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PATERNOSTRO Paolo

17 ottobre 1821 - 06 dicembre 1885 Nominato il 15 maggio 1876 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giacomo Durando, Presidente

Onorevoli colleghi. Ieri l'altro a notte cessava di vivere in Palermo il commendatore Paolo Paternostro.
Nato a Misilmeri nell'ottobre del 1821 e compiuti gli studi nell'Università di Palermo colla laurea in giurisprudenza, si era dedicato alla carriera di avvocato; ma sopravvenute le vicende rivoluzionarie del 1848, egli abbandonò il foro e la penna per impugnare il fucile, portando il suo efficace contributo alla breve vittoria degli isolani, che lo elessero membro del Comitato rivoluzionario e deputato al Parlamento convocato in allora a Palermo.
Sopraffatta l'insurrezione, egli dovette riparare all'estero, e nel 1850 fissò la sua dimora in Egitto. Ivi seppe crearsi così favorevole riputazione, che venne elevato ad una delle più alte cariche di quel Governo.
Succeduta l'unificazione del Regno italiano il Paternostro fece ritorno in patria, dove fu chiamato a far parte della Camera elettiva per tre legislature. Coprì indi con onore il posto di prefetto in alcune provincie, ed era presentemente investito della carica di consigliere della Corte dei conti.
Dal 15 di maggio 1876 era membro di quest'alta Assemblea dove portò il contributo della sua operosità, soprattutto ultimamente dacché il suo ufficio lo chiamò in questa Capitale.
Poco fa allo scoppiare di funesto morbo epidemico nella sua isola natale, egli era accorso frettolosamente a Palermo per portare l'opera sua a sollievo dei suoi compaesani, e colà sebbene risparmiato dall'epidemia era pur destinato ch'egli dovesse soccombere.
Di lui tuttavia non si potrà a meno di dire che da soldato valoroso morì sulla breccia.
Onore alla sua memoria!
La parola spetta al senatore Paternostro Francesco.
PATERNOSTRO F. Alle parole nobilissime pronunciate dal nostro Presidente, poche ne aggiungerò e disadorne, come la grande commozione dell'animo consente, per dire di Paolo Paternostro testé rapitoci da crudelissima malattia.
Egli fu indubbiamente una delle figure più notevoli della nostra grande rivoluzione, cominciata nel 1848, compiuta qui in Roma. Di lui può dirsi che nacque alla vita pubblica colla rivoluzione stessa, della quale fu vita ed anima. Nella memorabile giornata del 12 gennaio 1848, in Palermo, egli insorse non tra i primi, primo, a combattere le forze borboniche; il che, ha chi misuri l'eroismo dell'atto dalla ferocia dei tempi, apparirà non pure straordinario, ma meraviglioso.
Nella stessa giornata, arringando quel manipolo di animosi che lo seguiva, dall'alto della storica fontana della Fiera Vecchia, e passando in quell'istante il Viatico, egli impose ai suoi di inginocchiarsi, e quegli obbedendo, il sacerdote sostò e li benedisse; fatto questo singolare, il quale dimostra come gli iniziatori della nostra rivoluzione non credessero inconciliabile la libertà colla religione; e questo è bene di rammentare oggi in questa Roma che è pur sede del Capo della religione prevalente in Italia.
Poi fu membro del Governo provvisorio di Sicilia, indi del Parlamento, e fu autore della memoranda proposta di decadenza dei Borboni.
Avvenuta la restaurazione, prese la via dell'esilio e per più anni campò la vita con modesto lavoro.
Riparato poscia in Egitto e datosi all'avvocatura, salì presto a bella riputazione, tanto che ebbe dal Governo Kediviale onori ed uffici elevatissimi che tutti tenne con operosità e zelo, ed ebbe e conservò fino all'ultim'ora l'amicizia di Ismail pascià.
L'alba della rivoluzione del 1860 lo rivide in Italia. Prefetto in varie provincie da prima, indi ebbe seggio in Parlamento fino al 1876; poi fu nuovamente prefetto, ed infine consigliere alla Corte dei conti e senatore. Coprì molteplici altri uffici, tutti collo stesso zelo, colla stessa operosità; in tutti portando gli impeti generosi del suo carattere. E da ultimo, scoppiato il colèra a Palermo, egli vi accorso e si adoperò in favore dei poveri sofferenti con quello slancio che egli portava in tutte le cose.
Affettuoso e benefico, si adoperò sempre a pro degli amici e parenti. L'affetto pei figli spinse all'adorazione, e ne ebbe degno compenso. Lascia universale compianto, insanabile ferita nel cuore dei figli amatissimi, cordoglio profondo negli amici innumerevoli. (Bravo!).
COPPINO, ministro della istruzione pubblica. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha la parola.
COPPINO, ministro della istruzione pubblica. Per quanto sia non solo dolce, ma doveroso pel Governo trovarsi concorde cò voti del Senato, troppo omai grava questo dover quasi ogni giorno associarsi alle parole di compianto che l'illustre vostro Presidente pronuncia sulla fresca tomba di un vostro collega; doloroso è assistere a questo continuo mancarci di patrioti che hanno lasciato a noi e tanto retaggio di memorie, e tanti obblighi di gratitudine. Ed alle une ed agli altri porge argomento il nome dell'onorevole senatore testé ricordato così dal Presidente come dal senatore Paternostro.
Figlio di quella terra che diede sempre ingegni alti e arditi, egli ebbe anche questo merito, di dimostrare in lontani paesi quanto valessero l'ingegno e l'operosità italiana, e pur così acquistò nuovo e duraturo affetto alla patria nostra.
Il Paternostro, nei vari uffici che la sua vita varia gli commise, non mai fu disforme da quel ch'era stato nei giorni della rivoluzione, quando, come accennò l'onorevole oratore che mi ha preceduto, non fu già tra i primi, ma primo. E sul chiudere della vita, pur si è dimostrato quale l'accennò l'onorevole Presidente, allora che disse potersi di lui affermare che morì sulla breccia.
Questa vita di patriota, che tale comincia e tale finisce, può essere un conforto al Senato che ne piange la perdita, come è senza dubbio debito del Governo l'augurarsi e tutti coloro che hanno amata la patria sieno un giorno degni degli elogi che dal seggio della Presidenza e dai banchi dei senatori sono stati tributati alla memoria di tanta virtù.
(Bene! Bravo!).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 7 dicembre 1885.