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RICOTTI Ercole

14 ottobre 1816 - 24 febbraio 1883 Nominato il 16 novembre 1862 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Signori senatori,
Interprete della vostra mestizia per la perdita ultimamente fatta del commendatore Ercole Ricotti, vengo a darvi qualche ragguaglio della operosa sua vita.
Era nato il 12 ottobre 1816 nella città di Voghera, nella quale il dottor Mauro, suo padre, professava con molto onore la medicina. Quivi ha frequentato le scuole di grammatica e di umanità, che cominciano ad aprire l'intelletto dei giovani e invaghirli di studi maggiori. Condottosi poi all'Ateneo di Torino, e avviatosi alla Facoltà matematica, ebbe la fortuna di udire tra gli altri quegli eminenti cattedratici che erano il Plana, il Giulio, il Bidone. Nel luglio del 1836 fu laureato ingegnere.
Frattanto si accese di specialissimo amore per le storie patrie: e non avea che l'età di anni ventuno quando vinse la gara indetta dalla regia Accademia delle scienze su questo tema: Dell'origine, dei progressi, e delle principali fazioni delle compagnie di ventura in Italia, sino alla morte di Giovanni de' Medici, capitano delle Bande Nere...L'erudito lavoro, che allora gli valse il premio, fu in appresso da lui medesimo corredato di giunte e note che assai ne crebbero il pregio; e quindi, ingrandito così da formarne ben quattro volumi, assunse il titolo di
Storia delle compagnie di ventura; sotto il quale rese chiaro il giovane autore anche fra gli stranieri.
Oltre agli studi delle matematiche e della storia, s'è dato a quelli dell'arte bellica, ch'era tanta parte della vita dei Piemontesi: né rimase indifferente alle politiche aspirazioni in che non pochi dei più nobili ingegni si travagliavano.
Sulle prime era entrato con begli auspici nel Corpo del genio civile: nel 1840 gli piacque di tramutarsi al Corpo del genio militare, ove ebbe il grado di luogotenente.
Addì 16 maggio 1840 fu ascritto alla regia Accademia delle scienze.
Nel '46, nominato professore nell'Università di Torino, saliva la Cattedra di storia militare, che più tardi diventò Cattedra di storia moderna; e come tale indi sempre la tenne, e la fece davvero illustre, e meritò che alle sue lezioni accorressero e dalle sue labbra pendessero gli uditori, molti di numero, diversi di genio, di età, di sesso, ma tutti confidenti e persuasi che il professore dettava propriamente da storico, senza fantasie o capricci da romanziere.
Ben presto Cesare Balbo il volle a collega nella Regia deputazione degli studi sopra la Storia patria.
E ancorché, verso il fine del '47, esso Balbo e Camillo Cavour e Teodoro di Santa Rosa, ed altri di simil tempera, pensarono a metter fuori un grande giornale, il risorgimento,informato a sani e larghi principi di libertà, Ercole Ricotti (uno anch'egli tra i fondatori) scrisse parecchi articoli, ne' quali si parve il suo vivo impegno per la conversione del reggimento politico dello Stato, che di assoluto voleasi libero e congruente alla progredita civiltà del paese.
In quel torno di tempo una Commissione superiore di revisione, instituita da Re Carlo Alberto, aveva il mandato di investigare e suggerire le Riforme che nell'ordine amministrativo e nel giudiziario rispondessero al voto pubblico. In quella Commissione il Ricotti ebbe seggio e ufficio di relatore. Le Riforme da quella proposte, e promulgate dal Re, suscitarono, non che gli applausi, le più clamorose ovazioni. E tuttavia non bastarono: ché anzi dalla concessione di quelle i Subalpini trassero nuovo ardimento a chiedere la essenzialissima delle novazioni, uno Statuto nazionale, inviolabile, irrevocabile. E infatti la detta Commissione, non senza la perseverante cooperazione del Ricotti, ebbe ad ammannire col Regio placito lo Statuto fondamentale che, dato al Piemonte il dì 4 marzo 1848, poté via via diventare la Magna carta dell'Italia redenta; e parimente ha tessuto l'Editto elettorale politico dei 17 del marzo medesimo; il quale visse (invariato nella sostanza) sino alle nuovissime nostre leggi del 22 gennaio e 7 maggio 1882.
Nei primi Comizi dell'aprile 1848 gli elettori di Voghera onoravano il Ricotti della nomina a deputato: ed egli prese suo posto alla Camera tra gli amici del Ministero che aveva il Balbo a capo ed insegna. Fu assiduo alle adunanze e vuoi della Camera e vuoi degli Uffizi. Ne' discorsi, che pronunziò non di rado, fece prova, oltrecché di varia dottrina, di buon senso pratico e di sincera equanimità.
Era già capitano del Genio; e, non appena vide interrotte le sedute della legislatura, se ne andò tra le file del regio esercito, che dopo molti e spesso gloriosi cimenti avea dovuto lasciare i campi lombardi al nemico cui fu prodezza il numero. Un dì, mentre portava un dispaccio da Milano a Novara, cadde prigione di guerra e fu menato a Mantova; ma non tardò a poter tornare tra' suoi.
Portò la spada anche nella fatale giornata del 23 marzo 1849. Poi, negoziandosi tra Piemonte ed Austria la pace, smise il servizio militare, ottenuta la promozione a maggiore.
Quindi innanzi si consacrò onninamente agli studi suoi prediletti e alla cattedra; né volle occuparsi più di politica, se non quanto gli è stato mestieri per satisfare ai suffragi degli elettori di Ventimiglia, che nella IV legislatura lo aveano inviato alla Camera.
Molti e molto notevoli sono gli Scritti che d'ora in ora ha mandato pe' torchi. Tra gli altri: una monografia, sull'uso delle prime milizie mercenarie in Italia; - un'altra, sulle milizie de' comuni italiani; un'altra, della vita e delle opere di cesare Balbo; la storia della monarchia piemontese; la storia della Costituzione inglese; un corso di lezioni sopra la istoria d'Italia dal basso impero ai comuni; la storia della Riforma; una breve storia d'Europa, e specialmente d'Italia. L'ultimo di codesti libri, innalzato agli onori di testo nelle scuole, fu desso che, meglio per avventura di ogni altro, ha renduto carissimo e (come oggi dicono) popolare il nome dell'infaticabile autore.
Dal 1852 al 1866 fece parte del Consiglio superiore di pubblica istruzione. Un decreto reale del 16 novembre 1862 l'ha creato senatore del Regno. Dal 1862 al 1865 fu rettore della Università di Torino. Era già da lunga pezza Cavaliere dell'Ordine civile di Savoia. Da ultimo fu insignito del gran cordone della Corona d'Italia, e di quello eziandio dell'antico Ordine mauriziano.
Mancato a' vivi nel 1878 l'eccellentissimo conte Sclopis, il Ricotti gli è succeduto e nella presidenza della Regia deputazione sopra gli studi di Storia patria, e nell'altra presidenza della Regia accademia delle scienze.
In ogni uffizio, in ogni compito, spese devotamente, lealmente, la prodigiosa sua alacrità: e, avvegnaché avesse sembiante di rigido e contegnoso, si guadagnò la riverenza, la stima di tutti, e (che più è) il costante affetto dei giovani.
Nel Senato parlò meno frequentemente che non avremmo desiderato. L'ultima volta parlò, l'anno scorso, nella momentosissima controversia dello scrutinio di lista; nella quale occasione gli acquistarono un'autorità, la maggiore che mai, le notizie ch'ei ci ha fornite circa la genesi dell'Editto elettorale del 1848.
Una sottile e pertinacissima malattia, che lo colse avvicinandosi il verno, ce lo ha rapito la notte del 24 febbraio testé passato. Sino agli estremi, le sue facoltà intellettive aveano serbato la solita interezza, la solita lucidità. Morì, balbettando il nome della savia e onesta e cultissima città di Torino, che lo contava tra i consiglieri municipali.
La memoria di Ercole Ricotti vivrà nell'ossequio e nella benedizione di quanti hanno in lui saputo apprezzare l'ingegno e la dottrina del cattedratico, la bravura del soldato, la fedeltà dello storico, il senno dell'uomo politico, le virtudi incrollabili del patriota. (Benissimo, Bravissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 6 marzo 1883.