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LUNATI Giuseppe

24 aprile 1800 - 04 aprile 1878 Nominato il 01 dicembre 1870 per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Prego i signori senatori a ripigliare il loro posto per udire le meste letture delle quali son debitore all'Assemblea.
Signori,
Nell'intervallo di circa un mese, tra la prima e la seconda sessione della presente legislatura, scesero nel sepolcro cinque senatori: [...] il commendatore Giuseppe Lunati [...]
La vita e i meriti di ciascheduno di codesti nostri colleghi vengo oggi a commemorarvi per sommi capi, come vuole la consuetudine, come comporta il dolore.
Giuseppe Lunati, nato a Roma il 24 aprile 1800, si dedicò strenuamente agli studi legali, ai filosofici, agli economici.
Come avvocato, si distinse di tal maniera, che negli anni anteriori alla esaltazione di Pio IX il Governo lo chiamò ad alti uffici nei varî Tribunali dello Stato.
Stampò un'Opera ”Sul metodo e sulla logica” e parecchi Opuscoli di pubblica economia.
Era onesto, sincero, leale. Delle libertà civili e politiche desideroso; ma convinto che tra noi non riescirebbero ad approdare, sino a che la Penisola non si francasse da ogni ingerimento di Potenze straniere, e soprattutto di Austriaci e di Galli.
Nell'ottobre 1846, Papa Pio lo fece Consultore di Stato sopra le finanze per la Comarca.
Poi, venuto fuori il decreto 14 marzo del 48 colla epigrafe di ”Statuto fondamentale pel Governo temporale degli Stati di Santa Chiesa”, Giuseppe Lunati fu inviato dagli elettori di Poggio Mirteto al Consiglio dei deputati.
E allorché, per attutire le generose collere suscitate dalla Allocuzione del 29 aprile, Papa Pio commise al conte Mamiani di comporre un nuovo Ministero, il Lunati ricevette il portafogli delle Finanze.
Ma avvicinandosi il 5 giugno, destinato all'apertura del parlamento, sursero grandi difficoltà circa il Prologo che i paesi monarchico-costituzionali conoscono sotto il nome di Discorso della Corona.Aveva il conte Mamiani, d'intesa co' suoi colleghi, ammanito lo schema del Discorso, e sottopostolo al principe. Questi, a tutta prima, imponeva parecchie varianti. Il Mamiani alle voglie di lui s'acconciava quanto era fattibile. Che pro? Tosto dopo, il principe (pigliatisi a Consiglieri il Cardinale Altieri e monsignore Bedini) si adopera a rabberciare il Discorso altrimenti. Di che il ministro Lunati, e seco il Mamiani, sospettando non forse il principe mandi leggere la dimane al Parlamento un discorso mal confacente ai propositi del Ministero, la notte del 4 entrano al cospetto di Altieri, Delegato del principe, e con fermo viso domandano la comunicazione della bozza; se no, i ministri tutti smetterebbero incontanenti l'ufficio, e il seguente mattino la Città saprebbe e la ritratta loro e il motivo. Altieri, da principio, alla chiesta niegavasi ricisamente: Mamiani e Lunati persistevano, allegando la responsabilitàstatutàle: alla perfine il Cardinale ha disascosto la bozza, e i richiedenti medesimi la ammendarono. Insomma, la mercè di Mamiani e Lunati, per allora lo statuto non patì offesa.
Introdottasi il 3 d'agosto una nuova Amministrazione sotto la presidenza del Cardinale Soglia, Lunati cedeva al conte Lauri il governo delle finanze: ma non si peritò di riassumerlo nei dì procellosi che seguitarono all'assassinio di Pellegrino Rossi; e, quest'ultima volta, l'ha sostenuto fino a che la Suprema Giunta di Statonon ebbe indetta la Costituente.
Dal Governo della Repubblica fu chiamato Giudice nella Corte suprema di Cassazione.
Come vide perire la libertà, si rifece uomo privato; sdegnò le offerte degli stranieri, e dei reduci da Gaeta; ripigliò, più fervidamente che mai, gli studi suoi ben'amati.
Però, non appena il 20 settembre 1870 pose termine alla servitù romana, Giuseppe Lunati s'è sobbarcato (così instando il Governo nazionale) alle funzioni di Sindaco della Città eterna; e con singolarissima annegazione le esercitò nei tre mesi che vòlsero sin al 20 dicembre, i più faticosi notoriamente e i più scabri del nuovo tempo. Per altri nove mesi adempì il carico di Assessore nel Municipio; e per un anno la presidenza del Consiglio provinciale.
Già il reale decreto del primo giorno di quello stesso dicembre lo aveva insignito del titolo senatorio.
Fu sventura che, presto poi, all'inclito senatore si infiacchisse la salute, e poco a poco gli venisse meno la facoltà visiva. Onde qui non lo avemmo che assai di rado; né gli fu dato di prendere parte, secondo avrebbe voluto, ai nostri lavori.
Non per questo ristette dalla meditazione delle pubbliche necessità, e soprattutto nei riguardi della Finanza e degli spedienti che meglio giovino a ristorarla.
Cito in prova l'Opuscolo, che ha pubblicato nel 1872 con questa soprascrizione: “Discorso sui provvedimenti finanziari presentati dall'onorevole ministro delle Finanze, - che non potrà recitarsi in Senato, attesa la grave infermità sofferta dall'autore”.
E altresì cito il ragionamento, che ha pubblicato nel 1875, con questa chiama: “Delusioni politiche; e primi studi per troncarne la continuazione”.
Senza forse, codesti Scritti (qualunque sieno le opinioni politiche, e le economiche dei lettori) assicurano che nel nostro collega era sottile lo ingegno, e profondo il sapere, e copiosa la erudizione, e grande la esperienza delle cose e degli uomini, e fervido il patrio amore.
Ancorachè i malori fisici gli si fossero soprammodo accresciuti, conservava serenissimo lo intelletto. La morte lo sopraprese nel quattro di aprile, pochi dì prima ch'e' giungesse all'anno ottantesimo ottavo.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni 15 maggio 1878.