senato.it | archivio storico

RATTAZZI Urbano

02 febbraio 1845 - 04 agosto 1911 Nominato il 04 gennaio 1894 per la categoria 04 - I ministri di Stato provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Non dimentichiamo quelli de' nostri, che abbiamo perduti durante l'intervallo, in cui siamo stati separati.
Contristate dal lutto nel loro principio furono le nostre vacanze estive per la morte di Urbano Rattazzi. Nello scambio de' comiati e degli augurii dell'ultima nostra tornata del luglio, lo rammentate, volgemmo il pensiero al letto del nostro Vicepresidente con i voti della sua guarigione, ma in cuore trepidando del suo aggravare. Alla significazione, che gli feci dell'affettuosa espressione del Senato, egli rispose con accenti, danti il sentore degli estremi, in una lettera, che vi leggo. Facciamo rivivere fra noi in quest'istante l'immagine amata; ascoltiamo quella parola, che poi tacerà per sempre: La cordiale manifestazione di benevolenza e di simpatia, che il Senato si degnò di rivolgere a me lontano ed infermo, è tra le più belle soddisfazioni della mia esistenza. Nella mia costante disciplina di lavoro non cercai plauso, non volli mai rumore attorno al mio nome; ma il vedermi ricordato dall'Altissima Assemblea, è tale onore, ed è per l'animo mio nelle presenti tristezze, tale conforto, da vincere ogni mia naturale ritrosia, e da farmi trascurare, nella immediata vibrazione dell'intima gioia, il dubbio sull'adeguatezza dei miei meriti alla solenne e commovente dimostrazione, che mi fu resa. Ai senatori nostri colleghi la parola della mia profonda riconoscenza. Se le vicende necessarie nella vita politica mi distaccarono or dall'uno or dall'altro, la diversità delle opinioni e la vivacità dei dibattiti non riuscirono mai ad attenuare in me il rispetto, né ad affievolire la simpatia, che l'autorità morale ed intellettuale altissima di quanti siedono nella Camera vitalizia impone ad ogni spirito non volgare. Se ebbi il costume di esprimere i miei convincimenti, anche quando potessero apparire errati, con ferma franchezza di linguaggio, fu perché risposero sempre ad una sincera ed onesta fede dell'animo mio, fu perché il mio pensiero tentò e credette sempre di volgersi alla felicità della patria e alla salvezza delle istituzioni, che ci governano. Nel mandare agli egregi e cari colleghi un caldo ringraziamento ed un saluto cordiale, prego l'illustre Presidente di accogliere anche una volta l'espressione della mia riverente amicizia.
Spirò il 4 agosto alle ore 14; da Roma fu portato cadavere a quella sua Alessandria, ove durante la malattia volgeva il desiderio; e le sue ossa riposano in quella tomba della decurionale famiglia, onde discendeva; nato in Vercelli il 12 febbraio 1845; bene augurato dal nome chiaro dello zio; quell'Urbano Rattazzi, che salì in fama forense e parlamentare, e fu de' principali uomini di Stato del Piemonte e del nuovo Regno d'Italia nel risorgimento nazionale. Dalla predilezione del quale trasse guida agli studi di giurisprudenza, che compì con laurea in Torino il 30 giugno 1865; ed all'esercizio, che vi intraprese dell'avvocatura e trasportò in Roma nel 1875, ove il prestò alla Real Casa; onde penetrò nell'Amministrazione di questa, e, quale il genitore Giacomo, che vi era stato segretario generale, tale divenne il nostro Urbano nel 1883, regnando Re Umberto; e siffattamente l'ufficio adempì, che, ritiratosi il ministro Visone, a lui succedette. Del suo senno e della sua destrezza molto profittò il patrimonio amministrato; e tanto il suo consiglio fu ascoltato dal Sovrano, da suscitare le gelosie costituzionali: onde le dimissioni, che tornarono a lode della prudenza del savio regnante, e della sommessione del ministro, che non era de' favoriti di altri tempi e di altri troni. Il buon Re gli conservò la benevolenza, gli fu munificente, gli conferì il titolo di ministro di Stato, gli aprì l'ingresso al Senato il 14 gennaio 1894. In quest'Assemblea, dopo un periodo di riservatezza, prese quell'attività, che da ultimo non comune ci si mostrò, e di grande prezzo. La considerazione de' colleghi lo pose nella Commissione di finanze; quella del Governo nella Commissione reale d'inchiesta sul Ministero della pubblica istruzione; quella del Re gli diede, nel 1908, la Vicepresidenza del Senato. Alla Commissione di finanze fu alacre dal 1899 al 1902, e dal 1904 sino alla morte. Singolarmente esperto delle materie amministrative e finanziarie, fu relatore frequente e pregevole di bilanci. La relazione ed il discorso sulla "Convenzione per la liquidazione della Rete Sicula al 30 giugno 1905"; il discorso sull'"Ordinamento dell'esercizio di Stato delle ferrovie" del giugno 1907, dinotarono la sua cognizione e perizia delle grandi industrie e delle società. In Campidoglio fu consigliere comunale nel 1883, rieletto nel 1887; e vi sedette sino al 1889. Delle opere di beneficenza nella capitale fu sollecito; premuroso amministratore e tenero protettore del Pio patronato di S. Giuseppe per il ricovero e l'educazione dei fanciulli derelitti; fautore, quale era stato suo zio, dell'opera salesiana. Massima la sua autorità fu in Alessandria, ove teneva residenza. Vi rivestì le cariche pubbliche: consigliere provinciale dal 1902; vicepresidente di quel Consiglio dal 1902 al 1906; presidente dal 1907. Quella provincia rappresentò nel Consorzio del porto di Genova dal 1904 al 1909. Il Sindaco di Alessandria, nel ricevere la salma dal funebre convoglio, diede il saluto della città al suo figlio prediletto; nella cui morte, ei disse, essa perdeva la miglior parte di sé stessa; ricordando di quanta insigne opera l'avesse favorito.
I funerali, voluti senza pompa, divennero solenni per spontaneo concorso. Vide Roma precedere in grato candore l'orfana infanzia, piangente il padre amoroso e pregante lui fra i celesti; e, da quegli umili e teneri beneficati, sino ai grandi della città e dello Stato, un corteo di amici, di devoti, di ossequenti; ed alla bara anche lagrime di principi e della Reggia. Alessandria, al passaggio del feretro, fu tutta una città in gramaglie; e l'intiera provincia in Alessandria a cordoglio. Né là, né qui cessa il duolo. Vada anche oggi il pianto del Senato alla tomba di Urbano Rattazzi. (Vivissime approvazioni). [...]
FRASCARA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
FRASCARA. Onorevoli colleghi! La scomparsa immatura di Urbano Rattazzi, colpito da morbo crudele nel pieno vigore delle sue energie fisiche e morali, ha suscitato in noi tutti un profondo senso di doloroso sgomento.
Grande è il vuoto che la perdita dell'uomo illustre lascia nel Senato, dove lo vedemmo spiegare tutta la sua operosa intelligenza, e dove egli godeva meritata altissima autorità.
Grave la sventura eil lutto per la città e per la Provincia di Alessandria ch'egli amava, riamato, d'immenso affetto.
Non saprei in qual modo esprimere più efficacemente il cordoglio della città di Alessandria, se non chiedendo permesso al Senato di leggere la concisa eloquente epigrafe che il municipio volle scolpita nel palazzo comunale:.
Urbano Rattazzi - ministro di Stato - presidente del Consiglio provinciale - Vicepresidente del Senato del Regno - terzo ad illustrare un nome sacro all'affetto di Alessandria e al vanto d'Italia.
Il nostro compianto collega era nipote del grande statista che tanta parte ebbe nella vita politica del nostro paese; nipote questi a sua volta del medico Urbano Rattazzi, di famiglia decurionale alessandrina, che fu condannato a morte per i fatti del 1821, e mori in esilio.
Io credo di interpretare il desiderio di tutti voi, onorevoli senatori, proponendo che l'illustre nostro Presidente, che già si è fatto interprete dei sentimenti di cordoglio del Senato presso la famiglia del perduto collega, esprima ancora l'unanime nostro compianto alla desolata vedova ed al figlio. (Approvazioni).[...]
INGHILLERI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INGHILLERI. Dopo la splendida commemorazione del senatore Rattazzi fatta dal nostro illustre Presidente e dopo le commosse parole pronunziate dal senatore Frascara, io mi dovrei tacere. Mi consenta però il Senato che io porti il tributo del mio dolore alla memoria di Urbano Rattazzi, al quale fui legato da antica amicizia.
A me pare d'averlo sempre innanzi agli occhi, negli ambulacri del Senato, dalla sua andatura spigliata, dal portamento signorile, dagli occhi arguti e vivaci, da sorriso che qualche volta s'atteggiava a fine ironia, ma che mostrava sempre la grande bontà dell'animo suo.
Io lo conobbi giovanissimo. Era allora avvocato pieno di dottrina giuridica, solerte, pronto, ed ebbe nell'esercizio dell'avvocheria fortunati successi. E questi successi gli spianarono il cammino a conseguire uffici più elevati.
Consultore legale di Casa reale ne amministrò per parecchi anni il patrimonio e fu considerato fu realmente riordinatore, anzi restauratore e restitutore della integrità di quel patrimonio, e vi lasciò traccie durabili che non si cancellano. Assunto ad ufficio più alto ebbe modo di palesare le sue nuove attitudini nell'ordine politico, come le avea manifestate nel giro delle cose giuridiche e amministrative.
ministro di Casa reale fu continuatore delle nobili tradizioni di sua famiglia; devoto alla monarchia senza ipocrisia, espositore franco e coscenzioso delle varie multiformi situazioni politiche, ebbe coscienza serena, convinzioni sincere, criterio esatto, giudizio sicuro.
E quando fortunosi volsero per lui i tempi, rassegnò l'altissima mandato con dignità pari all'elevato animo suo.
Allora fu nostro compagno, collaboratore efficace in tutta l'azione legislativa e sopratutto guardiano e custode dell'integrità del bilancio, auspice e promotore in tutto ciò che alla grandezza dell'Italia si attenesse.
E quando ieri in momento solenne si mandavano voti ed auguri agli eroi dell'esercito e dell'Armata, pareami che il suo spirito aleggiasse plaudente inneggiante alla grande opera di civiltà che compie la nazione.
Fuori della politica spese sempre la sua attività inesauribile in opero di beneficenza e di alcune può dirsi che egli fosse ausiliatore anzi sostegno. La sua vita si può riassumere nel dettato di un'antica epigrafe: iniuriam feci nulli, officia pluribus.E se il mondo sapesse il cuor che egli ebbe, in tutte le manifestazioni della sua vita, "assai lo loda e più Io loderebbe".
Sia di conforto all'ottimo e colto figlio il ricordo delle virtù paterne! (Approvazioni).
FINALI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINALI. L'onorevolissimo nostro Presidente ha dette le giuste lodi di Urbano Rattazzi ed a lui si sono uniti con eloquente e commossa parola il senatore Frascara e il senatore Inghilleri. [...]
Ricordo che in quella occasione si manifestò una delle qualità di Urbano Rattazzi, lodate dall'onorevolissimo nostro Presidente, cioè la sua fedeltà all'amicizia; così che quel nostro dissenso sulla questione della riforma del Senato non alterò menomamente i nostri personali rapporti.
Non avrei mai immaginato che Urbano Rattazzi, tanto più giovane di me, dovesse così presto lasciar la vita; e tanto era io lontano da tal sospetto, che quando si dovette surrogarlo per una relazione della Commissione di finanze, aveva fatto la espressa riserva che gli avrei restituito il mandato appena la salute glielo avesse permesso. Tanto io era lontano dal temere che fossimo prossimi a perderlo!
L'onorevole Frascara ha letto al Senato un'iscrizione che è stata posta alla sua memoria dal Comune di Alessandria; ed io credo che in quella iscrizione vi sia il più grande elogio che può farsi al nostro collega Urbano Rattazzi, vale a dire che egli era degno del nome di suo zio, Urbano Rattazzi seniore,il quale, dopo il conte di Cavour, fu la prima personalità del Parlamento subalpino. (Approvazioni vivissime).[...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore De Sonnaz.
DE SONNAZ. Pur non avendo nulla da aggiungere a quanto così bene disse il nostro onorevole Presidente in memoria del rimpianto collega onorevole Rattazzi, tengo ad associarmi ai sentimenti che egli ed altri onorevoli colleghi hanno espresso, giacché l'onorevole Rattazzi era amico intimo e devoto del mio povero fratello e per tanti anni sinceramente affezionato alla nostra famiglia.
Mando un ricordo pietoso alla sua venerata memoria, perché io non potrò mai dimenticare quanto egli fu buono con me in ogni circostanza della mia vita. (Approvazioni). [...]
TORRIGIANI LUIGI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
TORRIGIANI LUIGI. Onorevoli colleghi, nella lettera di cui il nostro illustre Presidente ha dato testé lettura, Urbano Rattazzi, diceva: "Nella mia vita non cercai plauso, né volli rumori intorno al mio nome!". Questi nobili sentimenti del compianto amico furono rispettati quasi come espressione dell'ultima sua volontà. Io però che ebbi la fortuna di essere intimo amico di Urbano Rattazzi, fin dalla prima giovinezza, so che egli, ammiratore di ogni virtù, specialmente apprezzava anche perché pur troppo molto rara, quella della gratitudine, e penso di non andar contro ai sentimenti di modestia del carissimo estinto, proponendo che il Senato esprima alla memoria di Urbano Rattazzi la riconoscenza sua e deliberi che in questo palazzo venga posto, nel modo che la Presidenza riterrà migliore, un ricordo permanente alla memoria insigne del compianto collega, che tanta parte della sua vita diede al Senato del Regno. (Approvazioni vivissime).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 23 febbraio 1912.