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MARTINI Ferdinando

30 luglio 1841 - 24 aprile 1928 Nominato il 01 marzo 1923 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni,Presidente

Onorevoli colleghi, il 24 aprile Ferdinando Martini si è spento improvvisamente nel suo diletto ritiro di Monsummano, dove trascorreva la serena vecchiezza tra i libri e gli studi, ancora infaticabile a ottantasett'anni! La sua figura si riannoda veramente, attraverso i secoli, a quelle luminose degli umanisti toscani ch'erano insieme letterati, storici e politici e passavano dal libro al governo e da questo tornavano serenamente agli studi, traendo inesausta vigoria dalle gioie dello spirito.
Era nato il 30 luglio 1841 in Firenze da nobile cospicua famiglia di Monsummano: dal padre Vincenzo, garbato scrittore di commedie e luogotenente generale e poi ministro nel Governo granducale, aveva insieme ereditato l'amore alle belle lettere e la passione per la vita politica, passione ch'egli vivamente sentiva, nonostante l'apparente amabile scetticismo. Iniziò la sua attività di scrittore poco più che ventenne, con alcuni saggi letterari e con varie commedie; dette all'arte drammatica delle vere gemme coi suoi graziosissimi "Proverbi", ma si procacciò sovratutto grande rinomanza cogli articoli sui molti giornali e riviste a cui collaborò o che diresse: le sue novelle, i suoi scritti di critica teatrale o di varietà, sono veri piccoli capolavori. Egli fin d'allora si affermò tra i maggiori prosatori del nostro tempo, per la lingua purissima, ch'egli volle egualmente immune da corruzioni straniere come da improprietà dialettali, per lo stile semplice e succoso, e per la impareggiabile efficacia e chiarezza dei giudizi critici; onde grandissimo è l'influsso da lui esercitato sullo svolgimento della nostra letteratura contemporanea. Si dedicò anche a studi letterari e storici ed a lavori di ricerca erudita, fra l'altro raccogliendo e pubblicando le opere di grandi scrittori di varie epoche: si occupò anche molto della storia del risorgimento, scrivendo il bellissimo libro sul "Quarantotto in Toscana". E la sua attività letteraria continuò ininterrotta fino all'ultimo, sia con opere originali, sia con ristampe: è del 1922 il bel libro di "Confessioni e ricordi", quadro vivissimo e arguto della sua vita giovanile nella Toscana granducale; e di recente aveva ripubblicato in volume molti scritti sul teatro.
Appassionato della vita politica entrò nel 1876, nella XII legislatura, alla Camera per il Collegio di Pescia e vi restò, per lo stesso collegio e per quello di Lucca, per 13 legislature successive fino al 1919. Nella vita parlamentare si conquistò subito un posto di primo ordine: nei numerosi suoi discorsi si affermò oratore potente e seppe avvincere ognora l'attenzione dei colleghi, e per la venustà della forma e perché mirante ognora ai fine della prosperità, della bellezza, della cultura nazionali. Ferdinando Martini non fece mai della politica professionale, né fu uomo di parte acre ed astioso: troppo alto era il suo ingegno perché gli mancasse la virtù dell'equilibrio.
Pure schivo di cariche, non gli fu possibile sottrarsene: fu prima segretario generale del Ministero dell'istruzione pubblica nel 1884 col Ministro Coppino, ed alla Minerva tornò poi Ministro nel 1892 per un anno e mezzo, lasciando ottimo ricordo del suo governo della pubblica istruzione.
Intanto il suo spirito, sempre vigile a cogliere gli aspetti più interessanti della vita nazionale, si era invaghito del problema coloniale; membro della Commissione d'inchiesta sull'Eritrea nel 1891, fu in Africa e raccolse le sue impressioni e le sue critiche in un bellissimo libro: "L'Africa italiana", che portò all'idea coloniale notevole contributo. Dopo la catastrofe che minacciò travolgere l'avvenire espansionista d'Italia sulle ambe insanguinate di Adua, la volontà di Re Umberto lo volle commissario civile per la Colonia Eritrea. Era un posto di esilio, pieno di responsabilità, di affanni e di disagi: tuttavia egli, sicuro di fare opera patriottica e desideroso di impedire l'attuazione di propositi rinunziatari, accettò e stette nove anni in colonia. All'Eritrea dette tutto il fervore della sua opera e, pur diminuendone il carico finanziario sulla madre patria, seppe assicurarne i confini, costruir strade ferrate, far sorgere una nuova capitale ad Asmara, incoraggiare feconde iniziative economiche, imponendo ai vicini ostili e ancora tracotanti della vittoria nuovo rispetto per il nome ed il prestigio d'Italia e stringendo con essi utili accordi. Tornato in patria e dedicatosi con rinnovata assiduità alla vita parlamentare, dopo aver rifiutato varie volte l'onere del potere, accettò di essere Ministro delle colonie nel gabinetto Salandra dal 1914 al 1916, nel periodo più grave e decisivo per la Libia e per la vita nazionale e fu apertamente favorevole alla guerra che incitò e spronò con la parola e con l'opera. Subito dopo Caporetto, egli fu uno dei fondatori del Fascio Parlamentare di difesa nazionale. Nel 1919 egli non fu rieletto deputato: e parve un dimenticato della politica, finché il Governo nazionale, la cui ascesa egli aveva auspicato, a giusto riconoscimento delle sue altissime benemerenze, lo propose alla nomina a senatore, che gli fu conferita il 1° marzo 1923. Egli venne talora tra noi, ma la tarda età gli impedì di essere assiduo. A ulteriore riconoscimento, il Governo Nazionale ne aveva l'anno scorso provocato la nomina a ministro di Stato.
Ma ormai egli viveva tra i suoi libri nella sua Monsummano, ove ora la sua candida fronte serena si è curvata sotto l'ala della morte ed egli è passato per sempre tra gli "spiriti magni". La nuova Italia non potrà mai obliare la figura politica di Ferdinando Martini, così come la nostra letteratura trarrà sempre dalle sue pagine ammaestramento e luce.
Il Senato piange amaramente la scomparsa dell'insigne italiano ed esprime il suo profondo dolore alla desolata famiglia. (Vive approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussion, 3 maggio 1928.