NOBILI Niccolò
15 dicembre 1830 - 05 novembre 1900 Nominato il 10 ottobre 1892 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza ToscanaCommemorazione
Atti parlamentari - Commemorazioni
Stanislao Cannizzaro, Vicepresidente
Signori senatori,
[...]
Il 5 di questo mese moriva in Firenze, ove era nato nel dicembre 1830, Nicolò Nobili.
A diciassette anni, studente di giurisprudenza nella università di Pisa, fece parte del battaglione universitario che combattè valorosamente a Curtatone e Montanara.
Tornato all'università, vi riprese gli studi scientifici e letterari che gli furono sempre cari e vi compì quelli di diritto pei quali conseguì la laurea.
Fu in Firenze tra i più attivi e caldi liberali unitari che nel decennio dopo il 1849 prepararono e nel 1859 compirono l'annessione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele.
Appena compita quell'annessione il Nobili fu dai suoi concittadini incaricato dei più importanti uffici pubblici della città di Firenze nei quali applicò il frutto dei suoi studi economici e sociali ed impiegò la sua perizia amministrativa, il singolare suo tatto negli affari e pur troppo la più gran parte della sua meravigliosa attività sino a pochi giorni prima della sua fine.
Non più lungi del 3 agosto fu udito in quel Consiglio provinciale uno dei più eloquenti e patriottici suoi discorsi in occasione della sciagura di Monza.
Converrebbe passare in rassegna i quaranta ultimi anni tanto agitati della storia economica e politica di Firenze, per apprezzare i servizi resi a questa città ed allo Stato dal Nobili, qual consigliere comunale e permanente assessore per le finanze, qual consigliere provinciale e presidente della Deputazione provinciale, quale sopraintendente dell'Istituto di studi superiori e negli altri moltissimi uffici.
Fu deputato per il collegio di Montevarchi nelle 21a, 22a e 23a legislatura, stretto sempre nel suo comportamento politico al gruppo toscano a cui appartennero Ricasoli e Peruzzi coi quali aveva egli sempre cooperato.
All'opera parlamentare il Nobili associò l'attiva propaganda colla stampa. Fu proprietario dei due giornali la Vedetta e la Nazione e di quest'ultimo, direttore, dopo Celestino Bianchi.
Tanto nella Camera elettiva e nel Senato quanto colla stampa trattò di preferenza gli argomenti di finanza e di economia pubblica, propugnando col fervore di salde convinzioni le dottrine della libertà economica. Combattè perciò il protezionismo, ed alcune parti del nostro sistema finanziario nelle quali credè si mirasse ad aver florido più il bilancio dello Stato che quello della nazione. Nella seduta del Senato del 18 luglio 1894, in cui si discussero i provvedimenti finanziari del ministero Crispi, Egli, riaffermando tali suoi convincimenti, ricordò le condizioni deplorevoli in cui Robert Peel trovò il bilancio inglese quando decise intraprendere l'ardita e fortunata riforma ed invitò il Governo italiano a seguir quell'esempio, osando, egli soggiunse, non perché "audaces fortuna juvat" ma perché il questo caso osare non è audacia ma saggezza.
Questo vivo interesse che il senatore Nobili aveva per le questioni economiche e finanziarie debbe di certo accrescere il rincrescimento del Paese per la di lui immatura fine, proprio nel momento che tanto ampia ed animata discussione si è accesa intorno a riforme da introdurre nel nostro sistema di tasse; poiché a raggiungere il vero nello intricato problema giova che tutte le opinioni sieno rappresentate e si dibattino tra esse; e nessuno avrebbe con maggior calore del Nobili sviluppato quelle di cui era stato costante apostolo.
A ragione dunque noi ci associamo al dolore della città di Firenze per la perdita dell'insigne suo figlio e dell'operoso pubblicista italiano. (Vive approvazioni).
[...]
MUNICCHI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MUNICCHI. Voglia il Senato consentirmi ch'io dica brevi parole per il senatore Nicolò Nobili di cui oggi piangiamo la perdita.
Non avrei parlato, perché nulla mi pare che si potesse aggiungere all'eloquente commemorazione fatta di lui dal nostro Presidente, se altri egregi senatori, mossi da sentimenti d'affetto e di stima, non si fossero individualmente associati alla commemorazione fatta per alcuni dei nostri poveri colleghi morti.
Così essendo avvenuto, mi è parso che anche per Nicolò Nobili dovesse da un collega esser detta una parola.
Avrei voluto che altri, il quale per dimora abituale in Firenze, abbia potuto per il lungo spazio di quaranta anni assistere allo svolgimento dell'attività, della capacità e dell'abnegazione, di cui il Nobili ha dato prova solenne in tutta la vita, consacrata alla cosa pubblica, fosse qui per parlare autorevolmente di codesto nostro insigne collega estinto. In mancanza di altri, assumo io il compimento del mesto dovere.
Onorevoli colleghi! La vita di Niccolò Nobili è veramente esemplare sotto varii aspetti. Uomo d'alto ingegno, di forti studi giuridici, di ferrea volontà, aveva tutti gli elementi per prendere parte onorevolissima e rimunerata nella curia di Firenze.
L'esercizio della professione legale gli sarebbe stata utile perché aveva modesto patrimonio avito. Ed all'esercizio professionale dapprima si diede, distinguendosi subito specialmente nelle materie commerciali. Ma, trascinato in breve nella vita pubblica, in essa fu assorbito e vi consacrò tutto se stesso.
La vita pubblica e patriottica del Nobili, come avete udito dall'egregio nostro Presidente, si svolge con la vita d'Italia nell'ultimo mezzo secolo, dall'alba del Risorgimento nazionale ad oggi.
Fermiamo la nostra attenzione su due punti, due momenti. Giovane, a diciassette anni, Nobili combattè col battaglione universitario nella sfortunata ma eroica giornata di Montanara.
Negli ultimi giorni della sua vita, già colpito da quel malore che poi lo ha condotto alla tomba, egli si trascina nel Consiglio provinciale, sembrandogli che il dovere di cittadino, di italiano, di presidente della Deputazione provinciale, gli imponesse il dovere di assistere alla commemorazione del nostro Re orrendamente trucidato a Monza. In quella seduta solenne egli pronunziò un discorso altamente patriottico, che fu da tutti ammirato e commosse profondamente. Le forze fisiche gli mancarono, ma quelle dell'anima ed il sentimento del patriottismo lo reggevano nell'estrinsecazione del grande dolore per la strage del re buono e nell'affermazione della fede nell'avvenire della nostra Italia.
Tra questi due momenti dell'inizio e della fine della vita pubblica del Nobili, tra il 1848 ed il 1900, si svolge l'opera sua sempre consacrata alla Patria.
Per quanto si riferisce alla vita amministrative della nostra Firenze, egli per 40 anni è stato consigliere comunale; per quasi 40 anni consigliere provinciale: importantissimi uffici ha coperto nel campo dell'insegnamento come presidente dell'Istituto di studi superiori, in quello della beneficenza come amministratore di Opere pie. Ed in tutti i campi è restata impressa l'orma dell'opera sua altamente intelligente ed eccezionalmente attiva.
È stato detto con grande ragione dal nostro Presidente ch'egli era forte negli studi economici. Al qual proposito mi piace rammentare che era un liberista, appartenendo a quella scuola che, per necessità ch'io posso sperare momentanee, ha dovuto cedere ad altro sistema, ma che, con ferme speranze e convinzioni profonde, tiene alta sempre la sua bandiera gloriosa.
Dotto in codesti studi economici e col sussidio anche delle scienze matematiche, in cui era pure versato, ha potuto prender parte alla soluzione dei più intricato problemi della vita economica di Firenze.
Vi dirò anzi, onorevoli colleghi, che forse la sua fine fu affrettata da uno studio poderoso da lui fatto per l'organizzazione della Cassa delle pensioni degli impiegati municipali.
Tutti, amici ed avversari, riconoscono che insigne è codesta opera da lui compita in cui appunto l'economista ebbe il sussidio della matematica per risolvere l'intricato e grave problema.
Eppure, onorevoli signori, questo uomo ottimo, questo povero nostro collega, che rinunziò alla professione e dedicò tutto se stesso alla cosa pubblica, non è andato immune dai morsi dell'invidia e da quelli più atroci della calunnia.
Un nostro egregio collega, il senatore Corsini commemorandolo pochi giorni or sono nel Consiglio provinciale di Firenze, disse che i Nobili ebbe tali oppositori che, piuttosto che avversari, potevano dirsi nemici.
Quanto privo di fondamento fossero le loro accuse, fu pubblicamente confermato ora (gli amici e gli uomini seri lo sapevano già prima) essendo divenuto notorio che gli ultimi giorni del nostro collega furono vieppiù angosciati pel pensiero che lo martoriava di lasciare la famiglia in condizioni disagiate, con un patrimonio più piccolo di quello avuto dal padre, nonostante l'aver passata la vita con grande sobrietà e modestia.
Eppure il Nobili era stato accusato di avere nella vita pubblica guadagnato!
Ed è morto povero, ed è stato sempre onesto, e per lui può ripetersi il detto di Seneca honestas est lata paupertas.
Lo so, non è un merito l'essere onesto, ma un dovere; di fronte però a quest'uomo calunniato, la prova della stoltezza, della malvagità delle accuse rende più forte il compianto per lui e la venerazione per la sua memoria (Bene).
Onde, onorevoli colleghi, sono sicuro che voi accoglierete la mia proposta che il Senato invii i sensi del suo cordoglio alla famiglia del Nobili. E, poiché, altri illustri sono stati commemorati in questa adunanza, permettete che a me, che ho preso forse tra gli ultimi al parola, spetti di proporre che a tutte le famiglie dei commemorati oggi il Senato invii le proprie condoglianze.
(Bene, approvazioni).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 novembre 1900.