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MOLMENTI Pompeo

01 settembre 1852 - 24 gennaio 1928 Nominato il 04 aprile 1909 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Veneto

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi. Or è pochi giorni, un funebre corteo di gondole accompagnava verso l'isola dei morti, tacita in mezzo alla laguna, la salma di colui che è stato ai tempi nostri il più grande esaltatore e difensore della gloria e della bellezza di Venezia, di Pompeo Molmenti. E certo in quell'ora si raccoglievano d'intorno alla sua bara gli spiriti dei grandi dogi, dei grandi condottieri, dei grandi artisti ch'erano rivissuti, per magia d'arte, nelle sue pagine. Era destino che questo grande veneziano, nato colà il 1° settembre 1852, chiudesse gli occhi il 24 gennaio qui in Roma, lontano dalla sua città, ch'egli aveva tutta la vita, come lasciò scritto nel testamento, adorata disinteressatamente. E Venezia, da lui beneficata anche in morte con cospicui legati artistici, gli ha giustamente tributato quelle medesime onoranze solenni che in altri tempi accompagnarono la scomparsa dei suoi dogi, dei suoi guerrieri.
Alla sua città Pompeo Molmenti ha elevato un monumento d'amore non solo nei suoi molti volumi e nelle centinaia di articoli sparsi qua e là in giornali e riviste, ma con la sua varia e complessa attività di uomo politico, di amministratore, di membro di tanti istituti e accademie, attività che di quell'amore si illumina, a quell'amore si ispira, che è tutta, o quasi, subordinata a ciò che è stato per più di un cinquantennio l'apostolato fervido e convinto di Pompeo Molmenti.
Con tutto che si fosse addottorato nel giure ed avesse esercitato anche per breve tempo l'avvocatura, artista egli nacque, in una famiglia di artisti, e innamorato dell'arte e della sua storia: e come dagli studi di pittura intrapresi in gioventù ricavò le cognizioni tecniche necessarie alla critica, così dalla conoscenza della vita artistica di Venezia, seppe trarre vivida luce per la storia civile e politica di essa. Dopo alcuni promettenti tentativi letterari, trovò la sua vera via quando a 27 anni, dopo una severa preparazione negli archivi, pubblicò la Storia di Venezia nella vita privata, l'opera sua principale, cui è sicuramente affidata la sua fama, e ch'egli con un lavoro instancabile di cinquant'anni perfezionò ed ampliò fino alla settima edizione, ora in corso. Dal profondo studio di tutte le manifestazioni della vita e dell'arte veneziane, egli seppe assurgere alla ricostruzione ideale, piena di bellezza e di plastica vigoria, delle varie epoche della Serenissima, mettendone in risalto, accanto alla ricchezza dei traffici e alla potenza delle armi, la grande forza spirituale, che ne fece la vera erede di Roma. Con altre opere fondamentali, egli rese piena giustizia ai due grandi pittori, che rappresentano l'aurora e il crepuscolo della scuola pittorica veneziana, il Carpaccio ed il Tiepolo, colorendo allo stesso tempo di nuova luce le epoche in cui essi vissero. E con tanti scritti, come con discorsi mirabili, egli seppe suscitare in tutto il mondo nuovo culto per Venezia: da un lato strenuamente lottò per demolire fosche leggende, diffamatrici del savio ordinamento della Serenissima, e per opporsi al dilagare, nella letteratura e nello schermo, di truci e false rappresentazioni della vita veneziana d'un tempo, e dall'altro difese, fino all'ultimo respiro, la integrità artistica della sua città, minacciata dagli innovatori. Pur senza ripudiare le supreme necessità del progresso, egli voleva che fossero contemperate al rispetto del carattere artistico che fa di Venezia una città unica al mondo, e vinse quasi sempre l'ardua battaglia, sì che in gran parte Venezia deve a lui di essere ancor quasi del tutto salva dai tentativi iconoclasti.
Perché una intiera vita d'uomo fosse spesa nell'adorazione, nella difesa disinteressata della propria città, occorreva una tempra degna di altri tempi: e tale era quella del Molmenti, paragonabile ai grandi veneziani d'una volta, che col senno, coll'amor di patria e coll'opera inflessibile seppero portare il vessillo di S. Marco così lontano per le vie del mondo. Ma accanto al problema artistico e storico di Venezia, egli ebbe caro tutto ciò che si riferiva alla tutela delle bellezze monumentali e naturali dell'Italia e alla prosperità e alla grandezza della patria, che fervidamente amava e di cui visse intensamente le ore tristi e gloriose della guerra, come ne aveva esaltato, in pagine e discorsi memorabili, l'epopea del risorgimento: spirito religioso e raffinato, si adoperò per tutto ciò che poteva giovare alla educazione morale delle nuove generazioni: uomo d'azione, oltre che di pensiero, dette opera a moltissime iniziative, dalle esposizioni biennali d'arte alla provvida revisione delle condizioni statiche dei monumenti veneziani, dalla lunga battaglia per ottenere l'emanazione di leggi protettive delle bellezze artistiche e naturali d'Italia, al riordinamento del Museo Correr, al restauro della rinata cappella del Rosario, che, accanto al monumento al Colleoni, ricorda tante glorie veneziane.
Questi sono i caratteri salienti dell'uomo, ed è vano ritessere minutamente la corona delle innumeri sue opere, di tutto ciò ch'egli ha compiuto, dalla cattedra, che coprì con onore, dalla tribuna parlamentare, sia nella Camera dei deputati che qui in Senato, nel Consiglio comunale di Venezia, di cui fu consigliere e poi assessore, nell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti di cui fu per lunghi anni socio e presidente, nei numerosissimi consessi artistici e amministrativi cui ha dato la sua attività molteplice ed instancabile. Deputato di Salò dal 1890 al 1892 e dal 1895 al 1909 e poi senatore del Regno dal 4 aprile 1909, ispirò sempre la sua opera parlamentare alla tutela delle ragioni dell'arte, alla conservazione del nostro patrimonio artistico, al miglioramento dell'istruzione pubblica: primo sottosegretario di Stato per le Belle Arti, per pochi mesi, nel 1919 e 1920, molto fece, e mostrò quanto più avrebbe fatto se gli si fossero dati i mezzi adeguati. E pur fra tanta mole di lavoro, mai cessò dallo scrivere, come mai venne meno il suo aiuto ed il suo incoraggiamento agli studiosi dell'arte e della storia: esempio mirabile di ciò che possa in animo e mente gagliardi l'amore al proprio paese ed alle sue glorie.
Nel cielo della patria un altro eletto spirito è salito, lasciando a noi, alla sua città, all'Italia, l'amaro conforto del rimpianto. Ma la tua anima, o Pompeo Molmenti, vivrà nelle tue opere e il tuo nome sarà celebrato finché saranno sacre le memorie delle passate grandezze, finché sarà vivo nel mondo il culto della gloria e della bellezza d'Italia. (Approvazioni).
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. Con animo riverente il Governo si associa al compianto del Senato per la perdita di tre suoi insigni membri:. [...]
e Pompeo Molmenti, i quali per le opere, per l'ingegno, per la virtù, per la devozione alla patria, han meritato che la nazione ne ricordi il nome con orgoglio e con riconoscenza. [...]
Con Pompeo Molmenti è scomparsa non soltanto una delle più nobili figure della vita intellettuale di Venezia, ma anche della vita nazionale, poiché l'opera che egli compose con lunghi anni di fervido ed intenso lavoro, è senza dubbio una della più belle ed importanti della nostra letteratura storica, non soltanto per la ricchezza veramente straordinaria della informazione, ma anche perché da tutto il materiale storico che sarebbe rimasto freddo ed inerte in altre mani, egli seppe creare una vera opera d'arte, in una prosa lucente, nella quale sembrano riflettersi gli ori dei mosaici delle basiliche veneziane e tutte le grazie della città, prodigio di bellezza.
Egli rivisse veramente la vita di Venezia in tutti i secoli della sua storia, Nella sua opera monumentale che fu certamente la più bella e vittoriosa delle molte battaglie che combatté per difendere la bellezza di Venezia da ogni sorta di offese e di pericoli, egli vivrà perennemente. La sua perdita è lutto gravissimo per le lettere italiane. I tempi nuovi lo lasciarono necessariamente, data la sua diversa preparazione spirituale, spettatore, ma non inerte, non assente, non senza simpatia. L'ultima volta che lo vidi, egli mi riferiva, con schietta e viva gioia, i particolari di un colloquio che aveva avuto col capo del Governo; ed i suoi occhi mi parvero quasi illuminarsi di una nuova luce, la luce dell'eccelse mete alle quali il fascismo guida l'Italia (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni,7 febbraio 1928.