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OTTOLENGHI Giuseppe

26 dicembre 1838 - 02 novembre 1904 Nominato il 14 maggio 1902 per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Tancredi Canonico, Presidente

Signori senatori! Duolmi dover cominciare il mio ufficio dalle dolenti note.Ma pur troppo è ben raro che durante un periodo, anche non lungo, d'interruzione dei nostri lavori, non si abbiano a deplorare perdite dei nostri colleghi. [...] In età ancor verde e nella vigoria delle sue forze moriva improvvisamente il 2 novembre in Torino il generale Giuseppe Ottolenghi, nato a Sabbioneta nel Mantovano il 26 dicembre 1838.
Brillante e valoroso ufficiale, di forte ingegno, di una scrupolosa esattezza nell'adempimento del proprio dovere, pronto sempre ad assumere sopra di sé tutte le responsabilità, la sua vita fu un servizio zelante e non interrotto alla patria ed al Re.
Cominciati i suoi studi all'Università di Torino, li lasciò nel 1859 per entrare alla Scuola militare d'Ivrea; ed in quello stesso anno, al cominciare della campagna, fu nominato sottotenente. Portabandiera all'assedio di Gaeta, venne colpito da una palla di moschetto al fianco destro e meritò la medaglia al valor militare.
Nel 1863 era già capitano di stato maggiore. Un'altra medaglia al valor militare si guadagnò nel 1864 combattendo il brigantaggio. In un improvviso e serio conflitto, assunse il comando di alcuni riparti di fanteria e di cavalleria, ebbe ucciso il cavallo, fu ferito al braccio ed al petto: ma l'azione da lui comandata sortì un pieno successo.
Un altro cavallo ucciso sotto di sé ed un'altra ferita egli ebbe nel 1866, quando, per salvare il generale Brignone in pericolo a Monte Croce, prese il comando dei carabinieri e delle guide che erano al suo seguito e caricò il nemico. Venne allora fregiato della croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia.
Promosso maggiore, insegnò la storia dell'arte militare nella scuola di Modena.
Rientrato nello stato maggiore e fatto poco dopo colonnello, salì per tutti i gradi fino a quello supremo di comandante di corpo d'armata.
Nominato senatore e ministro della guerra nel 1902, lasciò il portafoglio al finir d'ottobre del 1903.
Nel 1869 era stato mandato ad assistere alle grandi manovre di Châlons, che erano allora di non piccola importanza: e nel 1878-80 lavorò attivamente nella Commissione internazionale per la delimitazione della frontiera turco-montenegrina.
Rigido nella disciplina, ma pieno di cuore, i soldati lo stimavano ed amavano; perché sotto la severità esteriore, sentivano sempre in lui la giustizia e la bontà.
L'esercito ha perduto in lui un prode e dotto ufficiale; la patria un servitore zelante; il Senato un collega apprezzato e carissimo.
[...]
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. A nome del Governo mi associo al dolore del Senato per le perdite gravissime che ha subito durante questo periodo di chiusura dei suoi lavori.
Quando si pensa al tesoro di patriottismo, di sapienza e di valore che il paese ed il Senato hanno perduto con la scomparsa di questi uomini non si può a meno di essere compresi da un senso di profonda mestizia.
Io auguro che la nuova generazione possa darci uomini che per patriottismo, per valore e sapienza possano equivalere a quelli dei quali oggi piangiamo la perdita. (Bene).
Mi consenta il Senato una parola di speciale rimpianto per la perdita del senatore Ottolenghi che mi fu compagno di scuola, e che ebbi poi collega come ministro della guerra. Egli era un cuore nobilissimo, affezionato all'esercito come, forse, pochi uomini lo sono stati, e se avesse avuto anche maggiori occasioni di dimostrare il suo valore e l'altissima sua intelligenza certamente avrebbe saputo acquistarsi ancora maggiori benemerenze verso il paese.
Io mi associo al profondo dolore del Senato, e rinnovo l'augurio che la generazione che sorge riempia questi vuoti che, disgraziatamente, si vanno continuamente facendo nel Senato e nel paese. (Vive approvazioni).
MIRABELLO, ministro della marina. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MIRABELLO, ministro della marina. Mi consenta il Senato che io, per incarico del mio collega il ministro della guerra, il quale ha dovuto, suo malgrado, assentarsi in questo momento, aggiunga alcune frasi di commemorazione alle elettissime dette dal nostro illustre presidente, in onore dei generali Bonelli, Avogadro di Collobiano e Ottolenghi, dei quali tutti rimpiangiamo la perdita. [...]
La prematura scomparsa del generale Ottolenghi ha privato l'Italia di un altro di quei valorosi veterani, ormai a pochi ridotti, che hanno fatto la patria una e indipendente, ha tolto all'esercito, strappandolo in brevi istanti all'alto suo comando, uno dei più apprezzati e valenti suoi capi.
Nato nel mantovano, sotto il dominio austriaco, nel 1838, egli non esitò, giunta l'ora, a seguire quel nobile e patriottico impulso che tanta gioventù spingeva oltre il Ticino ad arruolarsi nei corpi di volontari, nelle file di quel piccolo e glorioso esercito piemontese che si accingeva a riprendere, dopo 10 anni appena, il fatale e inesorabile conflitto che a Novara non era stato che sospeso.
In quelle file, l'Ottolenghi prese parte alla campagna del 1859 e a quelle del 1860, 1861 e 1866.
Valoroso soldato, come buon patriota, due medaglie al valore militare, e poi anche la croce dell'ordine militare di Savoia, guadagnatasi nella battaglia di Custoza, ne fregiarono il giovane petto. Ventiquattrenne appena e già capitano di stato maggiore, veniva giudicato dal generale Pinelli, che seco lo ebbe nel 1863, al campo di San Maurizio, come ufficiale che valeva un tesoro, e che dava di sé le maggiori speranze. Né il giovane capitano venne meno alla promessa che aveva fatto concepire; dopo essere stato professore d'arte militare alla scuola di Modena, dopo variati ed apprezzati servizi nel corpo di stato maggiore, egli presto raggiunse i più alti gradi della gerarchia. Mente colta ed eletta, spirito vivace e pronto, il generale Ottolenghi così nei comandi militare, e ne ebbe dei più importanti, come più tardi nell'ufficio di ministro, dette prova di grande sagacia e di straordinaria operosità. Egli ebbe quanto altri mai vivo sempre il culto del dovere dell'ordine, della disciplina, fino a sembrare soverchiamente rigido, fino ad esigere quasi sforzi eccessivi, come da sé, così dai suoi dipendenti; ma chi dappresso lo conobbe, ben può dire come egli sempre unicamente si proponesse il bene dell'esercito, e come l'opera sua volgesse a mantenere desta e alacre l'attività di ciascuno, ad infondere in tutti lo spirito operoso che lo animava.
Elettissimo, egli ebbe anche il cuore eletto e caritatevole, ma di quella fiorita carità, che senza pompa, è anzi nascostamente benefica. Ma voi, onorevoli senatori, voi lo aveste vostro collega dal maggio 1902 in qua, voi lo vedeste a lungo sedere a questo banco per sedere e propugnare gli alti interessi militari del paese, voi lo avete così potuto conoscere e bene apprezzare. Certo è che nelle file dell'esercito la sua illimitata energia e la sua autorevolezza gli avevano acquistato la generale estimazione, e però la sua repentina morte non poteva non essere che cagione di verace lutto. E bene lo attestarono le estreme e solenni onoranze che, or fa appena un mese, a lui rendeva la patriottica e mobilissima Torino, dove egli aveva passato tanti anni della sua carriera, dove egli ha tenuto, dopo cessato da ministro e fino alle ultime ore di sua vita, il maggior comando miliare.
Associandomi al lutto del Senato, io mando per incarico del mio collega, ministro della guerra, alla memoria del suo compianto predecessore, ed in suo nome, come amico che sinceramente gli fu, e in nome dell'esercito, un ultimo saluto; e possano le mie parole avere un'eco di conforto nell'animo della desolata vedova di lui, degna compagna nelle opere della carità, che è rimasta a rimpiangerlo. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 3 dicembre 1904.