senato.it | archivio storico

RICOTTI MAGNANI Cesare

30 gennaio 1822 - 04 agosto 1917 Nominato il 04 dicembre 1890 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Ora il nostro pensiero pur troppo si deve volgere ai senatori che abbiamo perduto durante le vacanze. [...]
Una grande figura dell'esercito, un'alta autorità sopra le cose militari, è scomparsa; la vita di Cesare Magnani Ricotti, che, con vigoria meravigliosa aveva sorpassato l'età nonagenaria, si spense in Novara il 4 agosto. Nato in Borgo Lavezzaro di famiglia ed in terra novarese il 30 gennaio 1822; fatti gli studi per le armi con onore nella R. accademia di Torino; uscitone sottotenente di artiglieria; nel 1848, tenente, comandando una compagnia di Pontieri, diede le prime prove del suo strenuo valore all'assedio di Peschiera; ferito fu promosso capitano per merito di guerra. Nel disastro della polveriera di Borgo Dora in Torino, l'aprile 1852, soccorse il primo con i suoi soldati e fu premiato di medaglia. Comandando una batteria in Crimea, nella battaglia della Cernaia meritò menzione onorevole e fu promosso maggiore a scelta. Nella campagna del 1859, capo dello Stato maggiore di artiglieria, promosso tenente colonnello, contribuì talmente alla vittoria di S. Martino che gli fu conferita la Commenda dell'Ordine militare di Savoia e la Legion d'onore. Dopo quella campagna, diresse in Novara la Scuola Militare pe' volontari, ed i superstiti di quegli allievi, nel cinquantenario compiutosi il 16 ottobre 1909, offrirono al venerando veterano una pergamena artistica commemorativa. Maggior generale nell'ottobre 1860, fu l'anno dopo chiamato nel Ministero della guerra, direttore generale delle Armi speciali. Tenente generale nel 1864, fece la campagna del 1866 alla testa della 12ª divisione, che non ebbe a battersi, come ne ardeva il valoroso soldato. Novara, che andava altiera dei meriti militari del concittadino, e ne conosceva la mente retta, l'animo forte e l'austero carattere, volle aprirgli la via ai meriti politici; dandogli la rappresentanza parlamentare con voti rinnovati dalla XI alla XVI legislatura; onde fu venti anni alla Camera autorevole ed ascoltato nella sua competenza, ed acquistò l'alta reputazione, che lo fece salire tre volte al Consiglio della Corona. Reggeva la Guerra quando entrarono in Roma le truppe italiane. Superò la prima volta nel Governo le difficoltà e le lotte di un periodo di riordinamento e di riforma. Da lui emanarono: la legge sul reclutamento, con il servizio militare obbligatorio per tutti e la ferma più breve; la divisione dell'esercito in tre grandi riparti; milizia permanente, mobile, territoriale; e la sua ripartizione in venti divisioni; l'abolizione dei vecchi comandi militari di provincia, sostituiti dagli attuali distretti di reclutamento; il volontariato di un anno; l'istituzione degli alpini, ideata e propugnata da Giuseppe Perrucchetti.
Il 4 dicembre 1890 il Ricotti fu nominato senatore; lungamente appartenne alla nostra Commissione di finanze; e nelle relazioni, nelle discussioni, ci fu prezioso raccoglierne i lumi e l'esperienza nelle questioni militari. Il sovrano riconobbe i segnalati servizi resi da lui allo Stato ed i meriti suoi personali, fregiandolo del Gran collare dell'Ordine supremo della SS. Annunziata. Riposava, dopo i più alti comandi, con la medaglia mauriziana del merito militare di dieci lustri. Giunto il giorno degli onori estremi, ebbe quello del rappresentante del Re al funebre trasporto; ed un corteo figurante Governo, Parlamento, esercito, Provincia, Comune, tutta Novara, associazioni, circoli, istituti, popolo. A quel feretro torna oggi il pensiero del Senato, che rivolge ancora un addio al compianto collega così meritevole di durevole memoria. (Vive approvazioni). [...]
BAVA-BECCARIS. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BAVA-BECCARIS. A me, quale decano degli ufficiali generali presenti in questa Assemblea, incombe il dovere di esprimere il profondo cordoglio dei pochi superstiti delle prime guerre dell'indipendenza per la morte dell'illustre generale che fu a noi insigne maestro.
La sua scomparsa segnò un lutto per l'esercito, e per il Senato del quale fu una fulgida illustrazione: la memoria delle sue benemerenze rimarrà viva nella storia politica, militare d'Italia.
Il venerato nostro Presidente ci ha nobilmente, parlato dell'opera sua feconda nel campo militare, legislativo e politico: in una breve commemorazione improntata alla riverenza affettuosa per lui, che mi onorò della sua preziosa amicizia, mi limito a lumeggiare alcuni fatti particolari della sua carriera, e specialmente l'austerità e rettitudine adamantina del suo carattere.
Allorquando, settantadue anni or sono, io entrai all'Accademia militare, il nome dell'allievo Ricotti vi era ricordato con ammirazione per la valentia dimostrata negli studii matematici ed in altre materie affini. Invero, appena ebbe terminata la scuola d'applicazione, egli vi venne addetto come insegnante.
Nella guerra di Crimea, il giorno 15 agosto 1855, manovrando abilmente colla sua batteria, contribuì con efficacia al felice esito della battaglia della Cernaia, nella quale poche nostre truppe tenendo testa all'improvviso irruente attacco fatto sull'albeggiare dalla colonna centrale dell'esercito russo, diedero tempo ai nostri alleati di procedere ad un vigoroso decisivo contrattacco, secondato anche dal nostro.
Sul monte Asford, munito di una batteria di cannoni inglesi di grosso calibro, servita da cannonieri nostri, si poteva constatare l'effetto prodotto dai tiri ben diretti della batteria Ricotti.
Certo, in confronto delle battaglie moderne, quella appare come una piccola scaramuccia, ma non è meno vero che il valore di quelle poche truppe ci fece acquistare credito e simpatia presso gli alleati, e permise poi al conte di Cavour di impostare nel Congresso di Parigi la questione italiana. L'aureola di gloria che in quella guerra acquistò l'esercito piemontese, andò via via allargandosi nelle successive guerre dell'indipendenza, ed ora il valore sovrumano spiegato dai nostri soldati di ogni regione d'Italia, dal Sovrano che con essi divide fatiche e pericoli, la sapiente direzione del comandante supremo, l'abilità dei comandi in sottordine, fra i quali primeggia il duca d'Aosta hanno acquistato alla patria un patrimonio morale di gloria, che ad ogni costo dobbiamo conservare. (Vivissimi applausi).Io sento la voce del generale che dalla tomba ci ripete le parole di Cadorna: in quest'ora ogni debolezza è un tradimento.
Nella relazione officiale della battaglia di San Martino, il Ricotti vi è specialmente elogiato per l'abilità dimostrata quale capo di Stato maggiore della divisione Mollard.
Ministro della guerra a 48 anni, fu il vero organizzatore, dell'esercito nazionale; molti ritocchi furono in seguito portati all'ordinamento da lui ideato, ma non furono mutate le basi fondamentali.
Furono una sua creazione le truppe alpine: di queste i posteri leggeranno con meraviglia e con riconoscenza il racconto delle audaci imprese, la tenace resistenza ed il sagrificio di tanti umili caduti sulle aspre giogaie dei contestati confini.
In seguito alla così detta rivoluzione parlamentare del 1876, egli lasciava il Ministero della guerra che riassumeva otto anni dopo.
Coprendo io in quel tempo la carica di direttore generale di artiglieria, in contrasto talvolta colle sue idee, che ritenevo non più rispondenti ai progressi tecnici dell'arma, mi sentivo tuttavia sedotto dalla finezza persuasiva dei suoi ragionamenti, dalla chiarezza della mente, imperocché egli opinava che, non essendo possibile aumentare il bilancio, era necessario dedicarne la maggior parte all'arma principale, cioè la fanteria.
Sorvolando sui tanti particolari, è rimasto indelebile nell'animo mio il ricordo della rettitudine, dell'imparzialità, della benevola equanimità colla quale trattava le questioni attinenti al personale, della scrupolosa parsimonia, ritenuta pèrsine eccessiva, nell'impiego dei fondi. Il miglior controllore della spesa del Ministero era il ministro stesso.
Inaccessibile alle raccomandazioni ed a qualsiasi favoritismo, le considerava come un demerito per l'ufficiale che le provocava.
Cadde col Ministero dopo il doloroso incidente di Dogali ma risorse dopo Adua: in quei momenti di turbamento egli seppe far fronte alle momentanee difficoltà, dissipando inopportuni scoraggiamenti, difendendo virilmente in Parlamento l'onore dell'esercito dalle contumelie velenose e partigiane. (Applausi).
Onorevoli colleghi - non mi dilungherò di più - rivolgendo un mesto amorevole saluto alla memoria dell'amico e maestro, sento che il suo spirito emanerà sempre onde di luce e di fede nei destini gloriosi dell'esercito da lui tanto amato. (Vivissimi applausi; molte congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Bollati.
BOLLATI. Onorevoli colleghi! Concittadino del generale Ricotti Magnani solo tra i cittadini di Novara che abbia l'alto onore di appartenere a questo consesso di cui egli fu vanto ed ornamento per oltre un quarto di secolo, chiedo licenza di associare la modesta mia voce a quelle che qui commemorano l'illustre uomo di cui deploriamo la morte. Il nostro eccellentissimo Presidente con mirabile parola ha saputo, il venerando suo commilitone senatore Bava Beccaris ha già potuto, altri potranno ancora con maggiore autorità e competenza di me, rendere omaggio all'eminente matematico, all'insigne uomo di Governo, al valoroso soldato, al riordinatore dell'esercito nazionale, al creatore geniale di quella magnifica milizia degli alpini che oggi, in questa ora di supremo cimento, primi sempre fra i loro compagni di arme, si coprono di gloria laggiù fra le aspre balze della contrastata frontiera orientale, combattendo eroicamente per le rinnovantisi fortune d'Italia.
Per parte mia, vorrei soltanto dire che, se per l'altezza dell'ingegno, per la indefessa operosità, per la esemplare devozione alla patria, il generale Ricotti seppe assurgere ai più elevati gradi dell'esercito e della vita pubblica, se seppe meritarsi dai suoi Sovrani le più lusinghiere attestazioni di fiducia e le più eccelse ricompense a cui possa aspirare un italiano, se venne a buon diritto considerato come una delle più nobili figure di quella generazione che ebbe la ventura di preparare, di compiere e di mantenere il risorgimento d'Italia, per Novara egli era una gloria cittadina.
Non era nato in città, bensì in una borgata vicina; ma novarese di origine, di fortuna, di residenza era la famiglia sua una delle più stimate della città, e della quale era tradizionale il patriottismo. Un fratello suo, premortogli da anni, fu per parecchio tempo a capo del municipio, che guidò con mano salda e con senno ed energia in circostanze particolarmente difficili; e delle stesse doti dié prova un suo nipote, tuttora vivente, nelle diverse amministrazioni cittadine cui prestò l'opera sua; ed era pure nipote suo un altro novarese, che lasciò un nome onorato nei fasti dell'esercito italiano, il generale Baldassare Orero.
Il generale Ricotti rappresentò il mandamento di Novara nel Consiglio della provincia, rappresentò per cinque legislature con lustro e decoro, il collegio elettorale di Novara nella Camera dei deputati. Per le vicissitudini della sua vita, egli non aveva a Novara stabile dimora, ma pur vi veniva di frequente per rivedere la famiglia egli amici, ed i Novaresi ben conoscevano ed apprezzavano in lui quella singolare fermezza di carattere e quella tenacia talora un po' rude di propositi, che, se nella carriera militare e politica gli procurarono qualche avversario, gli valsero però la stima e il rispetto di tutti. E quando il declinare degli anni più non gli permise di recarsi a Roma per frequentare quelle Aule dove era ospite assiduo,autorevole e gradito, ed egli si ritrasse ad onorato riposo dopo una lunga vita tutta spesa al servizio del suo Re e del suo paese, fu a Novara che volle finire serenamente i suoi giorni,circondato dall'affetto dei suoi cari, dalla riverenza e dalla venerazione di tutta la città che era fiera di lui come del più illustre dei suoi figli. La sua morte fu per Novara come un lutto di famiglia. Ed il nome del generale Ricotti Magnani perennemente vi rimarrà quale ricordo, esempio e ammaestramento di alte virtù dell'animo e dell'intelletto, di costante operoso amore di patria, di austero sentimento di dovere.
Mi permetto di proporre che il Senato voglia esprimere le sue condoglianze alla famiglia del senatore Ricotti ed alla città di Novara per la perdita del grande suo cittadino. (Vivissime approvazioni).
PEDOTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDOTTI. Signori senatori. Da parecchi anni non lo vedevamo più fra di noi, come per l'addietro, sollecito ed assiduo come soleva essere ad ogni ripresa dei nostri lavori.
Eppure quando da Novara pervenne il triste annunzio che egli più non era, penosa assai ne è stata fra di noi l'impressione, più che di consueto non accade quando qui giunge (ciò che purtroppo avviene con soverchia frequenza) sempre dolorosa la notizia del trapasso di altri sian pure fra i più stimati membri di questa alta Assemblea.
Ma noi, signori senatori, possiamo darci facilmente ragione della forte eco che qui dentro ha avuto la morte del generale Ricotti che richiamiamo alla mente come per molti e molti anni egli sia stato di questo consesso vorrei dire pars magna,e per certo apprezzatissimo, assai influente membro.
Reputato, competentissimo in questioni militari - egli che più a lungo che altri mai aveva coperto la carica di ministro della guerra - per quasi nove anni in due riprese, a far tempo dal settembre 1870 - e l'aveva tenuta durante quel periodo in cui inostri ordinamenti militari ebbero a subire radicali e studiate riforme e notevoli miglioramenti, il generale Ricotti aveva per tempo acquistato qui dentro un vero notevole ascendente, che a lungo durò, come difficilmente è ad altri senatori accaduto. E poiché il Senato italiano ha sempre avuto tra i suoi maggiori meriti quello di altamente interessarsi per il migliore assetto militare della patria, riesce facile intendere come il Ricotti, uomo dal forte e rigido volere, freddo, preciso, acuto ragionatore, da valente matematico che egli era - e che a tutte le questioni militari specialmente e sempre sì interessava - riuscisse a godere qui della più grande estimazione, ad avere largo seguito, a contare fra le maggiori e più ascoltate personalità dell'Assemblea.
E ciò anche quando il Senato si onorava di avere nelle sue file uomini quali i generali fratelli Mezzacapo, i generali Bertolè-Viale e Ferrero, i generali Pianell, Cosenz, Primerano, non sempre o non tutti ed in tutto con lui consenzienti ed in accordo.
Per certo il generale Ricotti fu uomo di alto valore e fu meritevole di tutta la considerazione in cui il Senato sempre lo tenne. La sua eloquenza, che non cercava i lenocinî della forma era a base di ragionamenti rigorosi, semplici, generalmente fondati su cifre e numeri che egli maneggiava con singolare maestria.
Che se una pecca egli ebbe, quella fu che l'atteggiamento della sua mente, prevalentemente analitica, lo traeva ad essere anzichenò scettico intorno al valore degli elementi morali, che secondo lui non dovevano in massima prevalere sui dati ed elementi concreti e quantitativi.
Il suo eletto ingegno, accompagnato al forte carattere e alla robusta fibra fisica, non meno che alla sicura coscienza di se stesso, lo aveva tratto talora, come ministro, ad agire autoritariamente; ma ciò gli aveva accresciuto valore e credito, e però qui in Senato egli era tenuto fra i più autorevoli.
Del credito di cui egli godeva fu anche chiara manifestazione e prova l'incarico che nel 1896, dopo la triste, dolorosa, ma non ingloriosa, giornata d'Adua, a lui veniva dalla Corona affidato di comporre e presiedere il nuovo Gabinetto - Presidenza che poi effettivamente veniva da lui lasciata al marchese Di Rudinì, tenendosi egli pago di riassumere per pochi mesi quel portafoglio della guerra che già aveva per tanti anni prima così autorevolmente tenuto.
Viene ricordata ed a ragione come uno dei suoi meriti quale ministro, la istituzione degli Alpini. Ideata e studiata dal compianto nostro collega il generale Perrucchetti, quando era ancora giovine capitano di Stato maggiore, questa istituzione ebbe infatti la fortuna di trovare nel generale Ricotti il ministro dalla mente perspicace e lungi veggente che la felice idea del Perrucchetti accolse ed attuò, E quello che oggi sono e fanno i nostri Alpini, il mondo ammirando vede!
E dunque la morte di uno dei suoi maggiori uomini che il Senato oggi commemora, ed alla cui memoria manda commosso e riverente l'estremo vale!
Io sento di aver parlato anche in nome dei numerosi colleghi dell'esercito che sono qui dentro e che ricordano di averlo lungamente avuto per loro venerato e altamente rispettato superiore. (Approvazioni).
Domando di associarmi alla proposta del senatore Bollati che siano fatte pervenire alla famiglia ed alla città di Novara le condoglianze del Senato.
Ed altra proposta mi permetto di presentarvi, onorevoli senatori, alla quale un notevole numero di colleghi già aderiscono, e cioè quella che in segno di alta onoranza si deliberi che la memoria del compianto generale Cesare Ricotti Magnani sia tramandata col porre in una delle sale del Senato un busto in marmo che ne ritragga l'effigie. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Circa la proposta del senatore Pedotti di collocare un busto del compianto senatore Ricotti in una delle sale del Senato, osservo che a tale riguardo vi sono delle norme stabilite; ma, stante i meriti speciali del defunto, ed essendo il Senato consenziente nella proposta, la Presidenza se ne occuperà per darle effetto. (Approvazioni).
GIARDINO, ministro della guerra.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIARDINO, ministro della guerra.Alto onore è per me, associarmi in nome del Governo e dell'esercito all'omaggio che viene reso oggi alla memoria di Cesare Ricotti.
Ben poco di lui io saprei dire, dopo le commemorazioni che ne hanno fatto i suoi discepoli e compagni d'armi senatori Bava Beccaris e Pedotti.
La sua carriera militare, specialmente, parve coincidere colla storia della patria. Capitano per merito di guerra e ferito a Peschiera; decorato al valore per la seconda volta alla Cernaia; decorato dell'Ordine militare di Savoia a S. Martino; colonnello e [maggiore] generale a 38 anni; comandante una divisione nel 1866 sotto il generale Cialdini; ministro della guerra al compimento delle guerre del risorgimento e dell'Unità nazionale nel momento nel quale l'Italia questa unità affermava prendendo possesso della sua capitale.
Deputato di Novara e ministro della guerra, compiuta l'unità nazionale, affermata la capitale d'Italia, offrì all'Italia nuova il suo nuovo esercito: stabilì le basi del nostro ordinamento militare: estensione e durata degli obblighi di servizio, organizzazione dell'esercito sui dieci corpi d'Armata con riserve di seconda linea per la guerra, organi di reclutamento, di istruzione, di completamento e di mobilitazione dell'esercito quali furono i distretti.
Senatore, Collare dell'Annunziata, ancora ministro, tutta la sua lunga vita di soldato e di uomo politico egli dedicò all'Italia con quell'entusiasmo e con quella fede con la quale combatte oggi l'esercito che lo riconosce come suo primo organizzatore (Benissimo, approvazioni vive).
L'esercito per bocca mia esprime dinanzi al Senato la sua reverente profonda commozione per la perdita di Cesare Ricotti, ma da nessun altro consesso, che, come questo, sia degno di lui, può partire la parola della condoglianza nostra alla famiglia di Cesare Ricotti, e perciò mi associo alle proposte che sono state fatte dal senatore Bollati e dal senatore Pedotti per inviare alla famiglia in nome del Governò le condoglianze nostre (Applausi vivissimi).[...]
TOMMASINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOMMASINI II giorno della riconvocazione è pel Senato un giorno di lavoro e di festa, ma non va scevro da commozione, perché è giorno in cui si commemorano le perdite che nell'intervallo delle vacanze il Senato ha subito.
Il venerato nostro Presidente, gli egregi oratori che mi hanno preceduto, hanno oggi ricordato gli alti meriti di persone scomparse alla vita pubblica, singolarmente benemerite della patria, amatissime nel Senato: Se comune è il rammarico e la memoria degli onorevoli colleghi perduti, per taluni di essi le relazioni personali più dirette, più antiche, più vive, giustificano quasi un attestato di particolare rimpianto.
Il primo di cui sento stimolo a tener parola, io non militare, è il senatore generale Ricotti, che, in occasione della celebrazione cinquantenaria della istituzione dei bersaglieri, ebbi l'onore di avvicinare quando mi trovavo a far parte della Giunta del Comune di Roma. Da quel tempo la sua benevolenza non mi venne più meno; ed io ebbi agio di ammirare costantemente l'altezza dell'ingegno e del carattere dell'eminente uomo di Stato, che se gittò le fondamenta dell'ordinamento del nostro esercito, curando i più minuti particolari di esso, non solo si sentiva duce e ministro della guerra, ma era uomo sommo di Governo, dando esempio di non considerare l'amministrazione della guerra come un membro staccato dalle altre amministrazioni governative, alle quali possa presiedersi con criteri diversi da quello che esige la compagine concorde dell'opera dello Stato. Che, se qualche cosa ha procurato dolore a quell'animo veramente grande, fu la resistenza che egli dovette opporre ed oppose all'accrescimento del numero dei corpi di esercito quando ciò era da alcuni desiderato, mentre egli sentiva che non sarebbe stato tollerato dalle forze economiche del paese. L'esercito era per lui il braccio della patria, ed egli lo voleva valido e forte; ma non voleva che le altre membra di essa sentissero disagio o rimanessero atrofiche, solo per aumentare la forza del braccio. Si ritrasse allora così in costante e dignitoso isolamento. Avvicinandolo poi in Senato nei lavori degli uffici, ebbi ad ammirare la diligenza, la competenza, la dignità, e insieme la grande sua cortesia verso i colleghi. Purtroppo negli ultimi tempi l'età grave e la salute scossa gli impedirono di recarsi alla capitale e in quest'Aula, che rammenta sempre la virtù del suo consiglio e la sobrietà della sua parola.
Alle proposte fatte dai diversi oratori per esprimere il cordoglio del Senato alla famiglia, e per le altre proposte nella forma in cui le ha prese in considerazione la Presidenza, mi associo di gran cuore. (Benissimo).

Senato del Regno, Atti Parlamentari. Discussioni, 25 ottobre 1917.