senato.it | archivio storico

PERAZZI Costantino

24 settembre 1832 - 28 ottobre 1896 Nominato il 26 novembre 1884 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 15 - I consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzioni provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Pia e civile usanza richiama sul mesto mio labbro i pregi che adornarono, il bene che i colleghi estinti durante la proroga della sessione, vivendo operarono. [...]
Sessantaquattro anni di studio e di operosità incessanti: ecco la vita del senatore Costantino Perazzi.
Era nato a Novara il 24 settembre 1832, e la fibra tenuta in lena colle abitudini e coll'animo temperanti non lasciavano dubitare che egli ci mancherebbe d'un tratto, prima quasi che giungesse voce del suo male, anzi che ne premesse angoscia sulla famiglia.
Eppure l'uomo nel quale a chiari segni appariva il bell'equilibrio d'ogni facoltà e d'ogni potestà, era rapito da violenza di morbo repente nelle prime ore del 28 di ottobre qui in Roma, tornatovi da appena un mese.
La costernazione onde fummo presi noi tutti suoi amici, la pietà con che ne onorammo la bara, a suggello di modesto costume voluta senza pomposo seguito, agitano e commuovono ancora l'animo nostro. A lui stringeva molti un'antica e cara consuetudine; qui aveva amici fidati; qui tutti lo pregiavano come uno dei più degni. Era entrato in questa Camera dodici anni fa e v'era stato accolto quale chi nelle pubbliche aziende e nell'altro ramo del Parlamento, sia colle opere che colla integrità, aveva emerso. Venuto su fra gl'ingegneri delle miniere, una pleiade di cui parecchi lascierebbero dopo di sé luce durevole, egli si strinse a Quintino Sella, che ne era il maggiore astro. Origine, educazione e studi li accostarono, austerità, vivere parco ed alla buona li unirono, li congiunse lo sprezzo per il vano, lo schifo per il brutto, li avvinse la religione del dovere, non fatta d'impeto passionato ma di incondizionata soggezione alla ragione stessa dell'esistenza. Eran due nature nate per intendersi: le dissonanze stesse della mente e della cultura varie, cagione di sensazioni diverse, si fondevano e si armonizzavano nei ponderati giudizi da cultori delle scienze positive, come erano entrambi. Quintino Sella e Costantino Perazzi, si completavano e pure brillando ciascuno per le proprie qualità, serbando ognuno una particolare fisionomia, ambedue, a tanti uguali titoli ed a maggiore numero di diversi, acquistarono diritto alla pubblica ricordanza.
Passato nel 1865, con grado d'ispettore generale, al Ministero delle finanze, da allora gli studi, la mente del Perazzi si volsero là donde gli verrebbe riputazione d'uno dei meglio intendenti e dei non troppi che con ferrea costanza chiesero, instarono, vollero che alla schiettezza, alla saldezza della pubblica finanza senza indugi, senza sotterfugi si provvedesse. Per più di trent'anni questa fu la passione, questa la bandiera sua: la difese da capo di gabinetto nel 1865, da segretario generale nel 1867, e, più a lungo, dal 1869 al 1873.
Ministro del tesoro, per lo stesso intento lottò e cadde dopo pochi mesi nel 1889. E furono la medesima credenza e più ancora una nobile solidarietà, una ferma coerenza quelle che non gli consentirono di conservare il portafoglio dei lavori pubblici oltre cinque mesi nell'anno che sta per finire. (Bene).
Sebbene fosse rimasto deputato del collegio di Varallo e del secondo di Novara per ben sei legislature (X-XV), egli non aveva mai mutato il ragionare rigoroso, l'affermare assiomatico, il risolvere assoluto del matematico; il tecnico non aveva saputo indossare la veste del politico, che è tutta rappezzi di contingenze, d'opportunità o, se vuolsi di ragione di Stato. (Benissimo). Per lui la verità era e rimaneva sempre una sola; come gli appariva la diceva, gradisse o spiacesse: ai comandi della verità, necessario ubbidire senza mezzi termini: si atteggiassero a lor posta amici od avversari; a lor talento si comportassero. Non apprensione d'impopolarità il turbava; tant'è che della tassa sul macinato si addossò buona parte: lo atterriva invece, respingeva la responsabilità del male irreparabile che gli arzigogoli dilatorî produrrebbero.
Da ventitré anni consigliere alla Corte dei conti, poi al Consiglio di Stato, in questo aveva conseguito il grado di presidente di sezione da oltre cinque. Membro del Consiglio delle miniere da trentun anni, ne era dal 1883 vicepresidente.
Pratico d'ogni ramo d'amministrazione, riunì come pochi, come pochi svolse tutte le qualità ed attitudini dell'ottimo funzionario. Meticolosa esattezza, senza sdegno o noia dei particolari anche minuscoli: ossequio rigoroso della disciplina che, ove manchi, fa luogo al disordine; fomite delle male abitudini, incentivo alle brutture: purezza d'intenzioni, azione conforme: era il flagello degl'infingardi, lo spavento della disonestà.
Oratore preciso, anzi limpido, sempre calmo, spesso freddo, nelle due Camere trattò con breviloquenza quasi esclusivamente di bilanci, di imposte, di finanze, di opere pubbliche; o se d'altro, per la connessità sua col tesoro e con la pubblica economia. Nel Senato, poco dopo ammesso, venne ascritto alla Commissione permanente di finanze, ne fu per parecchie sessioni presidente sagace ed autorevole, relatore applaudito. Nella Provincia di Novara, al cui consiglio apparteneva fino dal 1877 e nella presidenza del quale succedette a Quintino Sella, la sua morte fu amaramente rimpianta, tanto egli riusciva ad infrenare le passioni, a conciliare gl'interessi discordanti: i concordi con efficace patrocinio avvalorava, scorgeva a comune soddisfazione.
Ben giudicando non bastare negli uomini la sanità ma richiedersi fortezza e prontezza perché siano veramente validi; saviamente argomentando quanto le difficoltà superate ed i pericoli vinti rafforzino l'animo, saldino il carattere, era stato di quelli che presso di noi contribuirono a far venire in onore le escursioni sulle montagne a diffonderne l'abitudine, la passione. E quantunque non più giovane, nel gradito svago, che al naturalista rinnovava occasioni d'osservazione e di studio, ogni anno, ed anche dianzi, si rifaceva dalle fatiche del Governo, del Parlamento, della pubblica amministrazione.
Salendo le dirupate balze, in mezzo alle nevi perpetue, sotto il purissimo cielo quel flemmatico sembrava ardere d'interno fuoco; l'animo suo, nella contemplazione del sublime spettacolo, che nessun altro uguaglia, nell'intima soddisfazione, che nessun'altra sorpassa, si incielava. Perché l'uomo che s'aggirava fra di noi compassato, quasi cauto; che ascoltava più spesso che non parlasse; che, pel fine sorriso sfiorantegli la bocca sottile, per lo sguardo fisso e l'impassibile volto male si poteva arguire se intendesse al discorso altrui o corresse col pensiero lontano, lontano ad un mondo fatto ad immagine dell'animo suo severo ma buono, era anche esso un sognatore. Sognò il Regno dell'equità; la verità norma della vita; la libertà assisa sull'immacolatezza; la patria grande e forte, per forti virtù.
Al sogno divino reverenti inchiniamoci, augurando all'Italia molti cittadini che assomiglino a Costantino Perazzi. (Vivissime e generali approvazioni). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Finali.
FINALI. La fine inaspettata e quasi improvvisa di Costantino Perazzi è stata una di quelle che mi ha fatto e mi fa più pensare agli incerti casi della vita umana.
Mi pare impossibile di non veder più là in quei banchi quella faccia arguta seguire le nostre discussioni; di non udire più quella sua parola così sobria, così calma e così religiosamente ascoltata, soprattutto quando si trattava di cose di finanza; mi pare impossibile di non dovermi trovare più con lui in quella Commissione permanente di finanze a cui egli per parecchi anni diede così sapiente indirizzo, e per la quale presentò al Senato quelle mirabili relazioni sui bilanci così ricche di rilievi, così precise, così lumeggiate, così istruttive per le note, pei raffronti e per le notizie di ogni specie, che rimarranno documento memorabile negli annali del Senato, e che un ministro con felice frase chiamò "opere di cesello finanziario".
Da più di trent'anni io aveva avuto occasione, nel primo Ministero di Quintino Sella, di trovarmi con lui, di pregiarne il retto criterio, la lucida esposizione, la copiosa e sicura dottrina.
Dopo egli fu elevato successivamente ai più alti gradi, ai più alti uffici dello Stato; non solo in ciascuno di essi mostrò perfetta idoneità, ma vi primeggiò luminosamente e per le qualità dell'ingegno e per quelle dell'animo, e soprattutto per certe qualità sue proprie, fra le quali una inflessibile fermezza di principî e di carattere che dava una singolare autorità alle sue parole ed al suo voto.
Gli uomini del valore di Costantino Perazzi debbono essere lungamente e con riconoscenza ricordati; e lo sarà egli certamente e nel Senato e nei collegi ai quali appartenne, perché uomini di così alto valore lasciano un vuoto, che si può difficilmente colmare.
Rendendo grazie all'onorevolissimo nostro Presidente del tributo che ha reso alla memoria di Costantino Perazzi, lo prego di proporre al Senato di esprimere le condoglianze nostre alla sua famiglia, e di partecipare l'omaggio che oggi è stato reso alle sue virtù al Sindaco di Novara ove egli nacque, ed al Sindaco di Grignasco donde era oriunda la sua famiglia e dove oggi riposano le onorate sue ossa. (Benissimo! Vive approvazioni). [...]
SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SPROVIERI. Anche a me permetta questo nobile consesso di mandare sincere condoglianze alla vedova dell'illustre nostro collega Perazzi: poi prego e supplico il Senato che le nostre condoglianze siano mandate a tutte le famiglie dei nostri colleghi oggi commemorati.
PRESIDENTE. Vi sono dunque due proposte: quella del senatore Sprovieri di mandare le condoglianze del Senato a tutte le famiglie dei senatori oggi commemorati; però il signor senatore Finali propone di mandare di più le condoglianze al Sindaco di Novara e al Sindaco di Grignasco, luoghi di nascita e di dimora del signor senatore Perazzi.
Pongo ai voti la proposta del senatore Sprovieri. Chi la approva è pregato di alzarsi.
(Approvato).
Pongo pure ai voti la proposta del senatore Finali.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 novembre 1896.