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MARZUCCHI Celso

01 settembre 1800 - 15 agosto 1877 Nominato il 23 marzo 1860 per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato e per la categoria 10 - L'avvocato generale presso il Magistrato di cassazione e il procuratore generale dopo cinque anni di funzioni provenienza Toscana

Commemorazione

 

Sebastiano Tecchio, Presidente
Signori Senatori ! [...]
Celso Marzucchi, nato in Siena il 1o settembre del 1800.
Anch'egli sin dall'adolescenza, e poi sempre, amò di grande amore gli studi classici e quei del Diritto; entrambi i quali gli è piaciuto, nella virilità, di congiungere alle discipline economiche.
Ricevuta la laurea nella Facoltà legale dell'Ateneo Senese, si diede a fare il causidico; e fu pregiatissimo, vuoi per le doti dell'intelletto, vuoi per quelle del cuore.
Nel 1832 salì la cattedra di gius civile nell'Ateneo che pochi anni innanzi lo aveva coronato dottore. Gli scolari, e seco loro un eletto numero di altri uditori, nelle sue lezioni ammiravano, non meno che la profonda dottrina del cattedratico, il patrio fervore del cittadino; perocché il Marzucchi non sapesse celare come in lui prepoteva la devozione all'Italia, e la impazienza che, sì nei rispetti morali e sì nei politici, gli Italiani si venissero rigenerando.
Leopoldo Granduca, giuntagli l'eco di quelle lezioni, allibiva: mandava rimproveri e mòniti agli ammiratori, ai plaudenti: al professore revocava l'ufficio e il titolo. Di che il Marzucchi s'è tramutato a Firenze.
Quivi la fama egregia che il precorreva, ed essa medesima la notizia della recente disdetta, propizie a lui diventarono nell'esercizio della libera avvocherìa. D'altra parte, già sapendolo tra i valentuomini che scrivevano L'Antologia sotto gli auspicî di Gian Pietro Viesseux, lo allegrarono di cortesi accoglienze i più culti, i più dotti, compaesani, e stranieri, che allora avessero stanza nella città di Dante e di Macchiavelli [sic].
Nel ‘48, quando Gino Capponi per mandato del Principe ebbe a comporre il Ministero, che era il secondo dallo Statuto, fu dato a Celso Marzucchi il portafogli della Istruzione Pubblica.
Non è qui luogo a descrivere i casi e i motivi onde fu breve il cammino di quel Ministero. Bensì mi tocca narrare che dopo l'infortunio di Novara, e le ristaurazioni autocratiche che a quello conseguitarono, il Marzucchi si lasciò vincere dalla opinione (allora a molti comune) che gli Italiani, fin Dio sa quando, costretti sarebbero a rimanersene davanti agli occhi dello straniero cheti, mogi, indolenti; e, forse eziandio, a fingersi immemori delle interne franchigie poco prima ottenute. Sicché, mestamente ritrattosi dall'arena politica, parve che ei più non vivesse se non la vita dell'uom di leggi e di lettere.
Cessata nel ‘59 la signoria Lorenese, e unitasi per suffragio di popolo la Toscana alle vecchie e alle nuove provincie di Vittorio Emanuele, il regio Governo vide il Marzucchi, e se ne compiacque, nel seggio di Procuratore generale della Corte di cassazione a Firenze: ma, poco poi, l'organamento giudiziale del Regno fornì occasione (che altri dissero pretesto) per tramutarlo da Procuratore generale di cassazione a Primo Presidente di quella Corte d'appello.
Il reale decreto 23 marzo ‘60 lo fece Senatore del Regno. Successivamente gli fu conferita la dignità di Vice-Presidente del Senato ben cinque volte (1). E nel frattempo il Presidente (il conte Gabrio Casati) l'ha delegato a presièdere l'alta Corte di giustizia, costituita dopo i lutti di Lissa. Voi rammentate l'accortezza, la costanza, che mai non gli vennero meno tra mezzo le molte difficoltà e i molti dolori di quel gravissimo dibattimento.
Nel 1875, suonata l'ultima ora dell'anno settantacinquesimo dell'età sua, ha deposto, così volendo la legge, la toga di magistrato. Due mesi appresso infermò; e il malore, mano mano aggravandosi, lo condusse alla tomba il dì 25 [sic] agosto dell'anno che or volge alla fine.
Non è meraviglia che ogni ordine di cittadini il tenesse fra i suoi prediletti; massime per la nobiltà del carattere, sempre uguale e sì nella prospera e nell'avversa fortuna, e per la singolare gentilezza dell'animo e del costume.
Aveva scritto di parecchi e varî argomenti, con bello stile, con vivace ingegno, con generosi propositi. La stampa s'era affrettata a raccogliere tutti o i più de' suoi opuscoli. Nessuno dimentica che in economia stava saldissimo ai principî degli Smithiani; e in diritto propugnava le dottrine del Vico e del Romagnosi.
Esprimo l'avviso che non sarebbe senza profitto se qualche volta i pronti giovani a quegli opuscoli ricorressero. E d'altro verso, vorrei che i nostri nemici non isdegnassero di meditare sopra una lezione da lui recitata nell'Università di Siena il 30 maggio del 1832, quand'erano tuttavia imprevedibili le lotte che oggidì si combattono fra teocratici e liberali.
Questo il titolo della lezione: «La religione del Vangelo è promotrice d'ogni perfezionamento sociale». La mèditino, oh sì, la mèditino i nostri nemici; e (s'io mi appongo) non ardiranno più di negare che il Verbo della verità combatte per noi.
Signori. Da più che quarant'anni il Romagnosi, in una lettera a Celso Marzucchi (già suo discepolo), lo ha chiamato «l'erede del suo spirito». Chi non s'inchina a così classico testatore? [...]
Signori, [...]
Così non corre giorno che non dica:
Vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam.(2)

Così non corre giorno che non ci stimoli ad affrettare i lavori che il Senato porge in tributo al Re ed alla patria.

(1) Sessioni 1861-62, 1865-66, 1867-68, 1869-70, 1870-71.
(2) Horat., Od., IV, 1, 15.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 17 dicembre 1877.