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NICOLIS DI ROBILANT Carlo Felice

08 agosto 1826 - 17 ottobre 1888 Nominato il 25 novembre 1883 per la categoria 06 - Gli ambasciatori provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori!
È mio dovere, e pietoso ufficio ad un tempo, ricordare quei colleghi nostri che passarono di vita dalla scorsa estate ad oggi: i senatori Vegezzi, Morandini, Luciani, Correnti, Di Robilant, Di Castagnetto.
[...]
Improvvisa, dolorosissima giungeva in Italia, il 17 di ottobre, la notizia della perdita del conte Carlo Di Robilant, morto in Londra nelle prime ore del giorno stesso.
Nacque di antico lignaggio in Torino l'8 di agosto 1826, Carlo Di Robilant, e, sull'esempio del padre e degli avi, seguì la carriera delle armi, ornamento e vanto di quella fiera nobiltà subalpina che, sprezzatrice del molle poltrire, servendo il Re col senno e colla mano, rinverdiva di novella fronda l'avito blasone.
Educato nell'Accademia militare, militò nella guerra del 1848 come luogotenente d'artiglieria ed intrepido combatté con grande onore a Sommacampagna il 24 e 25 di luglio.
Nell'infausta giornata di Novara una palla di cannone gli infranse la mano sinistra, che si dovette amputargli.
Alla guerra del 1859, capitano d'artiglieria; a quella del 1860, maggiore, poi tenente colonnello di stato maggiore; a quella del 1866, colonnello e capo di stato maggiore del 3° corpo d'armata, prese parte con valore pari alla non comune militare perizia.
Due medaglie al valore militare e le ricompense alle doti nella vita de' campi le più pregiate, ornavano il petto di lui, numerando ogni scontro, ogni combattimento, ogni campagna cui il glorioso mutilato aveva partecipato.
Il tratto contegnoso, temperato da signorile cortesia, grande autorevolezza nel comando, onor militare altamente sentito, coltura e pratica nelle discipline militari, devozione illimitata al Re ed alla patria, facevano del conte Di Robilant un modello di cittadino e di soldato.
Esimie doti, di rado unite in uno, e che furono sovratutto manifeste in lui generale e capo di quel primo istituto di perfezionamento militare, che è la scuola di guerra.
Ed a Ravenna, dove per pochi mesi, nel 1870, succedendo al generale Escoffier, spento dalla mano assassina d'un impiegato di pubblica sicurezza, ebbe poteri civili e militari, colla grande equanimità, colla scrupolosa osservanza della legge, sciolto dalle parti seppe accattivarsi la stima, anzi l'affetto financo di quei cittadini, i quali, diffidando di tanta somma di autorità nelle mani d'un soldato eccezionalmente confusa, avevano in sulle prime temuto straordinarie provvidenze, alla libertà infeste.
Dalla quale missione, compiuta con plauso, messo in maggiore risalto, egli era, nel 1871, mandato ministro plenipotenziario, poi ambasciatore a Vienna, dove efficacemente contribuì allo entrare dell'Italia nel concerto delle potenze centrali; alleanza che, ministro degli esteri per quindici mesi, toccò a lui nel 1887 rinnovare e più particolarmente determinare.
Dal 1877 fu tenente generale, e senatore dal 25 novembre 1883.
Al conte Di Robilant, ministro, non mancarono le amarezze della vita pubblica. A lui, non avvezzo alle lotte politiche; al cuore di lui, sopratutto e prima di tutto soldato, i giudizi aspri e i concitati assalti furono punta avvelenata, come se il saldo suo patriottismo fosse sospettato; quasi che al suo onore di cittadino e di soldato si attentasse.
E quando, pochi mesi or sono, tolto alla vita privata ed agli affetti della prediletta famiglia, una nuova ed importante missione a Londra gli provò non essere sceso nella pubblica stima, un fremito di gioia scosse certo l'austero, cui il riputarsi male giudicato era insopportabile tormento. E il compianto schietto, caldo, unanime intorno alla bara dello specchiato gentiluomo, del diplomatico sagace, dell'eroico soldato morto lungi dalla patria fu degna ricompensa a chi si inscrisse col sangue nelle battaglie del nazionale riscatto, e fra le armi e nei pubblici uffici ebbe un solo sprone, un intento solo: il dovere. (Movimento generale di viveapprovazioni)
[...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor ministro guardasigilli.
ZANARDELLI, ministro di grazia e giustizia.A nome del Ministero sento il dovere di associarmi ai sentimenti espressi con tanta verità, con tanta nobiltà, con tanta esattezza dal nostro illustre Presidente e dagli onorevoli senatori che degnamente fecero eco alle sue parole.
Non io saprei aggiungere novella fronda a quella splendida corona, di meritati elogi che il Senato ha dedicati alla memoria di questi uomini insigni.
[...]
Infine, sebbene il mio amico e collega, il ministro della guerra, sia tale cui più che a me si addica di parlare del conte Di Robilant, non voglio tralasciare di rendere omaggio al suo strenuo valore, al liberale reggimento d'una patriottica provincia tenuto in tempi difficili, al senno non disgiunto da patriottica alterezza con cui strinse a difesa d'Italia poderosi le­gami internazionali, alla sua lealtà cavalleresca, alla semplicità dei modi, alla elevata dignità della vita.
Signori, noi tutti in questo recinto sentiamo profondamente con unanime rimpianto come questi uomini, gli egregi spiriti i quali in questi ultimi mesi furono rapiti al Senato, contribuirono a quei solenni ed immortali avvenimenti che dopo tanti secoli di divisioni e di servaggio diedero agli Italiani una patria. (Bene, benissimo).
PRESIDENTE. Il signor ministro della guerra ha facoltà di parlare.
BERTOLÈ VIALE, ministro della guerra.Sia lecito anche a me, compagno d'accademia e commilitone del compianto senatore Di Robilant, di aggiungere pochissime parole a quelle nobilissime espresse a sua commemorazione dal nostro onorevole Presidente.
Il conte Di Robilant come soldato combatté valorosamente tutte le guerre dell'indipendenza italiana; come diplomatico rese eminenti servigi al paese ed altri ne avrebbe resi ancora se morte immatura non ce lo avesse rapito.
È una nobile ed utile esistenza che manca fra coloro che contribuirono col braccio e colla mente a costituire l'unità d'Italia, e la sua memoria rimarrà imperitura fra tutti coloro che amano e comprendono la patria. (Bene).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 8 novembre 1888.