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PASOLINI Giuseppe

08 febbraio 1815 - 04 dicembre 1876 Nominato il 18 marzo 1860 per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato e per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Emilia-Romagna

Commemorazione

 

Sebastiano Tecchio, Presidente
Onorandissimi miei Signori.
Vuole la pietosa consuetudine del Senato che il Presidente si faccia in assemblea pubblica a commemorare il nome e i meriti di quei Colleghi che, tolti recentemente alla vita di quaggiù, son volati a dormire nella pace che non ha fine. [...]
Giuseppe Pasolini, anch'egli di stirpe patrizia, nato a Ravenna l'otto febbraio 1815. Bell'aspetto, bella mente, bel cuore; urbanissimo; affabile: nelle domestiche passioni ardente; nelle contenzioni politiche temperato. Il padre suo (che fu poi Presidente del Governo di Romagna nel 1831) lo allevò in ogni maniera di studi: il conte Giuseppe predilesse gli studi classici, dei quali perpetua è la fragranza, e le scienze naturali, e più tardi le discipline economiche. Per viemmeglio impratichirsi degli uomini e delle cose, viaggiò la Francia e l'Inghilterra: e ne' suoi viaggi contrasse amicizia con alquanti dei più notabili di quelle nazioni, ma sopratutto coi migliori patrioti d'Italia, che per amore di libertà avean dovuto esulare a Parigi e Londra; tra' quali Pellegrino Rossi e Giacinto Collegno.
A molti carissimo, non fu mai discaro a nessuno.
I Ravennati sel vollero a gonfaloniere. Quando il 16 giugno 1846, il cardinale Mastai Ferretti, vescovo di Imola, fu elevato al soglio Pontificale, il Pasolini, non diversamente dal maggior numero degli italiani, sperò dal Papa la salute d'Italia; e per verità, i primi auspicî sfavillavano di luce purissima, miracolosa. Quando il 25 ottobre 1847, Pio IX instituì una Consulta di Stato, il Pasolini sedette a Consultore per la provincia di Ravenna; e quando il 12 febbraio 1848, Pio IX s'è piegato ad accogliere nel suo Governo Ministri laici, il Pasolini ebbe il portafoglio del commercio nel Ministero di allora, e nell'altro del 10 marzo. Ma la enciclica del 29 aprile spezzò le bende: il Pontefice avea fatto divorzio dalla causa italiana: i Ministri incontanente renunciarono il potere che, sotto altra fede, avevano accettato da lui.
Seguitarono tempi e casi, per poco non incredibili. Il Papa fuggitivo a Gaeta, e di là tornato in mezzo a legioni straniere. Dieci anni di Governo cieco, astioso, impotente: e, pei patrioti, dieci anni di ansie ineffabili.
Tuonò alla perfine, compiendosi il maggio 1859, il cannone di Palestro: tuonò nel 4 giugno il cannone di Magenta: i popoli delle Legazioni, a voci unanimi e irrefrenabili, Vittorio Emanuele acclamarono padre e re.
Fermata appena la unione delle provincie romagnole al Regno d'Italia, il conte Pasolini (che nel fatale decennio era vissuto privatissimamente, ma fiducioso nel Principe e nel Governo di lui) fu compreso nel primo elenco dei senatori delle nuove provincie pel decreto 18 marzo 1860. Sul finire di quello stesso anno, inviato a Prefetto di Milano, e nel 1862 tramutato da Milano a Torino: indi nominato Ministro degli affari esteri nella Amministrazione che aveva a suo Capo Luigi-Carlo Farini. Pochi mesi dappoi il Farini, affranto nella salute, resignava la Presidenza del Consiglio de' Ministri: e il Pasolini che deliberò di scendere con quel preclaro uomo di Stato dal Ministero, fu restituito alla carica di Prefetto di Torino; e la tenne sin verso il termine del 1864.
Indi si condusse in una sua villa presso Firenze, non altro bramoso se non della quiete e delle consuetudini della famiglia. Lasciò quel soggiorno sul cadere dell'ottobre 1866 onde obbedire al decreto che lo eleggeva commissario del Re per la città e provincia di Venezia, in quei giorni pei quali lo avvento delle armi italiche rimeritava la invitta costanza, ed empieva di allegrezza infinita le terre e il mare della veduta di Campoformio.
Dopo quella onorandissima Commissarìa, che alla pari degli alti uffici ricordati poc'anzi esercitò con molta saviezza, amò rientrare nel seno delle dolcezze domestiche, ahi! troppo presto crudelmente interrotte per la morte di un figliuolo e della moglie, amendue adoratissimi.
Chinò nondimeno la fronte al decreto del Re che lo ha chiamato per la Sessione del 1876 a Presidente di questo primo Corpo dello Stato, del quale avea sostenuto la Vice-Presidenza in altre due delle Sessioni anteriori.
Tornerebbe soverchio (ché ne sono tuttavia recentissime le vestigia) s'io pigliassi a narrarvi com'egli fungesse questo mandato che per lui doveva esser l'ultimo. La singolare squisitezza delle forme, la serena equanimità, la invidiabile alacrità ond'egli sapeva cogliere il punto delle questioni e porle a partito: tali ed altri nobilissimi pregi del nostro Presidente, che fu il conte Giuseppe Pasolini stanno, o Signori, presenti ancora agli occhi nostri e al pensiero; né andranno sdimenticati giammai.
Sui primi dì del novembre, avvegnaché malaticcio, non si rifiutò alla mestissima cerimonia di accompagnare da San Remo a Superga, nel carattere di Presidente del Senato, ufficiale dello Stato civile per la Reale Famiglia, la spoglia esanime della veneratissima Principessa Maria Vittoria duchessa d'Aosta.
E non era decorso un mese, quando il 4 di questo dicembre ei medesimo, non logorato dagli anni che non erano peranco senili, ma vinto da febbre acutissima e indomabile, fu rapito alla patria!
Signori: tempo è che io suggelli codesti cenni funerei.
Concedetemi di sperare che non mi tocchi più di venirvi dicendo, che qualcuno de' nostri Colleghi s'è da noi dipartito.
(Segni generali d'approvazione).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 27 dicembre 1876.