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MIRABELLI Giuseppe

14 maggio 1817 - 02 agosto 1901 Nominato il 02 maggio 1867 per la categoria 10 - L'avvocato generale presso il Magistrato di cassazione e il procuratore generale dopo cinque anni di funzioni provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente

Signori senatori! Nel volgere di quattro mesi, fra il 7 luglio ed il 15 corrente mese, la morte ci ha tolto sette colleghi, nelle persone dei senatori Buttini, D'Errico, Mirabelli, Piccioni, Morelli Domenico, Sole, Pallavicini Emilio. [...]
Nel giorno 2 dello scorso agosto, mese fatale che coprì di lutto il Senato con la perdita di cinque de' suoi membri, cessò di vivere in Napoli Giuseppe Mirabelli nella tarda età di 84 compiuti. Magistrato insigne, sino dall'agosto 1844 veniva nominato giudice regio, poi giudice istruttore di circondario a Napoli. Ma quando nel 1849, la polizia sospettosa del Borbone - e questa volta ne aveva ben d'onde - lo pose in attenzione di servizio per motivi politici, l'egregio uomo si diede all'avvocheria, che esercitò con lustro e decoro, fino a che sopravvennero i giorni di liberazione per la patria. Entrato a coprire la carica di segretario generale di grazia e giustizia presso la luogotenenza generale di Napoli, venne pure chiamato dagli elettori del collegio di Chiaia a loro rappresentante nella Camera dei deputati, dalla quale uscì in conseguenza di sorteggio. Rientrato quindi definitivamente a far parte della magistratura, fu nominato successivamente procuratore generale, indi primo presidente della Corte d'appello, infine primo presidente, nel 1875, della Corte di cassazione di Napoli. Quando, nel 1892, colpito dal limite d'età, fu costretto ad abbandonare l'ufficio, ma non gli studi, poiché a malgrado l'età avanzata, diede alla luce parecchi lavori, veri monumenti di sapienza giuridica, ché anzi spesse volte nelle controversie più gravi veniva richiesto di consiglio da avvocati e clienti. È appena mestieri soggiungere, che quando lasciò la carica, così i magistrati che l'intero foro lo fecero segno alle maggiori dimostrazioni di stima e di affetto, poiché alla vasta e soda dottrina il nostro Mirabelli associava una grande affabilità e nella sua lunga carriera si era sempre studiato di far prova di una imparzialità incomparabile.
In premio degli eminenti servizi resi dal Mirabelli Re Umberto gli conferì il titolo di conte, mentre già dal 1867 lo aveva chiamato a far parte del nostro Senato, del quale fu lustro e decoro.
Qui si mostrò in tutta la sua pienezza la dottrina e la vastità della mente dell'illustre giureconsulto, e gli atti del Senato recano amplissima testimonianza del valor suo, e come oratore e quale relatore d'importanti disegni di legge, onde fu giudicato meritevole di salire a' più alti onori, che gli vennero offerti a più riprese, ma non volle mai accettare.
Non gli mancò tuttavia il favore del principe, il quale nel 1873 lo chiamò alla dignità di vicepresidente del Senato.
Solo da alcuni anni i malanni della vecchiaia impedirono al Mirabelli di partecipare con l'antica operosità ai lavori di questo alto consesso, ma finché gli durarono le forze, non cessò mai di compiere i suoi doveri, e di attendere con amore all'ufficio di senatore; e così avvenne che a Napoli principalmente, dove in questi ultimi anni tenne stabile dimora, lasciò maggiore il desiderio di sé, e rimarrà più vivo il ricordo delle opere sue.
Noi sentiamo a nostra volta di aver perduto in lui un uomo che era una illustrazione di questo nostro Senato ed auguriamo che vengano altri a sedere fra noi, egualmente degni, come fu il Mirabelli, della pubblica estimazione. (Approvazioni). [...]
LAMPERTICO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
LAMPERTICO. Non sapendo dire meglio di quello che ha detto il presidente, mi associo alle parole da lui pronunciate, come certo vi si associa il Senato.
Rimane la consuetudine, sempre bella, di manifestare i nostri sentimenti alle famiglie. Però a me pare superfluo esprimere questo voto, non essendovi dubbio che il nostro Presidente lo compia, se già non lo ha prevenuto.
PRESIDENTE. Mi sento in dovere di dichiarare al collega Lampertico che vennero già inviate le condoglianze del Senato alle famiglie del senatori defunti.
COCCO-ORTU, ministro di grazia e giustizia e dei culti. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
COCCO-ORTU, ministro di grazia e giustizia e dei culti. In nome del Governo, mi associo alle eloquenti parole di mesto rimpianto, al tributo di omaggio reso dal nostro Presidente agli eminenti cittadini, rapiti alle arti, al foro, alla magistratura, all'esercito, alla cosa pubblica; i quali furono tutti vanto e decoro del Parlamento, onore del nome italiano. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 27 novembre 1901.