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POLACCO Vittorio

10 maggio 1859 - 07 luglio 1926 Nominato il 26 gennaio 1910 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Veneto

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli senatori,
Rivolgiamo ora un saluto reverente agli amati colleghi perduti durante la lunga sosta delle nostre sedute.
Non è senza profonda commozione che il nostro pensiero si volge al prof. Vittorio Polacco, spentosi in Roma il 7 luglio scorso, la cui vita fu tutta un altissimo insegnamento di bontà, di operosità e di rettitudine.
Non mi è facile dire degnamente di lui. Padova gli dette i natali il 10 giugno [sic] 1859 e ne vide aprire la fervida intelligenza agli studi del diritto. Fu questo il campo che subito l'appassionò, dove il suo spirito aperto ai più puri ideali di giustizia e di moralità era sicuro di trovare la più diretta e piena soddisfazione nella difesa dei valori più alti della vita sociale. Addottoratosi giovanissimo con una brillante dissertazione sul testamento pubblico, con grande amore si diè ad approfondire lo studio del diritto civile, nel quale per la serietà delle sue indagini e per la potenza del suo intelletto diveniva versatissimo, anche per la solida conoscenza che si era formata ad un tempo del diritto romano e della storia giuridica. Sicché nel 1886, a soli 27 anni, egli saliva, professore ordinario, alla Cattedra di diritto civile nella R. Università di Modena, passando poi nel 1888 alla sua prediletta Università di Padova, di cui fu anche benemerito rettore per cinque anni e che non lasciò se non per succedere molti anni dopo, nel 1918, al compianto senatore Filomusi Guelfi nella stessa cattedra dell'Università di Roma.
Nostro collaboratore era dei più autorevoli e dei più appassionati fin dal 26 gennaio 1910.
Quanta luce sia da lui venuta agli studi, alla scuola e al lavoro legislativo non si potrà mai dire abbastanza.
Per le sue opere che hanno superato i confini della patria ben egli si può considerare come una purissima gloria della scienza giuridica italiana ed invero le maggiori accademie scientifiche come quella dei Lincei, l'Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, ed altre si onorarono della sua collaborazione. Dal suo classico trattato sulle obbligazioni, dalle sue numerose monografie, dai suoi corsi di lezioni, alle sue relazioni e ai suoi discorsi, è tutta una produzione del più alto valore scientifico, nella quale non si sa se più ammirare l'originalità delle vedute, la profonda dottrina o lo stile limpido ed elevatissimo. In lui una larga concezione del diritto vive che fin dalle prime opere lo fece considerare come un antesignano del metodo storico sistematico poiché profondo egli ebbe l'ossequio ai testi di legge, dallo studio accurato dei quali in ogni indagine moveva, ma da questo studio egli seppe sempre elevarsi mirabilmente alle più ardite e geniali costruzioni scientifiche. Ed ebbe ancora il più alto ed organico concetto del diritto che ritenne sempre quale campo vivente della più elevata moralità e quale organismo in cui le varie branche non sono che aspetti di un unico fenomeno e non possono quindi considerarsi adeguatamente se non studiandosene ognora le connessioni: onde le opere di Vittorio Polacco portano un poderoso contributo agli studi giuridici e son di quelle che non periranno.
Nella scuola Vittorio Polacco era venerato e ad essa invero consacrò con grande passione le migliori energie, rinunziando anche all'esercizio dell'avvocatura. La sua figura di maestro rimarrà indimenticabile, poiché all'eccezionale valore del suo insegnamento egli aggiungeva il più grande amore per i suoi discepoli che seguiva nei loro studi pur all'infuori dell'Aula e dai suoi corsi sono usciti professionisti e maestri che oggi onorano altamente l'Italia.
Al Senato la sua operosità fu inesauribile. Membro di moltissime commissioni sia permanenti che speciali sui singoli disegni di legge, di cui spesso fu relatore, partecipava con religiosa assiduità alle nostre sedute e non vi fu discussione importante, sopratutto nelle materie a lui care, in cui non si ascoltasse la sua parola, parola alta, serena, suadente, sempre al disopra di ogni competizione politica, parola che suscitò ognora il nostro plauso e spesso, come quando si occupò recentemente della questione religiosa in Italia, recò la più grande commozione nei nostri cuori. Ben si può dire che le più grandi riforme legislative degli ultimi quindici anni ebbero da Vittorio Polacco un contributo prezioso: basti accennare le leggi sulla cittadinanza, sul notariato, sugli orfani di guerra, sulle derivazioni di acque pubbliche, sul nuovo codice civile, sui decreti legge. Ma nella preparazione delle riforme legislative egli ebbe larghissima parte anche al di fuori del Parlamento. Per il suo alto valore di giurista non vi fu importante Commissione ministeriale o reale cui egli non venisse chiamato. Così fece parte della Commissione nominata dal ministro Gallo per la riforma della legislazione di diritto privato e preparò una relazione in materia di acque; fu membro della Commissione nominata dallo Scialoja per lo studio delle riforme in materia di cittadinanza, ricerca della paternità e trascrizione; fu presidente di una Commissione per gli studi di riforma della legge sui diritti di autore ed era attualmente solerte vicepresidente della Sottocommissione reale per la riforma del codice civile.
Durante la guerra prestò opera altamente patriottica: ne visse angosciosamente le dolorose vicende e il suo cuore nobilissimo gli ispirò una commovente preghiera per il soldato. Nella organizzazione della resistenza interna fu infaticabile ed ebbe gran parte nel Comitato di preparazione civile a Padova e nella sezione dell'alto Commissariato dei profughi: più tardi, quale presidente della sezione della Commissione per il dopo guerra incaricata dello studio della ricostituzione della ricchezza nazionale nelle terre invase, contribuì largamente alla preparazione del progetto sul risarcimento dei danni di guerra rendendosi con la difesa di una superiore giustizia assai benemerito della sua amata regione nativa. Fu anche il suo grande patriottismo che gli meritò negli ultimi anni il lusinghiero incarico di precettore di S.A.R. il principe ereditario.
Vittorio Polacco fu modello di ogni virtù, espressione della più grande altezza spirituale. Profondamente religioso, candidamente visse: fu l'apostolo della dignità e della moralità della vita e sempre si adoperò appassionatamente per la elevazione dei nostri costumi. Amò più di se stesso la famiglia e la patria di cui sempre vagheggiò e secondò il rinnovamento ideale invocando poi ardentemente, come nel suo nobilissimo testamento, il ritorno della pace e dell'armonia sociale nel mondo. Nessuno più di lui fu riguardoso degli altri, rispettoso delle altrui opinioni. Schivo di onori e quanto mai modesto, modestamente visse, affabile e premuroso con tutti, affettuosissimo con gli amici, onde le sventure loro erano sventure sue e seppero ispirargli le commoventi commemorazioni di Giacomo Venezian, di Filomusi Guelfi e da ultimo l'estremo saluto alla salma partente di Carlo Ferraris che con amore infinito aveva assistito nel lungo e straziante periodo della malattia.
O nostro diletto amico, il vuoto che tu lasci con la tua dipartita non può essere colmato; la tua luminosa e grande figura vivrà sempre nei nostri cuori e alle genti additerà la via che bisogna seguire per vivere degnamente.
Noi ci inchiniamo con profonda commozione sulla tomba di questo grande italiano e, riuniti nel più vivo dolore, inviamo alla famiglia desolata e alla città di Padova l'espressione dei nostri accorati sentimenti. (Approvazioni). [...]
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. In nome del Governo, mi associo alle parole di cordoglio dette dal Presidente dell'Assemblea per la perdita dei senatori che egli ha commemorato. Ciascuno di essi nei vari campi ove svolse la propria opera, o in quello della scienza e delle lettere, come i senatori Polacco [...] Il Governo nazionale, interprete del sentimento di riconoscenza del popolo italiano, si inchina alla loro memoria. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 16 novembre 1926.