senato.it | archivio storico

MICELI Luigi

07 giugno 1824 - 30 dicembre 1906 Nominato il 17 novembre 1898 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Calabria

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tancredi Canonico, Presidente

Signori senatori, facendo seguito alla triste commemorazione di ieri debbo oggi ricordare altri quattro carissimi colleghi testé estinti.
Un benemerito e caro collega ci ha lasciato subito dopo l'ultima nostra seduta del dicembre scorso: il senatore Luigi Miceli.
Fin dalla prima giovinezza, la sua vita fu sacra alla patria. Tutto inteso al bene di lei, l'interesse personale non ebbe mai parte nelle sue azioni: carattere saldo ed intemerato, egli fu sempre coerente a se stesso.
Nato a Longobardi (Cosenza) il 7 giugno 1824, si spense in Roma il 30 dicembre 1906, a 82 anni.
D'indole vivace ed ardente, la sua adolescenza fu una febbre continua di aspirazioni e di lotte per la libertà politica del nostro paese. Non ancora compiuti 23 anni, fu uno dei più attivi cooperatori all'insurrezione della Calabria: per sfuggire alla polizia borbonica, dovette riparare a Corfù.
Fra i più strenui difensori del Vascello nel 1849, dopo il prevalere dei Francesi, recossi a Genova, dove divenne più tardi caloroso propugnatore della spedizione di Garibaldi. Questi faceva assegnamento sull'insurrezione siciliana: e, quasi al momento di salpare da Quarto, giunge al Miceli un telegramma annunziante domati a Palermo gl'insorti, di cui non restava che un gruppo isolato presso Marsala. Per non far ritardare (e forse abortire) la spedizione, Miceli tiene la notizia per sé e la comunica solo a Garibaldi quand'erano già in alto mare: del che il generale gli fu singolarmente grato.
Compiuto valorosamente il dover suo in quella memoranda impresa, noi vediamo di nuovo il Miceli nella guerra del 1866 segnalarsi splendidamente a Bezzecca. A lui era stata altresì affidata l'alta direzione della giustizia militare nei corpi garibaldini.
Deputato successivamente di Paola, di Sala Consilina, di Cosenza, di Gioia del Colle, di Pozzuoli, fu eletto VicePresidente della Camera e due volte nominato ministro di agricoltura, industria e commercio: durante il quale ufficio, le precipue sue cure egli rivolse alla circolazione bancaria ed agl'istituti di emissione.
Attivissimo nei lavori del Parlamento, fu vicepresidente della Giunta generale del bilancio: e prendeva spesso la parola, specialmente nelle questioni di politica estera.
Entrò in Senato il 17 novembre 1898; ma, la cagionevole salute da qualche anno più non gli consentiva di frequentarne le adunanze.
Conservando anche in età matura la vivacità giovanile, gelosissimo dell'onore e della dignità nazionale, scattava con fuoco ad ogni atto che a lui sembrasse, anche solo da lontano, comprometterli.
Ma quanto era energico ed onestamente altero nella vita pubblica, altrettanto era modesto, mite, affettuoso, cortese, nella vita privata e nel conversar famigliare.
Per la integrità del suo carattere, unita ad una grande bontà e dolcezza, era altamente stimato ed amato: simpatico a tutti.
Il rimpianto unanime, ed in particolar modo quello della sua Calabria, mostra quanto profondamente egli vivesse nel cuore de' suoi concittadini.
Il Senato ha perduto un carissimo e venerato collega: l'Italia uno fra i più benemeriti suoi figli. (Approvazioni). [...]
CEFALY. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CEFALY. L'onorevole nostro Presidente ha ricordato di Luigi Miceli la vita di cospiratore, di rivoluzionario, di soldato in tutte le battaglie combattute dal 1847 in poi per la unificazione e redenzione politica d'Italia, la vita parlamentare e di ministro, ed ha dimostrato come la lunga, laboriosa e virtuosa esistenza di Luigi Miceli gli abbia meritato un posto di primo ordine nella storia del patriottismo italiano.
Io quindi, come concittadino dell'onorevole Miceli, non avrei potuto che associarmi alle lodi tributate dal nostro onorevole Presidente, o meglio ancora tacermi.
Ma un episodio, a cui ha accennato lo stesso nostro Presidente, parmi degno di fissare ancora per qualche altro minuto l'attenzione del Senato, come quello che caratterizza l'uomo. Da esso si è tratti a considerare quanto da piccole circostanze possano talvolta derivare grandi avvenimenti.
E l'episodio è questo:
Garibaldi, venuto da Caprera sul continente per guidare la spedizione dei Mille, era molto esitante alla partenza, e faceva dipendere la spedizione dalle notizie positive che potevano aversi dei moti insurrezionali in Sicilia. Egli stesso nelle sue Memorieci racconta che un telegramma pervenutogli da Malta, col quale gli si diceva che quei moti erano quasi totalmente sedati, che i rivoluzionari erano sbandati e che moltissimi di essi si trovavano già rifuginti a Malta, poco mancò che non facesse definitivamente desistere dall'impresa.
Luigi Miceli era in rapporti con un suo concittadino, impiegato telegrafico a Genova, certo Angelo Scura, persona a lui devotissima, che lo informava di tutte le notizie, concernenti le cospirazioni patriottiche e che giungevano a sua conoscenza per ragioni del suo ufficio. Lo Scura il 4 maggio comunicò al Miceli copia di un telegramma spedito al Governo di Torino dall'ammiraglio D'Aste, stazionante nelle acque di Palermo: in tale telegramma si affermava che il moto rivoluzionario era completamente soffocato, che gl'insorti parte erano stati arrestati, parte si erano dispersi, e che soltanto qualche piccolo resto di bande si aggirava nelle campagne di Marsala.
Luigi Miceli tenne gelosamente per sé questa comunicazione fino a poche ore prima della partenza. Solo in quelle ultime ore convocò Domenico Mauro, Raffaele Carbonari eFrancesco Stocco, calabresi ed intimi suoi, e comunicò loro la notizia, facendoli giurare di mantenere il segreto e facendo obbligo di parteciparla unicamente a Garibaldi, solo quando si fosse in alto mare, a chi di essi si trovasse imbarcato col generale sullo stesso piroscafo. Spettò a Francesco Stocco di adempiere tale missione, perché dei tre, egli solo, salpando da Quarto, fu quello che s'imbarcò sul Piemonteassiemeal generale.
Scesi a Talamone, Garibaldi volle vedere il Miceli, volle conoscere il testo del telegramma; e quando seppe tutto da lui - per quel che ne narra Raffaele De Cesare in un libro stampato nel 1889 - esclamò: "Solo l'anima dannata di un calabrese poteva far questo: bravo, Miceli!".
Si tenne poscia consiglio tra i capi della spedizione; e, nonostante la sconfortante notizia, si decise di proseguire nell'impresa e di sbarcare naturalmente a Marsala, invece che in altra località dell'isola.
Francesco Sprovieri nei suoi "Ricordi politici e militari"dice di avere avuto conoscenza del telegramma dell'ammiraglio D'Aste prima di partire da Quarto, essendo egli l'intermediario tra Scura e Miceli.
La Provincia di Catanzaro elevò, una ventina di anni or sono, al generale Francesco Stocco, morto nel 1879, un monumento, nel quale a questo episodio s'inspirò l'artista. Infatti, lo Stocco è rappresentato nell'atto di accennare col gesto alla località di Marsala come approdo della spedizione, ed il monumento stesso porta il motto: "a Marsala".
Ora consideri il Senato quali conseguenze sulle sorti d'Italia abbia potuto avere quel segreto tenuto da Miceli. Senza quell'atto di grande patriottismo, di temerario coraggio, di ardimento indomito di un valoroso impaziente di scuotere il proprio paese e redimerlo dal giogo borbonico, forse la gloriosa schiera dei Mille non sarebbe salpata dal fatal lido di Quarto, e forse noi ancora oggi non siederemmo in questo Senato della Roma italiana. (Bene! Bravo! - Approvazioni).
CAVALLI. Domando di parlare,
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAVALLI. Mi permetta l'illustre Presidente ed il Senato che, unendo la mia alle parole di compianto pel perduto collega Miceli, io mandi il voto ed il saluto dell'anima mia e dei suoi commilitoni alla memoria dell'eroico compagno d'armi, che fra i Mille di Marsala rappresentava, con altri valorosissimi suoi compaesani, la nobile e forte Calabria, ed il Miceli specialmente la terra di Cosenza, che fu bagnata dal sangue dei martiri Veneziani, fratelli Bandiera e Moro nel 1864. Questo saluto sale dall'anima nostra, dall'anima de' suoi compagni d'armi.
Il nome di Luigi Miceli sarà sempre ricordato tra i più generosi, fra i più benemeriti patriotti che hanno avuto la buona sorte di prender parte alle battaglie combattute per il nostro risorgimento. (Benissimo, approvazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Rossi Luigi.
ROSSI L. Le parole del nostro onorevole Presidente improntate sempre ai concetti più nobili ed alti non avrebbero bisogno di aggiunte, né di commenti. Fortunato egli che, pur nell'età più tarda, conserva tanta freschezza e soavità di sentimenti, e li sa esprimere, in queste tristi circostanze, con parole commoventi, così che ci pare di sentire dal suo labbro venerando quel che ci freme nel cuore.
Soltanto mi si permetta di ricordare un'altra volta la grande figura del senatore Ascoli il cui nome ha varcato trionfalmente le frontiere della patria, onorando nel mondo, col proprio, il grande nome d'Italia.
Lo segnalo al Senato facendo mie le calde ed affettuose parole pronunciate con sì nobile slancio dal nostro illustre Presidente. (Bene. Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 31 gennaio 1907.