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POLLIO Alberto

21 aprile 1852 - 01 luglio 1914 Nominato il 17 marzo 1912 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

GRANDI, ministro della guerra. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRANDI, ministro della guerra. Signori senatori! Col cuore profondamente rattristato e con la più viva commozione compio il dolorosissimo ufficio di partecipare al Senato l'improvvisa morte di S.E. il tenente generale cavaliere Alberto Pollio, capo di Stato maggiore dell'esercito e nostro ben amato collega, avvenuta per paralisi cardiaca stamani in Torino, dove erasi recato per ufficio della sua altissima carica.
L'animo non mi regge per ricordare in questo momento così angoscioso per l'esercito e per il paese, le virtù militari e civili dell'illustre estinto, l'opera da lui compiuta e come scrittore di cose militari e come comandante di truppe e, soprattutto, nell'altissima carica di capo di Stato maggiore dell'esercito, che copriva da sei anni e nella quale profuse tutta l'attività del suo ingegno multiforme e della sua lucida mente, tutta l'instancabile operosità della sua fibra robusta, tutta la fede che ebbe sempre nella grandezza del nostro esercito e nell'avvenire del paese. È soprattutto al suo impulso potente ed alla sua opera personale che è dovuta la perfetta preparazione della nostra ultima impresa.
Sono appena due mesi che io ebbi qui in Senato l'onore di rivolgere a lui per questa preparazione un tributo di ammirazione e di plauso, plauso cui fece eco entusiasta questo alto consesso. Ero ben lungi, quel giorno, dall'immaginare che toccasse proprio a me il dolorosissimo ufficio di annunziarne al Senato la morte. Morte che è per l'esercito lutto e perdita gravissimi, perché egli era uno dei nostri più colti e valenti generali.
La sua dottrina nelle discipline militari era universalmente conosciuta, anche all'estero ove le sue opere ebbero l'onore di parecchie traduzioni. Egli ebbe tutte le qualità dell'uomo di guerra, serenità di animo, prontezza d'intuito, abilità di comando, ascendente morale che gli cattivava subito l'animo degli inferiori. La sua carriera militare fu brillantissima. Sottotenente di artiglieria nel 1870, era nel 1893 già colonnello di Stato maggiore; passò generale nel 1900, e nel 1908, dopo appena due anni nel grado di tenente generale, venne chiamato, per la sua fama ed il suo indiscutibile valore, al supremo comando del corpo di Stato maggiore.
Onore, onore alla sua memoria, che sopravviverà a lungo nelle file dell'esercito e alla quale tutto l'esercito manda un solenne e riverente omaggio. Onore a chi la tempra virile e la mente elettissima consacrò alla grandezza dell'esercito e della patria.
Alla vedova che gli fu per tanti anni fedele compagna; alle figlie che egli dilesse e che sono colpite da così immane sciagura, vada, conforto impari a tanto dolore, il nostro amaro rimpianto. (Vive, generali approvazioni).
PRESIDENTE. Il Senato è costernato dalla funesta notizia. Gravissima è la perdita; noi abbiamo perduto un preclaro ed amato collega: l'esercito un capo di Stato maggiore, che tanto ha contribuito all'onore delle armi nostre nell'ultima impresa di Libia; e che godeva la grande fiducia del Re, dell'esercito, del paese. Versiamo lagrime copiose sulla tomba, che si è imprevedutamente aperta. (Vive approvazioni).
PEDOTTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDOTTI. Signori senatori. Il dolore mi ha spinto ad alzarmi per chiedere la parola; ma il cuore angosciato mi impedisce, poiché il dolore mi fa strozza alla gola, di dire, quale amico che fui del compianto generale Pollio, pur solo poche parole di lui degne. Ha detto tanto bene, del resto, il ministro della guerra, ha detto tanto bene il nostro illustre Presidente, per quanto nella strettezza del tempo assai brevemente; e però io, ché più non potrei, sarò pure molto breve.
La mestizia che è sul volto di tutti noi a questo doloroso annunzio, dice come veramente la perdita repentina che ora lamentiamo è grave; grave per l'esercito, grave per il paese.
E questo, signori, è il più bello elogio che del compianto generale Pollio sia possibile fare. Quando di un uomo si deve esclamare: egli scompare anzitempo, egli dalla dura morte ci è rapito quando tutti ancora speravamo che la di lui esistenza potesse essere utile all'universale, nulla credo che si potrebbe dire di più.
E qui consentite che io accenni a cosa che me riguarda, e perdonate se il dolore mi spinge a questo piccolo sfogo.
Io sento tanto più amaramente la perdita che abbiamo fatta in quantoché, quando egli fu scelto all'altissima carica, io potei avere non piccola parte nell'indicarlo, nel farlo conoscere come veramente adatto a quel sommo ufficio. Voi intenderete così meglio l'angoscia che in questo momento io provo. Egli era una mente elettissima, colta, lucida, calma, serena. Egli era un carattere perfettamente equilibrato, l'uomo padrone di sé, dei propri sentimenti, delle proprie idee, della propria parola, sempre, e questo spiega in gran parte l'ascendente che egli, divenuto capo supremo del corpo di Stato maggiore, che è composto di tanti eletti ufficiali, al cui reggimento occorrono qualità superiori per farsi apprezzare ed ubbidire, e per averne dei buoni e devoti collaboratori, lo ascendente, dico, che seppe acquistare fu grande, ché invero fin dai primi momenti egli s'impose alla generalità, e non solo del corpo di Stato maggiore, ma dell'esercito tutto, il quale prestissimo ebbe per lui la più grande estimazione: era verso di lui una aspettazione certamente sicura di non fallire.
E venne l'impresa di Libia, ed egli in un lavoro immane e poco noto, coadiuvando nella più larga misura il ministro della guerra, egli ha saputo fare assai, perché tutto fosse ben preordinato, specialmente nel campo di quei numerosi e difficili e complessi problemi logistici che, soprattutto in un'impresa di quel genere, sono parte essenziale della riuscita. Or veramente in quel campo fu tutto così sapientemente predisposto, che tutti dovettero acconsentire e riconoscere quanto la silenziosa preparazione fosse stata provvida, saggia, previdente.
I due lavori che il generale Pollio dette alle stampe alla distanza di non molti anni: lo studio sulla battaglia di Custoza e più tardi lo studio magistrale su Waterloo lo fecero assai favorevolmente conoscere oltre i confini del nostro paese e lo fecero, da quanti sono studiosi di cose militari, altamente apprezzare per la sua dottrina, per l'acume delle sue vedute.
Io, che ebbi la ventura di averlo ai miei ordini, oltre che per la misurata saviezza con cui egli reggeva allora il comando della sua brigata nei non sempre facili riguardi disciplinari, potei apprezzare grandemente le sue qualità di comandante di truppe sul terreno. La calma e la padronanza di sé, il criterio, la precisione e la chiarezza con cui dava i suoi ordini, erano veramente ammirevoli.
E però, quando io fui richiesto del mio modesto parere intorno alla di lui scelta fu con sicura coscienza che potei dire: il corpo di Stato maggiore starà bene nelle mani di questo valente ufficiale.
Ed ora, mando dal vivo del cuore, e all'esercito nostro, e al corpo di Stato maggiore in particolar guisa, l'espressione del mio profondo dolore per la perdita che abbiamo fatta.
Alla desolata vedova, alle figliuole a lui così dilette, vada tutto il sentimento del nostro cordoglio. (Approvazioni vivissime, applausi).
VIALE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIALE. Signori senatori: il lutto dell'esercito è il lutto della marina; ed io, modesto, ma fedele e sicuro interprete della marina stessa, in suo nome, mi associo al grande rimpianto, all'immenso dolore che tutti noi oggi pervade per la perdita dell'illustre uomo che teneva l'importantissima carica di capo di Stato maggiore dell'esercito, con tanta dottrina, con tanta competenza, sorretto dalla fiducia del sovrano, dell'esercito, della marina, del paese. Ed, a nome della marina, porgo sentite, profonde, sincere condoglianze ai colleghi dell'esercito ed alla famiglia Pollio così crudelmente orbata dell'adorato illustre suo capo. (Approvazioni vivissime).
PRESIDENTE. I dei seri e i voti manifestati dai senatori che hanno parlato, e nei quali il Senato certamente consente, saranno da me adempiti e non mancherò di far pervenire alla famiglia del defunto nostro collega le condoglianze di questa Assemblea (Bene).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 1° luglio 1914.