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ODESCALCHI Baldassarre

22 giugno 1844 - 05 settembre 1909 Nominato il 25 ottobre 1896 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Giuseppe Manfredi, Presidente

Signori Senatori!
[...] Altra nobiltà, anzi il maggior splendore di natali, congiunto agli ornamenti dello spirito, agli acquisti del sapere, ed al merito delle opere, si spense il dì 6 settembre, in cui Civitavecchia diede il lamento e mandò l'annunzio ferale della morte ivi avvenuta di altro nostro illustre, Baldassarre Odescalchi, non dal soverchio degli anni, ma da malattia condannato.
Nacque in Roma il 22 giugno 1844, ed appena ventenne l'avversione al dominio pontificio lo condusse a varcare i confini ed a prendere dimora in Firenze; ove nel 1867 fu dal governo del Re, che vi aveva portato la sede, addetto alla legazione italiana in Vienna. Né in Roma pose piede, né rientrò nel patrimonio, se non dopo che le armi italiane l'ebbero liberata. Egli fu della giunta provvisoria di Governo, che in Roma libera si costituì il 21 settembre 1870; e della Deputazione, che portò a Vittorio Emanuele II il plebiscito romano del 2 ottobre.
A personaggio tanto cospicuo, in tanta altezza e nel tempo stesso in tanto favore popolare che erasi procacciato, non potevan tardare i civici uffici ed i ricorsi delle società politiche; né mancare i voti di più d'un collegio elettorale. Fu per lui nelle elezioni generali del 1874 il collegio di Civitavecchia, che rappresentò nella dodicesima legislatura, sedendo al centro sinistro della Camera. Ritiratosi dalla vita pubblica per privata cagione, rientrò deputato nel corso della legislatura quattordicesima; e vi continuò per la quindicesima, per la sedicesima, e la diciassettesima; eletto a scrutinio di lista fra i rappresentanti del terzo collegio di Roma. A scrutinio uninominale poi fu eletto per la legislatura diciottesima dal collegio di Ascoli-Piceno. L'esercizio legislativo alla Camera elettiva fu il titolo, che valse al regio decreto del 25 ottobre 1896, che lo nominò senatore; non senza gli altri meriti, che il facevan degno dell'ingresso alla Camera vitalizia.
Frequente alle sedute parlamentari, prese parte a Giunte e Commissioni. Esponeva esatto, l'abbiamo come presente; discuteva pacato, ma fermo e vivace alla dimostrazione, vibrato all'invettiva; e con l'accento verace, con la piacevolezza e l'arguzia attraeva. Appreso aveva dai libri e dai viaggi: studioso d'ogni maniera del vivere civile e del reggimento degli stati; raccoglitore di fatti dall'osservazione all'interno e fra gli stranieri, sino al di fuori d'Europa. La questione sociale fu sua meditazione; e, sciolto dai pregiudizi aristocratici, precorse a radicali e socialisti, senza appartenere a scuole né a confessioni, nel propugnare i diritti dei proletari. È memoranda quella sua interpellanza da deputato nella seduta del 17 maggio 1890 al Presidente del Consiglio dei ministri per sapere, se il Ministero intendesse presentare provvedimenti legislativi conformi alle decisioni prese ed alle massime accettate dalla Conferenza di Berlino, alle quali avevano aderito i delegati italiani, per lenire i mali, ei diceva, che dal generale dei pensatori erano riconosciuti esistere, e portare al lavoro quei vantaggi, che oramai ogni uomo di Stato serio e valoroso riconosceva urgenti. La causa del lavoro, esclamò in quella seduta, ha scritto sull'emblema suo: sempre avanti; pensiamo all'avvenire. E dopo le dichiarazioni del Ministero, presentò quella mozione, la cui discussione, rinviata, non seguì per altre urgenti e per la chiusa Sessione; il passaggio cioè all'ordine del giorno, riconoscendo l'opportunità della presentazione di leggi d'ordine sociale. E quando provvedimenti sociali furono proposti, intervenne ogni volta la sua calda parola.
Non meno che del sapere economico ed amministrativo fu cultore della letteratura; e fervente poi ed intendentissimo delle belle arti. All'agricoltura pose cuore ed all'istituto coloniale; ebbe genio per l'ippica e per la caccia. Cominciata in diplomazia, a tutto si estese, e giunse sino a questi diporti la sua attività. Onde i suoi discorsi alle due assemblee, quando di agricoltura e di belle arti e della conservazione dei monumenti l'una o l'altra ebbe argomento; e sugli interessi della provincia e città di Roma, e sulla politica estera, e sull'Argentina, sulla Somalia italiana, sulla Tripolitania, sulle relazioni con gli Stati Uniti, sull'emigrazione, sugli usi civici, sulla questione ippica e sulla caccia.
De' suoi studi artistici, letterari, storici ed archeologici, e dei politici e sociali, fece volumi, e varietà pubblicò di soggetti, fra cui la descrizione dei suoi viaggi in Palestina, nella repubblica Argentina, a Costantinopoli, agli Stati Uniti.
Molto pensò e scrisse, ed anche qualche cosa di grande intraprese per la capitale. Santa Marinella, castello e frazione ridente di Civitavecchia egli ha creata borgata ogni anno crescente a floridezza nel moltiplicarsi dei suoi villini. Era da lui disegnata una grande città con tracciato di rette ed ampie strade per chilometri; e le opere incoraggiava beneficando i nuovi abitatori, e costruendo egli stesso, che visitava ogni sera dalla sua villeggiatura di Civitavecchia quella borgata, che dilettavasi chiamare sua figlia e far crescere sobborgo marino di Roma. Con tale sogno egli morì.
Ma Roma ha ben altro di che esser memore a Baldassarre Odescalchi. Alla più bella pagina della sua vita accennai da principio: ora chiudo con quella. Il giovane principe romano, ereditiero di contea, di marchesato, di ducato, di signorie ricchissime; d'origini che risalgono per secoli a discendenza di un vicario milanese del Sacro romano impero; il pronipote di un pontefice; il magnate d'Ungheria; il grande di Spagna; abbandonò palagi e ville avite finché Roma all'Italia fu negata, per muovere incontro alla stella, che a Roma preparava il serto di capitale italica. In quell'anno 1870, che il destino aveva segnato per il coronamento del risorgimento della patria nostra, non attese il 20 settembre, precedette l'esercito italiano; Bracciano e le terre del suo ducato, sino a Civitavecchia, sommosse, giorni prima dell'occupazione; e le popolazioni trasse a pronunciarsi per il nuovo ordine di cose. Fu quella una breccia alla potestà crollante più distruttiva di quella di porta Pia: fu la prima voce di quella sentenza di sudditi, che poi il romano plebiscito suggellò. Onore alla memoria di Baldassarre Odescalchi. (Benissimo) [...].

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 25 novembre 1909.