senato.it | archivio storico

PITRÈ Giuseppe

22 dicembre 1841 - 10 aprile 1916 Nominato il 30 dicembre 1914 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! È morto ieri improvvisamente in Palermo avanti giorno il senatore Giuseppe Pitrè, che vi era nato il 22 dicembre 1841 e c'era collega dal 30 dicembre 1914 qual membro di Regia accademia. Servì a 17 anni la rivoluzione; ed accompagnò il prodittatore Mordini portatore a Vittorio Emanuele del plebiscito dei siciliani. Si diede poi alla professione di medico e nel tempo stesso a scrivere articoli su giornali e riviste. Nelle epidemie coleriche del 1865 e del 1866 la sua filantropia fu premiata della medaglia di benemerenza per la salute pubblica. L'anno dopo fu nominato professore di ginnasio, ma presto lasciò la cattedra per dare tutta la sua attività agli studi prediletti ed alle pubblicazioni di filologia, di storia e letteratura. Fama principalmente gli acquistò la demopsicologia. L'Università di Palermo nel 1910 creò per lui la prima Cattedra della nuova letteratura, dal nome inglese di folklore, ch'egli elevò a scienza.
Portentosi sono i venticinque volumi della sua Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane, in cui rivelò l'anima di quel popolo, cogliendola dai canti e dalle leggende, cercandola negli usi, nei costumi, nelle tradizioni. Con altra preziosa pubblicazione, Palermo nei due ultimi secoli, illustrò la metropoli siciliana. L'illustre filologo, il profondo demopsicologo, fu anche storico egregio, e leggonsi nell'Archivio storico siciliano sue monografie di fatti e uomini siciliani, e dello scrittore è lodato lo stile elegante.
Giuseppe Pitrè non fu alieno dalle cariche cittadine. Era presidente dell'Educatorio Maria Adelaide; fu il fondatore del museo folklorista siciliano; presidente della Società di storia patria siciliana; membro del Comitato nazionale della storia del risorgimento; presidente o membro di molte accademie scientifiche e letterarie.
Questo illustratore della sua Sicilia, e produttore d'incremento alla storiografia italiana è vissuto ammirato ed amato dai concittadini, che lo accompagnano dolenti e riconoscenti all'ultima dimora. Il Senato è con loro a piangerne la perdita. (Approvazioni).
D'OVIDIO FRANCESCO. Domando di par lare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'OVIDIO FRANCESCO. Come cultore degli studi ai quali ha tanto giovato l'opera del Pitrè, mi consentano l'onorevole Presidente e il Senato che aggiunga una parola anch'io di rimpianto.
Il Pitrè, medico, seppe trarre dalla sua stessa professione il mezzo migliore per adempiere un ufficio di altra natura, ufficio patriottico e filologico nello stesso tempo. Egli, penetrando agevolmente in tutte le famiglie e soprattutto nelle famiglie del popolo come medico, profittava di ciò per raccogliere vocaboli del natio linguaggio siculo, per raccogliere novelline e canti popolari e fiabe; e così illustrò la sua Sicilia sotto il rispetto del linguaggio e delle tradizioni popolari d'ogni maniera, e allargò sempre via via il suo orizzonte scientifico. Avendo cominciato, da semplice dilettante, proseguendo divenne come un vero scienziato di professione, pur non trascurando la sua arte medica. La sua forza d'animo e la sua abnegazione furono tali che, sebbene in età già provetta, egli, per poter tradurre dal tedesco la monografia del Wentrup, intitolata Descrizione del dialetto siciliano,studiò appositamente il tedesco; e fortuna fu che non solo traducesse la Memoria del Wentrup, ma vi aggiungesse molte e molte note, così che si può dire che dalla penna del Pitrè, oltre che da quella dell'indimenticabile Corrado Avolio, uscisse in gran parte illustrato il dialetto della sua nobile isola nativa.
Mi associo come studioso, di gran cuore, allo parole del nostro illustre Presidente, e al compianto che certamente Palermo e la Sicilia avranno, per l'uomo insigne, tanto valente quanto buono. (Vive approvazioni).[...]
PATERNÒ. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATERNÒ. Dopo le nobili parole del nostro illustre Presidente e dopo che Francesco D'Ovidio ha così degnamente parlato di Giuseppe Pitrè, qualunque parola è oziosa. Dirò soltanto che Pitrè della sua opera ebbe il premio anche durante la vita nel rispetto da cui era circondato dalla nativa città. Nessun uomo è stato più popolare di lui, nessun uomo è stato più di lui benvoluto. Egli sapeva questo e se ne mostrava quasi dolente, tanta era la sua modestia. Non ambì onori, egli non chiese mai nulla, non fece altro che lavorare e studiare.
Vorrei pregare il Senato di mandare le condoglianze alla desolata famiglia ridotta da crudeli sventure alla moglie e ad una sola figlia.
PEDOTTI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDOTTI. In nome del Comitato nazionale per la storia del risorgimento, voglia il Senato consentire ch'io porti un saluto alla memoria del compianto prof. Pitrè che il Comitato si onorava di avere fra i suoi membri.
Il Pitrè, per le sue condizioni di salute, per la sua età, non poté prendere molta parte ai lavori del Comitato stesso; gli anni gli rendevano grave il viaggio dalla sua nativa Palermo. Il Comitato sente vivamente questa perdita che considera grave ed amara, e per mia bocca dice il suo mesto e reverente saluto alla memoria di questo illustre or perduto collega. (Vive approvazioni).
ORLANDO, ministro di grazia e giustizia e dei culti.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORLANDO, ministro di grazia e giustizia e dei culti.I rapporti familiari e spirituali, che per oltre un quarto di secolo mi hanno avvinto a Giuseppe Pitrè, l'angoscia infinita, nella quale mi ha piombato la notizia inaspettata della sua fine, non mi darebbero l'animo di partecipare ad una discussione, che lo commemora: mi potrebbero tutto al più consentire di ascoltare in accorato raccoglimento la voce di riconoscenza e di gratitudine e di ammirazione, che verso la memoria di lui si è levata da oratori così insigni in quest'alta Assemblea. Ma io sento così affluire e palpitare nell'anima mia il dolore di tutta quanta la Sicilia, e sento così invincibilmente che questo dolore vuole che in questa Camera sia espresso parlando, a nome del Governo, da chi al Governo appartenendo proviene dalla terra di Sicilia, che io comprimo tutto il dolor mio e a questa voce imperiosa, a questo incoercibile dovere obbedisco.
La vita di Giuseppe Pitrè non è meno mirabile dell'opera sua. Di origine modestissima, figlio di popolani, egli deve tutto a sé stesso. Di una modestia e di una semplicità, direi quasi, comunicativa, egli non inspirava a coloro che più l'avvicinavano il sentimento del suo alto valore e della sua vera grandezza, che gli altri poi riconoscevano. Ed io ricordo che, diventato ministro dell'istruzione pubblica, or sono tredici anni, nel mio primo colloquio ch'ebbi l'onore di avere con Pasquale Villari, il grande storico contemporaneo italiano ebbe parola di viva rampogna per quella ch'egli diceva suprema ingiustizia, onde l'Italia non aveva saputo trovare una cattedra per Giuseppe Pitrè.
Questa cattedra egli poi l'ebbe, ma troppo tardi e altro non ne raccolse che l'onore; dappoiché il grado con cui vi fu assunto era il più modesto che si possa immaginare, era il grado dell'inizio della vita universitaria: egli non fu che un semplice incaricato, e tale morì. Ma non gli onori ricercava Giuseppe Pitrè. E parlando di lui, della vita di quest'uomo veramente degno del carattere dello Smiles, di cui gl'inglesi vanno giustamente sì fieri, noi quanti viviamo della nostra scienza o della nostra professione e ad essa dedichiamo forze e ingegno e affetto, dobbiamo riconoscere il vivo e altissimo merito di lui, il miracolo grande ch'egli seppe compiere, come così acutamente e autorevolmente osservava il senatore D'Ovidio: il miracolo, cioè, di crearsi da sé, senza scuola, senza maestri, e svolgendo tutta una mirabile, prodigiosa attività scientifica, a costo di duri sacrifizi e di faticose vigilie. Giacché, di giorno, egli faceva modestamente il medico e le ore della notte dedicava alla sua opera grande e gloriosa. Medico di origine umile, frequentava umile gente; e raccoglieva così tutto il materiale vivo e palpitante della sua opera.
In tempi, in cui a questa nuova scienza della psicologia dei popoli pochi credevano e non pochi irridevano, egli con mente davvero divinatrice seppe intuire tutta l'importanza della documentazione intima dell'anima popolare, seppe comprendere tutto il valore di questa cultura, di questa filosofia, che il popolo analfabeta crea a sé stesso con le sue leggende, coi suoi canti, coi suoi motti arguti o profondi, pieni di saggezza e pieni di umanità.
E così dal 1870 al 1910, in oltre quarant'anni di lavoro, scrisse 50 volumi, una vera raccolta, un corpus,direi, muratoriano.. Ora neppur le accademie si accingono a opere di tanta mole e le portano a compimento.
Ebbene, quest'uomo seppe da solo creare questo immane corpusdegli usi, delle tradizioni, delle costumanze siciliane, che, attraverso la fiaba, la leggenda, il motto ci ricollegano ai grandi padri Arii e ci fanno rinvenire negli umili strati della scienza e della sapienza popolare quegli elementi etnici primigeni, che apparivano svaniti e distrutti nelle millenarie vicende de' tempi ma che, invece, vivono ancora con giovinezza perenne e immortale. E da quella raccolta multanime e multiforme balzano nette, recise, indistruttibili le caratteristiche dell'anima siciliana. (Approvazioni).Or la voce di quest'uomo, di questo animatore e suscitatore di vita, è spenta; ma noi considereremo l'opera sua come il sacrario in cui è raccolta la essenza ideale, lo spirito immortale della nostra stirpe, e ricorderemo che di questi elementi di gioia e di vita ci siamo nutriti nei primi anni della nostra giovinezza, onde ci sarà più acuto il rimpianto, più amara la nostalgia in questa nostra faticata maturità. (Applausi vivissimi e prolungati).
PRESIDENTE. Non mancherò di dar corso alle proposte fatte dai varii senatori e nelle quali non dubito sia consenziente l'Assemblea. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 aprile 1916.