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MORELLI Eugenio

08 marzo 1881 - 20 settembre 1960 Nominato il 06 febbraio 1943 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Lombardia

Commemorazione

 

CESARE MERZAGORA, Presidente, STANISLAO CESCHI, Vicepresidente

[...]
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Monaldi. Ne ha facoltà.
MONALDI. Nella notte tra il 20 e il 21 settembre è deceduto Eugenio Morelli.
Nel 1927 l'Italia con due provvide leggi, l'una istitutiva dei Consorzi provinciali antitubercolari, l'altra istitutiva dell'assicurazione contro la tubercolosi, dava inizio ad un ordinamento nuovo nella battaglia contro una malattia che falcidiava ogni anno oltre 60.000 esistenze. Eugenio Morelli fu l'uomo, il medico, il sociologo e il maestro chiamato a guidare l'attuazione di quelle leggi.
Ho detto: fu chiamato l'uomo, il medico, il sociologo, il maestro. In effetti la lotta contro la tubercolosi per divenire efficace doveva essere posta su più direttrici e Morelli seppe di tutte tracciare il percorso e sospingerle lontano verso la meta ultima che dovrebbe essere la sradicazione della malattia. Non so, non posso avventurarmi nella ricostruzione della sua personalità poliedrica: brevi ricordi tuttavia possono essere significativi della sua caratterizzazione.
Nella guerra 1915-18 osserva che certi princìpi di fisico-patologia, enunziati da Forlanini per introdurre nella terapia della tubercolosi il pneumotorace, erano validi anche nel campo delle ferite del polmone: il pneumotorace diviene nelle sue mani l'arma che ridurrà la mortalità a percentuali trascurabili. In ciò Morelli è soprattutto medico; il medico che porta al letto del malato i presìdi consacrati dalla scienza, che quei presìdi valuta con mente consapevole in rapporto ai momenti patologici e ne cura scrupolosamente le tecniche di applicazione, che quei presìdi perfeziona e altri ne aggiunge traendo insegnamento dall'esperienza. Questa complessa attitudine si rivelerà poi in lui come caratteristica peculiare della sua personalità e sarà uno dei fili conduttori di tutta la sua opera. La storia ha già detto che il pneumotorace e i procedimenti collassanti che dal pneumotorace hanno tratto derivazione non sarebbero assurti al piano di terapia fondamentale della tubercolosi senza l'opera di Morelli.
Prima del 1947 non esisteva in Italia un vero e proprio sistema di protezione antitubercolare. Per rendere operanti le leggi che annunziavano un nuovo ordinamento era necessario chiamare a raccolta le poche forze esistenti, potenziarle e incrementarle attraverso apporti nuovi e selezionati, orientarne le attività verso la prevenzione per proteggere i sani, e verso la terapia per recuperare i malati; era necessario creare le istituzioni sanitarie e distribuirle in rapporto ai bisogni nei vari settori del territorio nazionale. L'Istituto della previdenza sociale da un lato, i Consorzi provinciali antitubercolari dall'altro lato ebbero in Morelli il tecnico, il consigliere, la guida, e trassero da Morelli incitamenti ad operare con sistematicità e con ritmo rapido. La perspicacia di Morelli si rivelò al massimo grado nell'aderenza delle istituzioni ai bisogni delle varie classi sociali, alle finalità educative, all'elevazione delle personalità degli assistibili. Morelli fu così l'organizzatore sociologo il cui occhio vide gradualmente dispiegarsi la rete di consorzi, di dispensari, di sanatori di cui va oggi orgogliosa l'Italia.
Non sarebbe stato possibile impegnare una lotta serrata contro la tubercolosi senza competenze specifiche. Morelli istituì la prima cattedra di tisiologia che in breve tempo divenne il centro, forse il più qualificato del mondo, degli studi sulla tubercolosi. L'Istituto Forlanini, che nel 1935 ne divenne la sede, conquistò tale prestigio da divenire meta di studiosi da ogni parte. Gli allievi di quella scuola oggi coprono le varie cattedre di tisiologia, dirigono le massime istituzioni sanatoriali e consorziali, si impongono per dottrina e per apporti scientifici nei vari consessi nazionali e internazionali.
La dipartita di Morelli ha destato vivo e si potrebbe dire universale cordoglio. Vi è un motivo che sopravanza quelli derivanti dalla sua personalità di medico, di sociologo, di maestro: operò con comprensione umana. Sentì il malato nei suoi bisogni, nelle sue esigenze, nelle sue debolezze, nelle sue virtù: vide il malato nel suo ambiente sociale, nella sua famiglia, nel suo lavoro. Fu per tal modo l'uomo che dona con competenza e con bontà.
Negli ultimi anni i tisiologi italiani lo vollero a capo della loro massima associazione, la Federazione nazionale per la lotta contro la tubercolosi. Quella Federazione ha un motto: «viribus unitis». E veramente il maestro seppe raccogliere tutte le forze vive per lanciarle verso la massima meta a cui tende la tisiologia.
La medicina italiana ha avuto in Morelli uno dei suoi grandi cultori: l'Italia ha avuto in lui un artefice del suo progresso sociale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Barbaro. Ne ha facoltà.
BARBARO. A nome del Gruppo del Movimento Sociale Italiano, a cui ho l'onore di appartenere, mi associo con profonda emozione alle nobili parole pronunziate poc'anzi in quest'Aula dal senatore onorevole Monaldi per la morte dell'onorevole professor Eugenio Morelli, che dalla ventisettesima alla trentesima Legislatura fu deputato italiano.
Egli era un medico insigne, era uno scienziato veramente illustre, nobile, valoroso, era un combattente eroico! Egli lascia un vuoto incolmabile. Quando muore un eroe, come quando muore un uomo d'intelletto o di scienza benemerito dell'umanità, l'umanità perde qualcosa, che non si sostituisce facilmente. Egli ha onorato l'Italia nell'umanità e l'umanità nell'Italia. Noi custodiamo e onoriamo, con immenso affetto e grande ammirazione, la memoria veramente insigne di questo grande italiano scomparso.

Senato della Repubblica, Atti parlamentari. Resoconti stenografici, 28 settembre 1960.