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PALMIERI Luigi

23 aprile 1807 - 09 settembre 1896 Nominato il 16 novembre 1876 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti parlamentari Commemorazioni.
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Pia e civile usanza richiama sul mesto mio labbro i pregi che adornarono, il bene che i colleghi estinti durante la proroga della sessione, vivendo operarono. [...]
Il professore Luigi Palmieri, mancato in Napoli alle ore venti del giorno 9 di settembre, fu scienziato di fama piucché italiana.
Insegnante di matematica e di fisica in quella scuola di marina; professore di logica e metafisica, poi di meteorologia e fisica terrestre nell'Università e direttore dell'Osservatorio vesuviano; nelle scienze morali e nelle naturali stampò orma di forte e versatile ingegno.
Per oltre sessant'anni ora pubblico, ora privato docente, quattro generazioni si addottrinavano a quel facondo labbro, dal quale quasi da purissima vena la scienza sgorgava scintillante. Tutto casa e scuola gli affetti domestici lo temperavano alle fatiche della cattedra; insegnava con affabile bonarietà, con sollecitudine da padre.
A traverso i molti casi del lungo vivere fu l'idolo della scolaresca: uomini insigni allevati alla sua scuola gli furono sempre amici devoti e reverenti.
Succeduto al Melloni nel dirigere l'Osservatorio, da quarant'anni e più, congiunse il proprio nome alle ricerche, ai trovati, agli studi, alle perspicue illustrazioni dei fenomeni vesuviani. A poco, a poco tanto vi si mise dentro che le induzioni e le teorie sue non solo presso i dotti vennero in credito, ma lo stesso volgo le tenne per verità certe. Sembrava al popolo che quel vecchio connaturatosi col mostro immane, ne avesse sorpreso i segreti ed imbrigliata la potenza sterminatrice. Le notizie, gli avvertimenti, i pronostici di Luigi Palmieri valevano, per l'immaginosa gente, come pronunciati di oracolo; bandivano gli spaventi, rassicuravano. Ed egli che il sapeva, tuttoché grave d'anni e qual si fosse il pericolo, non disertò mai il posto: di là per tutta la vita vegliando a tranquillizzare la ridente plaga, la città che, quale figlio illustre, lo aveva caro ed onorava.
Vi era venuto da giovane per laurearsi architetto quando traversie ed invidie tentarono inceppargli i primi passi d'insegnante. Dalla nativa Faicchio nella Provincia di Benevento, dove era nato addì 22 aprile 1807, egli vi aveva recato una mente a buoni studi classici nudrita ad una ferma volontà: vi troverebbe, oltre alle soddisfazioni della scienza, il maggiore guiderdone d'un animo bennato: la universale venerazione.
Innamorato del progresso scientifico, non d'altro fu ambizioso che del lustro dell'ateneo di cui era gloria, semplice e quasi umile in mezzo ad essa; le pubbliche brighe non lo sviarono, mondano rumore non lo lusingò. Dotti volumi tesoreggiarono il retaggio delle molte osservazioni e scoperte. Il Vesuvio come era prima, che seppellisse Ercolano e Pompei, le eruzioni nei secoli passati e quelle che egli vide, descrisse con linguaggio scientifico, con colori smaglianti: la successione e la natura delle emanazioni, la continua attività, le alterne fasi ne illustrò. Trattò di meteorologia, di geologia, d'elettricità e d'altri argomenti di fisica terrestre: inventò o modificò strumenti per raccoglierne e notarne i fenomeni.
Gli onori a cui fu segno in casa e fuori non lo insuperbirono. Fra essi la dignità senatoria concedutagli il 16 novembre 1876, ebbe fondamento nelle sue qualità scientifiche, rincalzate dalle benemerenze civili come direttore dell'Osservatorio acquistate. Delle une e delle altre fu conferma il funerale decretato dallo Stato, la pompa con che fu sepolto fra l'accorrere ed il dolersi della gente. Alla quale, colla perdita del nonagenario sapiente, parve venisse a mancare non un dotto soltanto, non soltanto un cittadino illustre, ma ben anche un sagace protettore dalle collere dell'inclemente natura; anzi un valoroso difensore della incolumità di Napoli (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 novembre 1896.