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PEPOLI Carlo

22 luglio 1796 - 07 dicembre 1881 Nominato il 30 novembre 1862 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 20 - Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria provenienza Emilia-Romagna

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Signori senatori! Non ho dimenticato il mio debito di raccogliere e comunicarvi i cenni necrologici di quelli fra i nostri colleghi che, negli ultimi tempi, in numero sopraggrande, dalla vita terrena si dipartirono. E malgrado le difficoltà, che a quando a quando il pietoso ufficio ritardano od impediscono, intendo e spero di poterlo tra poco condurre a termine.
Oggi però mi giunge un nuovo luttuoso annuncio, che, quasi a sfogo del mio dolore, senza indugio mi tocca di riferire.
Stamani, verso le ore sette, son finiti i giorni del nostro dilettissimo Carlo Pepoli, del quale appena ieri a sera il telegrafo accennava la malattia pressoché disperata.
Era nato il conte Carlo Pepoli a Bologna il 22 giugno 1802.
Sino dai primi anni suoi cospirò animosamente per la italica redenzione.
Fu uno de' principali fautori, insieme al conte Terenzio Mamiani della generosa rivolta bolognese del febbraio 1831: e il quel periodo partecipò al Governo provvisorio; ebbe grado di Colonnello nella Guardia che dicevasi Urbana; andò prefetto della Provincia di Pesaro ed Urbino.
Armi straniere contrastarono e ruppero l'audace impresa: i migliori de' patrioti, che l'aveano promossa, han dovuto cercare asilo fuori d'Italia: non pochi, specie il Mamiani ed il Pepoli, stentarono la vita parecchi anni a Parigi; indi si raccolsero a Londra. Quivi il Pepoli strinse relazioni intimissime coi più insigni uomini di Stato e di lettere; soprattutti col Palmerston e col Panizzi.
Apertosi il concorso alla Cattedra di lettere italiane nel Museo britannico, il Pepoli vinse la gara, e salì il seggio di professore. Certamente e sulla cattedra, e nei crocchi i più nobili e i più autorevoli, ei raggiunse la stima pubblica, e splendette tra coloro che meglio han messo in onore la emigrazione italiana.
L'amnistia bandita da Pio IX nel 1846 non apriva le porte se non a chi si chinasse a sottoscrivere non so quale palinodia. Il Mamiani e il Pepoli furono i soli, per ciò che porta la fama, furono i soli che rifiutarono di porre il loro nome alla Scritta.
Rientrarono nel paese nativo allora che la polizia papalesca, sopraffatta dagli ardimenti del popolo, era condannata alla inerzia.
Mentre nel 1848 ferveva la guerra nazionale capitanata dal magnanimo Carlo Alberto, il conte Mamiani, ministro a Roma, nominò il Pepoli Alto commissario con poteri militari e civili.
Sedette il Pepoli nella Camera elettiva radunata in Roma per virtù dello Statuto costituzionale del Pontefice: e poi appartenne all'Assemblea Costituente delle Romagne; la quale, nel 1859, decretò la decadenza di diritto e di fatto del papato politico.
Qualche tempo dopo il ritorno di Pio da Gaeta, non sofferendogli l'animo di assistere cogli occhi propri alle tristizie de' governanti, esulò nuovamente, e albergò nella metropoli inglese, per sino a che le eroiche gesta del 1859 e le commozioni irrefrenabili di Bologna e delle città convicine non parvero guarentire all'Italia la independenza.
Nel 1860, quando per la prima volta intervennero alla Camera dei deputati a Torino i rappresentanti dell'Emilia, il Pepoli vi entrò pei voti di due collegi: Castel San Pietro, e Finale. Optò pel collegio di Finale; né cessò dall'ufficio di deputato se non per la nomina ch'ebbe di senatore del Regno il 30 novembre 1862. Tra i senatori s'è mostrato zelantissimo, diligentissimo: senonché, or sono tre o quattro anni, l'affranta salute, troppo più che l'età omai grave, l'ha costretto a giacersi tra le pareti domestiche.
Per alcun tratto di tempo fu Sindaco della città che gli avea dato i natali: e ivi fu eziandio segretario dell'Accademia di Belle Arti, succedendo in quel posto ad uomini famosissimi, tra' quali basti il nome di Pietro Giordani.
Era passionato cultore della patria letteratura: e abbiamo in luce, tra gli altri, due splendidi volumi, l'uno di prose, l'altro di poesie, da lui dettate, e lodatissime per la gentilezza dei pensieri e la eleganza dello stile.
Meritò, ed ebbe sempre l'affetto, la fiducia, la riverenza di tutti.
BORGATTI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
BORGATTI. Io fui fra i più intimi amici che il conte Carlo Pepoli onorò, fino dal 1848, della sua benevolenza ed affezione. Ieri sera, qui arrivato dalla mia campagna ritrovai una sua lettera, con la quale, in data del 2 dicembre, offrendomi, con espressioni affettuose e gentili, alcuni esemplari della 2ª di un suo dotto lavoro sopra il Valeriani, lavoro che egli aveva avuta la benevolenza massima di dedicare a me, così concludeva: "Altro lavoro gravissimo ho per le mani. Ma qui parmi proprio di dover dire: Spiritus promptus caro vero infirma".
Da ciò argomenti ognuno come e quanto e con quale anno io partecipi alla commozione del nostro signor Presidente e degli egregi colleghi, ora presenti; e mi unisca al tributo che il signor Presidente, con parole nobilissime, ha reso alla memoria del benemerito Patriota del degno collega, di un uomo, il quale, e nella vita pubblica e nella vita privata, offrì esempio luminoso e costante di ogni più rara e più bella virtù; ed illustrò la patria con lavori poetici e letterari, opportunamente menzionati e giustamente lodati dal signor Presidente.
Io non farò alcuna proposta; trattenuto dalla considerazione che già è all'ordine del giorno del Senato un progetto di legge di grandissima importanza; e perché, d'altronde, io non so ancora se il Municipio di Bologna, abbia deliberato di onorare la memoria del compianto concittadino immediatamente, oppure in altra prossima circostanza. In ogni modo parmi che al Senato non possa mancare, in tempo più o meno prossimo, occasione propizia per onorare, come conviensi, la memoria del collega degnissimo.
ZANARDELLI, ministro di Grazia e Giustizia. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
ZANARDELLI, ministro di Grazia e Giustizia. Reputo mio debito di associarmi, in nome del Governo, ai sentimenti di rimpianto, espressi con nobilissime parole così dall'illustre Presidente del Senato, come dall'onorevole senatore Borgatti, per la perdita di un uomo, che per l'Italia ha tanto operato e tanto sofferto, e del quale può veramente dirsi essere stato tra coloro che maggiormente concorsero a darci quella patria che oggi possediamo.
PRESIDENTE. Non appena sarà stabilito il giorno in cui saranno resi gli onori funebri alla salma del compianto senatore Pepoli, ne darò annunzio al Senato acciocché esso possa prendere quelle deliberazioni, che crederà più opportune.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 7 dicembre 1881.