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PIROLI Giuseppe

16 febbraio 1815 - 14 novembre 1890 Nominato il 26 novembre 1884 per la categoria 15 - I consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzioni provenienza Emilia-Romagna

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

La mia parola dolente deve, signori senatori, ricordare le dolorose perdite da noi fatte. [...]
Nelle prime ore del 14 novembre moriva in Roma il senatore Giuseppe Piroli.
In Busseto, il 16 febbraio 1815, aveva sortito i natali, in Parma si era addottorato nella legge.
Dottrina varia, animo gentile, grande rettitudine lo misero in vista in questa città, scelta a residenza, nel novero dei fautori del vivere libero ed indipendente.
Quando nel 1848 Carlo II di Borbone fuggì paurosamente il ducato e il turbine che lo minacciava, il Piroli divenne segretario della reggenza, poi del Governo provvisorio. E favorì a tutt'uomo il voto per l'unione al Piemonte, dai rovesci delle armi italiane allora frustrato e che maturarono un decennio di dolori, di torture, di persecuzioni. Le quali, lo scapestrato Carlo III, al primo ghermire lo Stato, non risparmiò al Piroli, cassato dalla Cattedra di diritto criminale nell'Università parmense, fin dal 1848 conferitagli.
Agli avvenimenti del 1859 partecipò con animo risoluto; fermo negli stessi propositi che erano stati sua meta fin dal primo entrare la vita pubblica.
Non lo prostrò la pace di Villafranca; non lo sbigottirono le incertezze, le minaccie, i pericoli che ne seguirono.
Per il municipio di Parma oratore a Re Vittorio Emanuele favoreggiatore della dittatura nell'Emilia: alla Assemblea parmense caldeggiatore dell'unione al Regno del Re galantuomo, ebbe la consolazione di vederla unanimemente, a sua proposta, decretata.
Effettuatasi nel marzo 1860, il Piroli venne eletto al Parlamento nazionale per sei legislature consecutive: si schierò fra gli assidui, fra gli operosi; diventò presto degli autorevoli. Indi la sua nomina, per quattro volte, a Vicepresidente della Camera.
Benemerito del risorgimento nazionale non lo assalì tentazione di vanità, soddisfatto, nella sua modestia, di dettare in Parma il diritto.
Chiamato nel 1865 al Consiglio di Stato, da più di sei anni ne era presidente di sezione, e da sei anni apparteneva al Senato, acquistando in ambedue i consessi chiaro nome.
E noi lo vedemmo, laborioso quant'altri, pigliare gelosa cura dell'ufficio suo; e, con mesto occhio, lo ammirammo, stremato di vigoria, far testa al male che lo andava lentamente consumando e, pur sempre alla cosa pubblica indefessamente inteso, lentamente spegnersi.
Fu il Piroli affabile senza piacenteria, arrendevole senza debolezza, rigido senza asprezza.
Nella lunga vita non mutò mai né un'opinione, né un'aspirazione; e pur nondimeno tutti a lui con deferenza si inchinavano: i dispetti, i risentimenti di parte non osarono mai alzarsi fino a lui.
Beato lui, intorno alla cui bara non si levò che una voce sola di affetto e di rimpianto! (Benissimo). [...]
FINALI, ministro dei lavori pubblici. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
FINALI, ministro dei lavori pubblici. Il Governo si associa di gran cuore alle commoventi lodi pronunziate dall'onorevolissimo nostro Presidente alla memoria dei cinque colleghi defunti.
Alle sue necrologie ispirate da tanto affetto, espresse con frase così evidente ed efficace, nulla vi è da aggiungere.
Il Senato anche in questo deve essere grato al suo Presidente pel modo mobilissimo col quale adempie al suo alto ufficio.
Io udendo così eloquentemente commemorare le virtù dei cinque nostri cinque nostri colleghi defunti, mi compiaceva soprattutto in un pensiero, cioè che in tutti i compianti senatori ad ogni altro pregio prevalse il sentimento e la devozione costante verso la libertà e verso la patria, che è il pregio più desiderato in questo alto consesso.
Voci: Benissimo.
PRESIDENTE. [...]
Mi pare poi che sia unanime desiderio dell'Assemblea, di estendere questa nostra manifestazione di cordoglio a tutte le famiglie dei senatori estinti.
Pongo ai voti la proposta.
Chi l'approva è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 dicembre 1890.