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MARLIANI Emanuele

13 luglio 1795 - 05 gennaio 1873 Nominato il 30 novembre 1862 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Estero

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Terenzio Mamiani, Vicepresidente

Signori senatori,
agli occhi d'un nostro collega degnissimo, la luce del nuovo anno appena apparita tramontò in ombra perpetua.
Il commendatore Emanuele Marliani, moriva in Firenze la notte del 5 gennaio.
Ma d'un uomo tanto operoso, e che ebbe parte notevole ne' rivolgimenti politici di più d'un paese, è impossibile in poche righe discorrere con sufficienza e non omettere troppe cose. De' personaggi eminenti dell'età nostra conobbe egli i principali in Italia, in Ispagna, in Francia, in Inghilterra. Fra essi, il Cavour, i generali Espartero e Serrano, Lord Palmerston e parecchi altri lo amarono di calda e lunga amicizia, perché oltre l'ingegno e il sapere, ammiravano in lui un retto e costante amore per la libertà dei popoli, un carattere indipendente e parola franca sempre e sincera.
Discendente da stirpe italiana, ma nato in terra spagnuola, prestamente si procacciò in quella seconda sua patria la stima e l'osservanza di tutti i buoni, ma specialmente dei liberali e dei progressisti.
Sedette onoratamente nel Senato di quella nazione, insino a che venuta a fine la reggenza non fortunata del duca della Vittoria, risorte le speranze dei partegiani del Governo assoluto, subornate le milizie, scomposti gli ordini, manomesse le leggi, ed esso, il Marliani adoperatosi senza frutto a trarre a migliori disegni il Serrano, prese dalla Spagna, come scrive egli stesso, un volontario ostracismo. Di tal maniera restituitosi poco dopo alla patria sua naturale ed antica, vi aiutò con efficacia la causa delle libertà e della indipendenza ed ogni sforzo generoso inverso la unificazione.
Nel 1859 fu dal favor popolare eletto all'Assemblea dell'Emilia, e sostenne con ardore vivissimo la proposta di annettere quella provincia al sorgente Regno d'Italia.
Il Collegio elettorale di Budrio lo mandò poi a rappresentarlo nel Parlamento nazionale per due successive legislature.
Dopo le quali fu dal Re aggregato al nostro consesso.
In qualunque discussione grave e alla salute d'Italia importante, il Marliani si recò a debito di aprire fra noi in modi assai risoluti le proprie opinioni, a cui davano non poco peso la lunga esperienza, il maturo giudicio e le molteplici cognizioni dell'oratore. Né già nelle sole materie politiche e generali si mostrò versato, ma nelle economiche e ministrative intorno alle quali dettò libri pregevoli; e in Ispagna ancor si discorre del suo trattato contro il sistema proibitivo.
L'ultima voce che alzò in Senato, fu nella gran controversia che suscitavano le libertà riconosciute alla Chiesa dalla Legge delle Guarentigie, dichiarandosi poco disposto a largheggiar nelle concessioni e disarmare, com'egli diceva, il Governo Civile, quasi lo perturbassero le terribili memorie e i vestigi numerosi che avea coi propri occhi avvisati in Ispagna della Inquisizione religiosa e del potere monastico.
Il Marliani, scrittore e letterato di vaglia, oltre a parecchie operette in più lingue dettate, lascia una Storia politica della Spagna pubblicata in due volumi: una Storia della Reggenza di Espartero, ed un libro eruditissimo sulla battaglia navale di Trafalgar.
L'animo suo vivace, e sempre, direi, giovanile, rendealo spesso impaziente de' nostri errori ministrativi, ed era facile a censurare e veder male nelle pubbliche cose. Tuttavolta mai non arrise per ciò alle opinioni estreme o dubitò dell'avvenire della nostra patria.
Certo, nel sentirsi mancare la vita, il senatore Marliani raccolse intorno al cuore due grandi consolazioni. E l'una fu di vedere che le armi italiane abbiano chiuse per sempre in Roma le carceri del Sant'Uffizio; l'altra che il fiero popolo Castigliano abbia consegnato con fede profonda alla lealtà inviolata ed ereditaria d'un principe di Savoia, la guardia delle libertà costituzionali e il glorioso scettro di Carlo Quinto. (Bene, bravo).
Sono lieto di riferire al Senato che S.M. il primo giorno dell'anno accolse la nostra Commissione con l'usata benevolenza e cordialità; il Re a più riprese volle accertarla che la sua fede nel Senato è profonda e inalterabile; entrò quindi in qualche familiare conversazione con alcuni di noi, e da ultimo ci congedò, ringraziandoci degli augurii colle parole le più calde e le più affettuose.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 15 gennaio 1873.