commozione rammentiamo che, sfidando le sofferenze fisiche che gli avevano consunto il corpo già sì aitante e robusto, volle venire a prestar giuramento.
Con la morte di Giovanni Rosadi è venuta a mancare una luminosa figura all'arringo forense, alle patrie lettere, alla vita politica e artistica della nazione. Spirito versatile e arguto, egli seppe emergere in ognuno dei molti campi in cui esplicò il nobile ingegno e la fervida attività.
Aveva avuto i natali in Lucca il 9 settembre 1862: addottoratosi giovanissimo in Pisa, si dedicò all'avvocatura in Firenze, assurgendo ben presto ad altissima fama di oratore e di penalista. Fu grande avvocato per innata passione, per dottrina, per virtù di parola, ed esercitò la professione con tanta nobiltà da farla veramente assurgere ad un sacerdozio: e dal processo penale, che pur gronda di tante lagrime e di tanto sangue, seppe trarre note profonde di umanità e di bellezza, seppe giungere con la sua parola in fondo ai cuori. Mirabile esempio di disinteresse, difese gratuitamente centinaia di poveri. In tutte le manifestazioni della sua vita, non il bene proprio egli ebbe presente, ma il bene degli altri, fossero i singoli, la società o la Nazione. Egli amò appassionatamente la sua Firenze che desiderò vedere sempre più bella e più florida e per cui combatté, in Consiglio comunale e in Parlamento, memorabili battaglie. E Firenze lo ripagò di pari amore e dal 1900, per sei legislature, lo volle suo rappresentante alla Camera, dove restò fino al 1924, ritirandosi allora spontaneamente dalla lotta politica per tanti anni nobilmente combattuta e ottenendo, in riconoscimento dei suoi meriti, la nomina a senatore, il 18 settembre scorso.
Fu assiduo ai lavori della Camera e parlò spesso, dando nuova prova del suo valore di forte ed equilibrato oratore. Ebbe ognora una visione lucida e pacata degli avvenimenti politici e lo spirito teso verso i supremi destini della nazione che, anche nei momenti più oscuri, guardò con fede sicura.
La sua indiscussa competenza in materia di arte e di coltura lo fece chiamare alla carica di sottosegretario alla pubblica istruzione nei due Ministeri Salandra dal marzo 1914 al giugno 1916, e poi all'antichità e belle arti, dal 1920 al 1922. Il suo animo italianissimo si rivelò anche in tali occasioni: era suo titolo di gloria aver partecipato al Gabinetto che aveva voluto la guerra redentrice e, come la sua attività si esplicò a sostenere l'assistenza civile e a cooperare alla difesa delle opere d'arte contro i pericoli bellici, così la sua parola d'incitamento, di conforto e di speranza risuonò nelle trincee insanguinate a rincorare gli spiriti, a portare ai soldati valorosi il saluto e il plauso della Patria. All'amministrazione delle antichità e belle arti portò il suo entusiasmo di umanista e di amatore dell'arte e molte belle cose operò e di altre, che non poté compiere per le vicende parlamentari, lasciò fervide iniziative: sopratutto per la tutela dei diritti d'autore, per la difesa del patrimonio artistico nazionale, per la rivendicazione della fama di eletti artisti ingiustamente obliati. Gesto di gentilezza, che vale da solo a dirci la nobiltà del suo animo, quello da lui compiuto allorché, ad onorare la memoria del Beato Angelico, volle che ardesse in perpetuo sulla tomba del grande pittore, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, una lampada quattrocentesca col giglio fiorentino.
Il vivido ingegno di lui non si limitò ai campi già ardui del foro, della politica, delle belle arti, ma lo spinse anche a lasciare orma più duratura in opere letterarie che attestano le sue nobili virtù di prosatore puro e garbato, il suo animo profondamente cristiano, il suo gusto squisito: egli scrisse anche, con successo, notevoli lavori drammatici.
Giovanni Rosadi fu una mente eletta, ma fu anche e sopratutto un nobilissimo cuore: predilesse tutto ciò che v'è nella vita di buono e di bello, e fu esempio costante di dignità e di elevatezza morale. La Patria, che egli idolatrava, ne piange amaramente l'immatura perdita. Alla sua memoria, che resterà perenne nei nostri cuori, inviamo un mesto reverente saluto; alla famiglia desolata, alla città nativa, ed a Firenze vadano le profonde condoglianze del Senato. (Benissimo). [...]
FEDERZONI, ministro dell'interno. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDERZONI, ministro dell'interno. Il Governo si associa con animo reverente alle parole che sono state degnamente qui dette in commemorazione dei due uomini così illustri. Il Governo rievoca gli altissimi servigi da loro resi alla patria ed alla cultura e consente nelle proposte che sono state fatte per onorarne la memoria (Bene)".

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 5 maggio 1925.