MARTINELLI Giovanni
11 gennaio 1841 - 20 ottobre 1919 Nominato il 21 gennaio 1906 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Emilia-RomagnaCommemorazione
Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente
Egregi colleghi.
È ben triste il dovere che mi incombe di farmi annunziatore al Senato di nuove dolorosissime perdite. [...]
Altre perdite si sono aggiunte alle precedenti con una continuità che al cordoglio non lascia posa.
Il 20 ottobre moriva in Ferrara, sua città nativa, il senatore Giovanni Martinelli, illustre insegnante di diritto in quella università libera, della quale tenne anche il governo come rettore per oltre un quarto di secolo.
La bella fama di giurista profondo onde era circondato il suo nome, gli aprì le porte altresì della Camera dei deputati, alla quale appartenne per tre legislature, e poscia del Senato, ove entrò il 20 gennaio 1906.
Ma il grande amore che lo avvinceva alla sua università, a' suoi studi, a' suoi studenti, coi quali, al modo degli antichi maestri si teneva in continua unione, facendo della scuola una famiglia, non gli consentì di prendere molta parte alla politica attiva e di dare alle assemblee legislative tutto il contributo di lavoro che dalle sue singolari attitudini e dalla vasta cultura avrebbe potuto attendersene.
Entrato nell'università quando già manifesti erano i segni della decadenza da cui era colpita, e si discuteva vivacemente se non convenisse, in vista degli scarsi frutti che dava, e dei gravi sacrifizi che imponeva agli enti locali, sopprimerla, durante il lungo suo rettorato ebbe la grande soddisfazione, grazie alle sue cure costanti e le ardite riforme da lui propugnate e coraggiosamente attuate, di vederla riprendere vita rigogliosa e arricchirsi insieme di sempre nuove schiere di studenti, di nuovi insegnamenti e di moderni laboratori scientifici, riccamente dotati, vincendo così tutte le opposizioni e aprendole un sicuro avvenire.
Per tale insigne benemerenza, con unanime consenso, da tutti gli enti costituenti il consorzio universitario, fu decretato al Martinelli nel giorno in cui, raggiunto lo scopo, volle essere esonerato dal rettorato, un busto marmoreo da erigersi nella stessa università, e l'inaugurazione divenne occasione di una di quelle universali dimostrazioni di riconoscente affetto e di venerazione di cui rimarrà sempre vivo il ricordo, che riconsacrando la gloria ormai secolare dello studio ferrarese lo sottraeva ad ogni discussione.
Né alla sola università il Martinelli profuse le sapienti amorevoli sue cure. Nel suo animo profondamente ed essenzialmente buono, egli sentiva che ben poco si sarebbe fatto se coll'elevare le condizioni della cultura generale e il promuovere il progresso della scienza, non si fosse cercato contemporaneamente di migliorare e innalzare moralmente e materialmente la condizione dei più umili e derelitti, in guisa da metterli in grado di poter aspirare a partecipare ad ogni forma di benessere sociale.
A quest'uopo il Martinelli si applicò al governo degli orfanotrofi e dell'Istituto per l'infanzia abbandonata colla stessa passione spiegata per gli istituti universitari, e con intendimenti così alti e così moderni da farne dei veri modelli del genere.
Alla memoria del venerando collega, tanto benemerito della scienza e della carità, vada dunque l'omaggio riconoscente della sua città e del Senato per avere consacrata tutta la nobile sua esistenza a scopi così alti e socialmente tanto utili. (Bene).
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. [...] Rammento con grandissima simpatia la cara figura di Giovanni Martinelli, avvocato e professore insigne di diritto, che per dedicare alla piccola università della sua diletta Ferrara la sapienza e l'amore all'insegnamento, rinunciò ad onori maggiori che nella vita universitaria avrebbero spettato alla sua grande dottrina e alle alte sue qualità di docente.
Giovanni Martinelli, insieme all'intelletto colto ebbe ingegno ferace, ebbe modi squisiti e forme di gentilezza e di bontà che gli guadagnavano la simpatia di tutti, e la stima illimitata dei suoi concittadini.
La sua bontà egli applicò, oltre all'insegnamento e alle affettuose relazioni con i discepoli anche all'amministrazione delle opere pie della città natia, spargendo dovunque il seme della gratitudine che non morrà.
Io prego pertanto il Senato e il nostro illustre Presidente di consentire che il rammarico del Governo per queste perdite sia espresso insieme a quello dell'Assemblea senatoria. (Approvazioni).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 6 dicembre 1919.