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PALASCIANO Ferdinando

13 giugno 1815 - 28 novembre 1891 Nominato il 15 maggio 1876 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Con vivo dolore vi partecipo, signori senatori, essere morto avant'ieri in Napoli il collega nostro professore Ferdinando Palasciano.
Ferdinando Palasciano era nato a Capua il 13 giugno 1815. Fra i cultori dell'arte salutare, e soprattutto della chirurgia, segnalato, la insegnò e per qualche anno la praticò in quell'esercito. Scioltosi da un legame che non si affaceva al carattere indipendente ed al libero suo sentire, vinse a forza d'ingegno e d'energia ogni impedimento che il malvolere del Governo gli parava dinanzi e salì in meritata reputazione. Ed egli che, colpito da incurabile infermità, viveva ora da più anni inconscio di sé e, quasi fosse uscito di vita, dimenticato, aveva già levato nobilissimo grido di dottrina, tenuto il campo fra i più arrischiati e fortunati chirurghi della grande città.
Dopo il 1860 all'amministrazione del comune, ed a quelle di alcuni istituti di beneficenza partecipò con opera zelante. Clinico per breve nell'università, per poco aveva pure diretto un importantissimo servizio sanitario. Le profonde convinzioni scientifiche, un altissimo sentimento gli facevano tenace il volere. Quelli che erano o parevangli i diritti della scienza e della umanità non consentiva piegassero ad altre esigenze.
Deputato per tre legislature (10, 11, 12), senatore sino dal 1876, più e più volte, come già nei congressi, in ambedue i rami dei Parlamento, in ogni controversia affine alla scienza che professò, all'arte che esercitò, fece aperta prova della sua immutabile fermezza nell'opinare.
Carità lo riscaldava, lo infiammava il cuore schiuso all'amore: i doveri del medico modellava su quelli del filantropo: non esercitò un'arte, compì una missione.
Un patriota, un dotto ha cessato di vivere: un uomo chiaro è mancato a quest'Assemblea (Approvazioni generali).
SENATORE PIERANTONI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SENATORE PIERANTONI. Signori senatori! Permettete a me, figlio di adozione della Campania felice, i cui abitatori contavano tra loro i sommi Ferdinando Palasciano, di dire una memore parola di rimpianto per il collega, di cui sentiamo l'amara dipartita. Voglio parlare, perché qui non seggono senatori nati in quella regione. Questo patriottico dovere, che vincendo l'emozione io vo' a compiere, è benanche raccomandato dalla santa ed immacolata religione dell'amicizia (Bene), che al defunto per lunghi anni mi strinse.
Ebbi la ventura di conoscere Ferdinando Palasciano, sorto da origine popolana, come uno dei più ardenti patrioti dell'anno 1860. Ferdinando Palasciano, come bene ha detto il nostro Presidente, si distinse sempre per opere di carità e di civile e nazionale progresso.
Nessuno fu maggiore di lui nell'opera coraggiosa e indefessa di curare i numerosi feriti della memoranda e sanguinosa battaglia, ch'ebbe nome del Volturno, e che recò il trionfo dell'idea unitaria nazionale. Nessuno! Allo spettacolo desolante di giovani vite, che si spegnevano, olocausto per la redenzione nazionale, per l'insufficiente aiuto del corpo sanitario presso gli eserciti combattenti, Palasciano sentì nel petto la nuova idea, nunzia di una grande umanissima riforma, la neurtralità sul campo di guerradel corpo sanitario, delle ambulanze e delle suppellettili medico-chirurgiche.
Col Palasciano altri illustri chirurghi stranieri, che pure avevano esposta la loro vita sui campi di guerra a salvezza dei feriti, divulgarono con elaborate memorie le proposte, che diressero la Conferenza internazionale adunata in Ginevra per redigere la convenzione, che prese nome dalla Croce rossa nella storia moderna.
Rarissima e preziosa per gl'italiani fu la virtù operatrice del Palasciano, e fra tanti servigi resi a sollievo della umanità sofferente lo prova l'elogio, che egli ottenne dal Nelaton, venuto dopo un giorno di triste lutto nazionale, a curare la ferita toccata al generale Garibaldi là sul colle d'Aspromonte.
Per la morte di tanto uomo ben s'intende perché al dolore d'Italia tutta si unisce più acuto il dolore della virtuosa gente di Terra di Lavoro.
Parlo della mia patria d'adozione, per la quale dichiaro di dire queste brevi parole, che il dolore mi spezza sul labbro. (L'oratore si ferma commosso).
È vero che il Palasciano da qualche anno viveva una vita peggiore della morte, perché si era in lui offuscata la luce divina e fulgidissima dell'intelletto; ma se quell'astro si spense, la storia dirà che brillò fulgidissimo e potente per dare splendore alla patria e che si consumò per rischiarare gli orizzonti di nuovi, grandiosi ideali! (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 novembre 1891.