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MICHELINI Giovanni Battista

28 giugno 1797 - 04 maggio 1879 Nominato il 28 febbraio 1876 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Giovanbattista Michelini, conte di San Martino e di Rivalta, nacque a Savigliano della Provincia di Saluzzo, nel 1798. (1).
Della sua prima età niente ci è noto, salvo ch'ei conseguiva la laurea del giure nella Università di Torino. È peraltro da credere che i savi e amorevoli genitori a tutte le parti della sua istruzione e della educazione egregiamente abbiano provveduto. Se no, non sapremmo spiegarci com'egli, appena uscito de' minorenni, siasi reso cospicuo per le doti dell'ingegno e dell'animo.
Memorabile anno il 1821, quando in Alessandria e Torino una eletta di generosi si fece a chiedere libertà e guerra d'indipendenza. I prudenti del senno di poi tacciarono quel moto di avventatezza, se non anzi di frenesia. Eppure, chi ben considera, non riescì inutile che sin d'allora (appena cinque o sei anni dalle stipulazioni di Vienna) sia corso il grido che alle falde delle Alpi Cozie ardeva la favilla della gran fiamma che più o men presto dovea circonfulgere la penisola.
Il conte Michelini, del quale narrano che avesse segretamente conferito col principe di Carignano, fu tra i primi de' congiurati; ma in un tratto la impresa fallì; ed egli ha dovuto cercare l'impunità nell'esilio.
I dolori della lontananza dal natio loco non lo accasciarono. Visitando la Svizzera, il Belgio, l'Inghilterra, pose ogni cura ad allargare i confini del suo sapere, specialmente nella economia politica, della quale fu per tutta la vita passionato cultore.
Dopo alcuni anni rimpatriò.
Pieno di venerazione pel Romagnosi, viaggiava frequentemente da Torino a Milano per udire le lezioni di quell'illustre: e a lui si legò di amicizia intimissima; e nel 1835 ne pianse amaramente la perdita.
Nel seguente decennio i destini volgevano a maturezza: fervidi erano gli animi, audaci i propositi: appariva omai prossima la satisfazione dei patrii voti.
Intanto il conte Michelini attendeva con singolare diligenza alla Società agraria di Torino; nella quale, sotto colore di caldeggiare non altro che le migliorie rusticane, scaltriti spiriti sollecitavano l'avvento della vita nazionale, e quasi quasi ne inauguravano i nuovi riti.
Nel 1847 viaggiò le provincie meridionali d'Italia, a fine di indettarsi e stringere fratellanza coi liberali di qua e di là del Faro.
Dato da Re Carlo Alberto lo statuto, e convocati i comizi per le elezioni politiche del 48, il conte Michelini entrò nella Camera subalpina, mandatovi dal collegio di Demonte. Indi gli elettori di altri di que' collegi lo riconfermarono deputato in tutte le successive legislature, tranne la IX e la X. In ultimo risiedeva a Montecitorio pel collegio di Fossano, allorché il Decreto reale del 28 febbraio 1876 lo nominò senatore.
Non erano pochi i colleghi che nella Camera elettiva con lui competessero di dottrina e d'ingegno: ma, ch'io mi sappia, nessuno lo ha mai superato di zelo e di alacrità. Sarebbe difficile lo escogitare una discussione di qualche rilievo nella quale ei non sia montato in bigoncia. Riguardando testé all'indice de' suoi discorsi, de' quali io medesimo aveva udito la più gran parte, non potei non tornare meravigliato dei tanti e tanto diversi titoli a cui si distesero. Sorgea spessissimo all'impensata; non però alla sprovvista; poiché ricco era il patrimonio delle sue cognizioni, e queste ad ogni uopo lo soccorrevano. Non saliva alle cime della eloquenza: ma non gli faceano difetto le qualità di que' dicitori che Cicerone chiamava diserti; ciò son coloro che ragionano acconciamente, lucidamente. (2).
Mi è dolce cosa di ripensare che, nell'ordine cronologico, primissima delle sue orazioni fu quella del luglio '48, a favore dell'accettazione dei plebisciti della Lombardia, e delle provincie venete di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo.
In quel torno faceva istanze premurosissime che al regio esercito, combattente sui campi lombardi, si apprestassero larghi sussidî di uomini, di armi, di vettovaglie.
Avea delle libertà politiche, il concetto e la stima che ne hanno gl'inglesi. Nelle materie economiche seguiva la scuola dello Smith; la seguiva con fede incrollabile; e invocandone, o commentandone gli apotegmi, ne ringioiva, quasi come toccasse colle proprie mani il gran bene ch'e' promettevano allo Stato ed al popolo. Era in quelle dottrine pienamente d'accordo col conte di Cavour; ma più impaziente, e più radicale di lui, a voler l'attuazione de' liberi scambî. Non tutti per avventura hanno dimenticato come il ministro, pur sentendo i ripicchi del deputato, atteggiasse le labbra a un sorriso di compiacenza. Né gli annali parlamentari lasciarono di registrare che una volta il ministro, contraddicendo a un poderoso rivale (il conte Ottavio di Revel), non si peritò di additare nel Michelini "il rappresentante della economia politica alla Camera elettiva".
Nelle questioni, sì frequenti e gelose, tra il potere laico e la chiesa, ha sostenuto altamente, senza tiepidezze e senza esitanze, le prerogative di quello, secondoché vuole la retta ragione, ed è consentaneo alle civili necessità, e alle lezioni del divino maestro. Onde è stato talora bersaglio alle collere de' più protervi tra i giornali, che si dicono cattolici, e sono settarî. Ma, non si curando di que' dispetti, e' persisteva tranquillamente nel suo cammino. Credente in Dio, e nelle verità rivelate, non potea comportare che di una legge, tutto carità e mansuetudine, altri facesse un vessillo di discordie, di lotte, di anatemi.
La età, omai senile e acciaccosa, gli tolse di venire alla nostra Assemblea così assiduamente come aveva usato a quella dei deputati. Non ostante assistette a' più momentosi dei nostri dibattiti; specie a que' due che si accesero l'uno a proposito dei punti franchi per le città marittime, e l'altro circa gli abusi de' ministri del culto.Anzi nel primo ragionò largamente; ed anche nel secondo volea interloquire, ma le dispute furono chiuse prima che gli venisse il turno di scendere nell'aringo.
Del rimanente, non fu soltanto nelle Aule legislative ch'egli abbia espressi i suoi concetti e i suoi voti nelle controversie economiche e nelle politiche.
Ancora da giovane, avea dato in luce una sua dissertazione latina "Sopra i delitti che turbano l'ordine della famiglia". Indi fornì, non senza provocare talvolta gli sdegni della Censura, a quei tempi sovrana, notabilissimi articoli e alle Letture di famigliadel Valerio, e agli Annali del Romagnosi, e al Journal des economistes.Dettò un'opera "intorno ai principî che dovrebbero informare una buona e liberale legislazione forestale". Nella qual'opera il Romagnosi, fattone un lungo esame, commendò grandemente "la sapienza politica, accordatrice del pensiero giuridico colle ragioni della materiale utilità"; e la salutò siccome "continuatrice delle migliori tradizioni italiane... modello di discussione, e parto di una coscienza intima e trionfante".
Scrisse pure diffusamente "Sulla Inghilterra e gli Inglesi": e cotesto suo lavoro, insieme a quello "Sulle libertà politiche", pubblicati ambendue nel 1865, fanno testimonianza del come ei fosse addentro nella storia costituzionale del Regno Unito,
Frattanto ammanniva novelli articoli per la Rivista Contemporanea e pel Giornale delle Industrie.
Nel 1868, invitato alla Festa del Lavoro nella ingegnosissima città di Savona, tenne l'invito; e mandò pei torchi un opuscolo, cui pose titolo "Savona e gli operai savonesi".
Tornò in quella città nel 1877; e vi presiedette il Comizio popolare del 14 settembre, che così come negli altri anniversarî dell'arbitrato di Ginevra celebrava la Festa della pace.
In somma, quanti furono pel conte Michelini i giorni della sua lunga vita, altrettante sono state le prove dell'attuosa sua devozione al paese, alle scienze sociali, al pubblico bene.
Ed ora, chi pur volesse tacere ogni altro pregio di lui, ed ogni altra virtù, di lodi eccelse ne dovrebbe rimeritare la interezza specchiatissima del carattere. Ne' principî liberali inflessibile; ossequioso ai patrî instituti e alla dinastia che li corona; della independenza, della unità, della dignità nazionale sollecito quant'altri mai; dalle fazioni alieno: semplice nel costume: nelle amicizie costante; equanime verso tutti; affabile, grazioso, cortese: custode severo del censo avito, e tuttavia illibato e aborrente dalle coperte vie che menano a arricchire; schivo d'ogni cupidigia e d'ogni ambizione, sino a rifiutare e i lucrosi uffizi e gli onori che degnamente gli furono proferiti. Era uno de' pochi che paiono nati fatti per deliberare con fronte alta e serena nei cimenti parlamentari.
Morì l'egregio uomo in Torino nel 5 maggio, circondato e seguìto dall'amore, dalla stima, dal desiderio di ogni classe di cittadini. Quando mi giunse l'annuncio della sua dipartita, gettai gli occhi al volume degli Ammaestramenti antichi,ove leggesi: "Beata è quella vita preclara, della quale eziandiola bugia non può favellare". (3).

(1) Il professore Sbarbaro, in un suo affettuosissimo articolo inserito nella Gazzetta d'Italia il 19 maggio, dice che il conte Michelini è nato a Levaldigi nel 1797. Altri giornali dicono che nacque a Fossano.
(2) M. Anton, Apud Cicer. Orat. 21; Cicer. 2, Phil. 43.
(3) Volg. di Fr. da S. Concord.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 29 luglio 1879.