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PETITTI BAGLIANI DI RORETO Agostino

13 dicembre 1814 - 28 agosto 1890 Nominato il 01 dicembre 1870 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato e per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

La mia parola dolente deve, signori senatori, ricordare le dolorose perdite da noi fatte. [...]
Un altro patrizio, un illustre collega, il conte Agostino Petitti Bagliani di Roreto mancava ai vivi il 28 di agosto.
Allievo anch'esso dell'Accademia di Torino, dove era nato, figlio del conte Ilarione che, fautore efficace delle riforme, levò grido di economista e di amministratore e fu del Senato ornamento, nelle vicende varie e luminose di una vita vissuta tutta quanta in servizio del Re e della nazione stampò orma incancellabile nel Parlamento e nell'esercito.
In questo giunse, grado a grado, a tenente generale, all'altissimo ufficio di comandante un corpo d'Armata; in quello fu deputato durante sei legislature, senatore dappoi il 1° dicembre 1870; lungamente segretario generale, due volte ministro della guerra.
Nelle battaglie per l'indipendenza brillò per valore, spiccò per perizia; negli uffici militari per vaste e profonde cognizioni.
Sano criterio, mente immune da pregiudizi di educazione, carattere adamantino, gli resse l'animo di assumere le maggiori responsabilità rimpetto alla propria coscienza, al suo Re, alla patria. Che se di lui, ministro della guerra, altr'atto non vi fosse da ricordare se non quello per cui, con patriottico avvedimento, volle si confondessero nell'esercito gli avanzi della gloriosa schiera che, duce Garibaldi, aveva vinto in nome d'Italia e di Vittorio Emanuele, rafforzando il nuovo Regno con tutti i valorosi, ricompensando ogni benemerenza, egli dovrebbe, non foss'altro, per quel salutare intuito esser sempre fra i più insigni statisti annoverato.
Ma l'avere egli, l'amico prediletto di Alfonso Lamarmora, data seco lui mano devota per lunghi anni all'organamento dell'esercito piemontese svellendone ogni boria, ogni privilegio; il vivere ozioso e molle, coll'incessante allenare dei corpi e degli animi, cacciandone, piegandolo a rigida disciplina, a incondizionata obbedienza, gli dà merito di tanto più grande di quanto negli eserciti primeggia su tutto lo spirito che li infervora.
Mutan le armi, mutan le forme dell'ordinarsi e del combattere; a regole, già in onore, nuove regole succedono; ma ogni efficacia delle regole, delle forme rimpicciolisce, scompare quasi rimpetto alla potenza che cementa, alla molla che suscita le accolte d'uomini cui sono affidate le armi a difesa dei cittadini.
Agli italiani per risorgere, per esistere mancava un esercito; ed il piemontese, organato per opera precipua del Lamarmora e del Petitti, ebbe base morale salda così che, quantunque piccolo, poté rampollarne, con virtù non infiacchita, quel grande che è amore, orgoglio, presidio d'Italia. (Bene).
Quarantasei anni di servizio, cinque campagne di guerra, comandi, uffici, missioni importantissime accomunarono il nome di Agostino Petitti ad un trentennio di storia contemporanea.
La sua figura emerge con esso; la sua carriera a passo a passo lo segue; colle lotte, colle vittorie nazionali si eleva e, quantunque troncata nell'età di soli 63 anni, sarà additata a stimolo di nobile emulazione.
Ridottosi a vita privata, come non si era invanito per gli onori, non si sdegnò degli abbandoni: non deprecò gli uomini o la fortuna.
Visse virilmente di studio e di ricordi gli ultimi anni, dall'infralito corpo messi a doloroso cimento.
E qui in Roma, alle cui miti aure aveva invano chiesto refrigerio, sconsolato per la perdita della moglie, che di pochi giorni lo precedette nella fosse, chiuse gli occhi.
Lo ricorda, lo ricorderà il Senato; né lo dimenticheranno i posteri, ai quali le glorie dell'esercito narreranno che uno fra i più valenti organatori suoi, Agostino Petitti, non è morto tutto. (Vive approvazioni). [...]
FINALI, ministro dei lavori pubblici. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
FINALI, ministro dei lavori pubblici. Il Governo si associa di gran cuore alle commoventi lodi pronunziate dall'onorevolissimo nostro Presidente alla memoria dei cinque colleghi defunti.
Alle sue necrologie ispirate da tanto affetto, espresse con frase così evidente ed efficace, nulla vi è da aggiungere.
Il Senato anche in questo deve essere grato al suo Presidente pel modo mobilissimo col quale adempie al suo alto ufficio.
Io udendo così eloquentemente commemorare le virtù dei cinque nostri cinque nostri colleghi defunti, mi compiaceva soprattutto in un pensiero, cioè che in tutti i compianti senatori ad ogni altro pregio prevalse il sentimento e la devozione costante verso la liberà e verso la patria, che è il pregio più desiderato in questo alto consesso.
Voci: Benissimo.
PRESIDENTE. [...]
Mi pare poi che sia unanime desiderio dell'Assemblea, di estendere questa nostra manifestazione di cordoglio a tutte le famiglie dei senatori estinti.
Pongo ai voti la proposta.
Chi l'approva è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 dicembre 1890.