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PACINOTTI Antonio

17 giugno 1841 - 25 marzo 1912 Nominato il 03 dicembre 1905 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi. Uno dei nostri più illustri, il celebre fisico Antonio Pacinotti, si è spento improvvisamente la scorsa notte in Pisa. Il nostro duolo di tal perdita è profondo, quanto quello della scienza; quanto quello della patria, che nella scienza fu dall'estinto arricchita ed onorata. Prendiamo lutto con l'università e con la città di Pisa, che gli diede i natali il 17 giugno 1841; con l'Accademia dei Lincei e con le altre accademie scientifiche, di cui era membro; dirò insomma con l'Italia, alla cui gloria è vissuto. N'aveva lustro il Senato dal 3 dicembre 1905. Il nome di Antonio Pacinotti ha in sé l'elogio, che lo fa sopravvivere, non solo dove nacque e dove insegnò, ma nel mondo scientifico, negli annali delle invenzioni più utili all'umano progresso. Risuonano ancora le solenni onoranze rese nel 17 maggio 1911 dall'Università di Pisa all'inventore dell'anello della dinamo, ricorrendo il cinquantenario della celebre innovazione nell'applicazione dell'energia elettrica, foriera dei progressi dell'elettrotecnica. Il Senato vi partecipò, plaudendo in quest'Aula alla degna parola del senatore Blaserna; vi partecipò il Governo. Dal Parlamento e dal Governo andò al festeggiato il saluto e l'espressione d'omaggio in nome della patria riconoscente. Non fu festeggiamento universitario in Pisa più solenne e più splendido di quello. L'ammirazione e l'affetto furono al colmo; e l'esaltazione salì al sommo per le congratulazioni del Re; e per le presentate insegne dal Re donate del gran cordone mauriziano. È mesto oggi quelle onoranze rammentare del vivente a commemorazione del defunto; ma sollevasi l'animo nella glorificazione che sopravvive. Delle molte opere pregevolissime del Pacinotti, delle importanti sue numerose memorie, e de' meriti di lui, è in tutti notizia insigne; il dirne nuovamente ed estesamente spetterà agli scienziati. Io mi fermo, inchinandomi reverente alla preclara immagine del trapassato, e mandando alla sua salma la venerazione del Senato. (Vivissime approvazioni). [...]
BLASERNA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BLASERNA. Nel 1864 il prof. Pacinotti, allora assistente all'Istituto superiore di Firenze, pubblicava la descrizione di un apparecchio da lui escogitato, che doveva servire meglio degli apparecchi allora esistenti per le dimostrazioni di scuola.
Quest'istrumento si presentava in una forma molto modesta; ma più tardi si è visto che esso racchiudeva in sé tutti gli elementi, per risolvere i problemi più importanti che allora esistevano nell'elettrotecnica.
Tutto ciò si seppe poco a poco, perché il prof. Pacinotti non aveva fatto nessun passo per far valere la sua invenzione. Il prof. Pacinotti era di una tale modestia, che non era possibile d'indurlo a far valere i suoi diritti, e dovettero incaricarsi di quest'affare parecchi altri suoi amici.
Erano diritti di indole scientifica, perché a lui non sarebbe venuto mai in mente di volersene servire per un guadagno, cosa che pure avrebbe potuto fare.
Quando si pensa a quale punto è arrivata oggi la elettrotecnica, e che tutti i principali problemi ad essa connessi erano risolti dal suo piccolo apparecchio. Che appunto dalla sua forma porta il nome di anello del Pacinotti,si rimane meravigliati nel constatare che altri abbiano dovuto parlare per lui, e abbiano fatto valere, specialmente a Parigi, i suoi diritti di precedenza su tutte le invenzioni che seguitarono.
Spetta a noi di rendergli questo onore, e oggi, che purtroppo è venuta improvvisamente la sua morte a colpirci, spetta a noi di fare quello che egli non ha voluto fare per se stesso.
Ormai il nome del Presidente, è un nome che si trova nella bocca di tutti; anzi più all'estero che in Italia, la sua invenzione è stata conosciuta. Io rammento le lotte che bisognava sostenere in Italia per far valere tutta l'importanza della sua invenzione.
Propongo che si inviino alla famiglia del Pacinotti e all'Università di Pisa le nostre condoglianze, condoglianze sentite per la perdita di un uomo che tutto il mondo ha tanto onorato. (Approvazioni).
RIGHI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIGHI. Io non avrei nulla da aggiungere a quanto detto così bene il nostro illustre Presidente, commemorando il senatore Pacinotti, se non avessi però un titolo speciale per unirmi alle parole di compianto che oggi sono state pronunciate.
Io perdo nel Pacinotti non solo il collega, non solo l'amico, ma il primo mio maestro. Non avevo che quattordici anni, e lui neppure ventiquattro, quando assistetti come scolaro alla sua prima lezione di fisica nell'Istituto tecnico di Bologna, e appassionato come ero già per quella scienza, che egli cominciava allora a professare, divenni presto assiduo frequentatore del suo laboratorio.
Era tale la bontà dell'animo suo, la ingenuità del suo carattere, l'estrema sua modestia che passava sopra dal canto suo a tutte le differenze che tra noi esistevano, e mi trattava come un compagno ed amico.
E a queste buone, eccellenti, rare qualità, che sono per lo più l'indizio del merito vero e reale, egli ne aggiungeva altre che gli guadagnavano l'affetto di tutti. Da una parte l'ingegno ponderato lo faceva procedere nelle sue ricerche a passo sicuro, ciò che gli valeva sensibilità, l'intensità con cui sentiva gli affetti familiari e l'amicizia inspiravano la maggior simpatia.
E non dico cose nuove, perché tutto ciò è notorio, almeno per coloro che anno avuto la fortuna di conoscerlo da vicino.
Non è questo il momento e il luogo per una vera commemorazione, né, turbato come sono per la improvvisa notizia, potrei farla degnamente. E nemmeno la riterrei necessaria, perché ormai il merito principale del Pacinotti è a tutti noto; basta guardarsi d'intorno, basta considerare l'immenso sviluppo che ha preso oggi l'industria elettrica, perché noi abbiamo la prova e la documentazione perfetta di quanto egli abbia fatto nella sua età giovanile.
È bensì vero che un costruttore abile e di pochi scrupoli seppe combinare all'anello, che porterà eternamente il nome del Pacinotti, un ingegnoso principio, già applicato dal Siemens e da altri, quello della autoeccitazione, e riuscì per primo a costruire quelle grandi macchine dinamoelettriche, che vediamo oggi continuamente all'opera, più o meno modificate. Ma è estremamente verosimile che, senza l'anello del Pacinotti, mai si avrebbero [sic] potuti realizzare quegli splendidi risultati che oggi ammiriamo, od almeno chi sa mai quanto avrebbero tardato a recarci i loro beneficii.
Il Pacinotti non pensò certamente per prima cosa ai vantaggi che avrebbe potuto per sé ricavare dalla sua invenzione. Egli considerava la scienza da vero scienziato, facendo della scienza scopo a sé stessa. Ciò non di meno io penso, che egli abbia dovuto provare un sentimento di sconforto e di sdegno, allorché vide ad altri attribuita quella gloria a cui aveva egli solo il maggiore diritto. Non si tardò a rendergli giustizia; ma tuttavia quel sentimento fu forse la causa per cui durante lunghi anni abbandonasse le ricerche fisiche, rivolgendo a campi assai diversi la sua attività. Ad ogni modo l'ammirazione e la gratitudine che merita il Pacinotti per la sua invenzione è tale, da farcelo considerare come uno dei nostri grandi, e da far sì che la sua scomparsa costituisca un vero lutto per gli italiani. (Benissimo, congratulazioni).
MORTARA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA. Non vedendo presente nell'Aula alcuno dei senatori che erano colleghi attuali del compianto Pacinotti, debbo rammentarmi le qualità, di cui altamente mi onoro, di professore onorario dell'Università di Pisa e di essere stato per oltre dodici anni collega, e (mi piace pur ricordare questa nota simpatica) amico e vicino di abitazione dell'illustre scienziato di cui oggi l'Italia piange la perdita. Come antico collega e come amico, io non ho autorità per aggiungere nuove parole intorno ai suoi meriti scientifici, ma posso confermare con la più viva commozione dell'animo il ricordo delle grandi qualità di carattere e di cuore che lo rendevano soprattutto amato e caro a quanti avevano la fortuna di avvicinarlo si trovassero o non si trovassero in comunanza di studi o contatto di manifestazioni intellettuali con lui. Io lo conobbi nell'intimo della vita famigliare, esempio di tutte le virtù da quelle di figlio a quelle di marito e di padre impareggiabile; lo vidi fra i suoi scolari, circondato dall'affetto, dall'entusiastica venerazione dei giovani che con la semplicità dei modi, con l'affabilità costante, egli sapeva affascinare, iniziandoli agli alti misteri della scienza e avvincendone l'attenzione con la parola e soprattutto con le dimostrazioni sperimentali che egli sempre con mano maestra, nella scuola guidava od eseguiva.
La morte di Antonio Pacinotti fu uno dei maggiori lutti che potesse colpire l'Università di Pisa; ed è in nome di quella università a cui tuttavia sono orgoglioso di appartenere, che esprimo il cordoglio sentito per tanta perdita. Piace rammentare in quest'ora triste che l'Ateneo pisano volle avere il Pacinotti tra i suoi insegnanti, fino da quando egli non poteva occupare la cattedra che, secondo la sua competenza scientifica, gli sarebbe spettata. Lo volle, e creò appositamente una cattedra che occupò fino all'ultimo giorno della sua vita, che era stato pure illustre cultore delle scienze fisiche.
Mi associo quindi di gran cuore alla proposta del senatore Blaserna, che certamente sarà accolta ad unanimità dal Senato, perché siano inviate le condoglianze profonde alla famiglia, ed anche all'università pisana di cui egli era uno dei massimi ornamenti. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni,25 marzo 1912.