senato.it | archivio storico

RICCI Matteo

06 dicembre 1826 - 10 febbraio 1896 Nominato il 04 dicembre 1890 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Marche

Commemorazione

 

Atti parlamentari Commemorazioni.
Domenico Farini, Presidente

Poiché il Senato volle per sua grazia aspettare la mia presenza, perché gli fossero comunicate le necrologie dei colleghi defunti nell'intervallo dalle ultime sedute ad oggi, così io obbedisco al doloroso incarico, procedendo alla lettura di esse.
Signori senatori! [...]
Il marchese Matteo Ricci nacque a Macerata il 6 dicembre 1826.
L'antico ceppo, rinverdito ognora da fiorenti virgulti, illustrarono, a non risalire più in su, nella generazione onde rampollò il nostro, due chiari letterati. E letterato egregio fu parimente il marchese Matteo, il quale non soltanto professò la filosofia del diritto e resse l'Università di sua nascita, ma fu dotto in lettere greche e negli studii storici e politici assai versato.
La politica di Aristotile e le storie di Erodoto bellamente tradotte ed ampiamente commentate: il diritto pubblico e privato dell'antica Roma esposto e chiosato, un saggio sugli ordini politici di essa paragonati alle libere istituzioni moderne, gli diedero singolare fama di ellenista e di erudito. Nè meno pregiate furono altre sue scritture sul diritto nazionale ed intorno alla vita ed alle opere di alcuni illustri contemporanei, coi quali, nel tempo in che dimorò a Torino ed a Firenze, aveva avuto consuetudine ed intrinsechezza. Fra essi degno di particolare menzione Massimo D'Azeglio, di cui, condotta già in moglie la figliuola, operò a tenere viva la memoria, ed accrescerle onore.
Scrittore pulito ed elegante era stato tempo fa eletto accademico della Crusca, e da più di trent'anni socio nazionale residente dell'Accademia delle scienze di Torino.
Senatore dal 4 dicembre 1890 non partecipò alle discussioni di questa Camera né dell'altra, alla quale lo aveva per l'ottava legislatura mandato il collegio di Tolentino. La politica parve non aver per lo studioso allettamenti, sebbene di lunga mano vi si fosse preparato, né lo prese: seguì la bandiera sua fedelmente; non pretese di maggioreggiare; ubbidì ai capi. Gentilezza e mitezza naturali influirono fors'anche a tenerlo lontano dalla lotta, come la modestia lo trattenne dal farsi innanzi quanto la dottrina e l'ingegno gli avrebbero consentito.
Morì all'improvviso il 10 febbraio 1896 a Firenze, dove abitualmente da più anni risiedeva e si era procacciato molte simpatie ed amicizie insigni.
Cogli amici, colla famiglia lo pianse il Senato. (Bene).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 23 marzo 1896.